Don Andrea Gallo: io andrò a votare



Andrò a votare. Rivendico il diritto al voto.
di Don Andrea Gallo


Don Andea Gallo ha scritto al vescovo, che lo aveva ammonito sul
referendum,  una lettera che pubblichiamo. Con piena coscienza e molta
sofferenza, don  Gallo annuncia che andrà a votare.

Eccellenza Reverendissima, monsignor Luigi Palletti, le dirò francamente
che  avrei preferito una lettera del Cardinale, Tarcisio Bertone, mio
Vescovo e  mio Padre. Speravo, come vecchio, un incontro all'insegna della
Carità e  della correzione fraterna. Dico questo, non certo per mancanza di
rispetto
alla Sua persona di Vescovo e Vicario generale, "alter ego" dell'Ordinario.
Rispondo alla sua lettera del primo giugno con serenità, per nulla
preoccupato dei fraintendimenti, delle false interpretazioni, delle accuse
generiche, di cosiddette esternazioni "irriguardose" e soprattutto non mi
sfiorano i provvedimenti freddamente da lei annunciati.
Conosciamo molto bene, se vogliamo essere onesti, lo "sconcerto" di certi
fedeli, sempre fautori di chiusure e non di "dialogo" aperto e sincero.
Mi dispiace dover ricordarle, ad onor del vero, che l'Arcivescovo non mi ha
mai "richiamato" in merito ad analoghe posizioni da me assunte nello
specifico referendum. Dopo la sua sollecitazione, Eccellenza, cercherò
pertanto di "fare chiarezza".
Con responsabilità presbiteriale ho seguito con attenzione l'evolversi
della  situazione referendaria. Dopo l'approvazione "blindata" della legge
40/2004 era logico attendersi l'insurrezione laica. Ho riflettuto molto sui
documenti del vertice della CEI (sono abbonato all' "Osservatore Romano").
Dopo la decisione di puntare tutto sull'astensione da parte degi Vescovi,
ho  cominciato da marzo a meditare, pregare e riflettere. Mi sono
consultato con  religiosi, religiose, con tanti fratelli cristiani, con
giuristi e, per amore della Chiesa, ho cercato di portare il mio contributo
per evitare  confusioni, steccati, muri contro muri, sempre alla luce del
sole. Non ho  mai sostenuto il "Comitato del SI'" e tantomeno la Lista
Pannella.
Ho sempre agito libero ed indipendente. A Rio Saliceto (Reggio Emilia) c'è
stato un dibattito in piazza, aperto a tutti gli interventi. Quale
contestazione? L'incontro è terminato tra gli applausi della stragrande
maggioranza.
Inoltre ho sempre rispettato le ragioni del NO. Non si può negare che la
proposta dell'astensione, così difesa dai Vescovi, non abbia procurato
"disagio" profondo anche nella vasta comunità dei credenti e tra numerosi
non credenti che guardano alla Chiesa con gioiosa speranza.
Ho sempre difeso, con forza, la legittimità e il dovere pastorale della
CEI, di esprimersi su temi così delicati, inerenti la tutela della
procreazione e della vita umana.

Come portavoce di tanti cristiani ho tentato, consapevole della mia
pochezza, di parlare con la mia Chiesa, proponendo un comportamento
d'ardimentosa chiarezza. I cattolici, dicevo, accettino con fierezza il
confronto referendario. Gridavo: mettiamo in campo le nostre idee, i nostri
principi, forti delle indicazioni del Magistero, tastiamo il polso della
società. Il cristiano non fugge dalla storia, dalla polis, dalla città
degli uomini. Riapriamo il dialogo con la nostra Chiesa, chiedevo
sommessamente,
attorno al Vescovo, vicino alla Croce.
Recentemente ho sempre ricordato la prima Omelia di Benedetto XVI nella
Cappella Sistina, dove è stato ripreso il valore del Concilio Vaticano II.
Il Concilio del dialogo, dell'apertura al mondo e alla sua laicità. Il
Concilio della "Gaudium et Spes".
Non commettiamo l'errore, ripetevo, di schierarsi dietro le sicure
"barriere" della disciplina ecclesiastica. "Non abbiate paura", dicevo col
Papa.
Chiedevo ai Vescovi di distinguere tra obbedienza, acquiescenza e
servilismo. Non m'importava di essere definito ingenuo, provocatore,
scandaloso. Come presbitero da 46 anni, lanciavo un grido d'amore alla
Chiesa in cui credo e amo.
Non penso si voglia andare verso uno stato teocratico. E' fondamentale
pertanto rispettare la divisione dei ruoli fra la Chiesa e lo Stato con le
sue Leggi. Basterebbe citare l'articolo 98 del Testo Unico della Legge
Elettorale, completata con la numero 352 del 1970, riguardante i referendum:
"A ministri, a prelati è vietata la propaganda astensionista".
Per sintetizzare tutti i miei modesti interventi vorrei citare la mia
chiusura della trasmissione del "TG3" del 30 maggio scorso: "Il Genus della
democrazia è il voto".
Penso sia nostro compito evangelizzare le coscienze. Non credo ci si possa
riuscire cercando scorciatoie, calcoli, giustificazioni. Tra pochi giorni
molti cattolici, ubbidendo all'astensione, saranno a posto con la loro
coscienza. Si sentiranno dalla parte giusta perché hanno scelto la vita.
Tutti gli altri che, con la loro coscienza, andranno alle urne, dovranno
convincersi che sono dalla parte sbagliata? Il Cardinale Tettamanzi ha
affermato: "Non scomunichiamoci a vicenda".
Ponendo il problema tra chi è per la vita e chi no, si fa della legge
(sempre mutabile) un assoluto e si rischia di trasformarla in verità di
fede. I principi evangelici, le profonde indicazioni morali del Magistero,
non cadono per un confronto elettorale.
Continuo a coltivare una visione del mondo tenera e coraggiosa e
soprattutto ho imparato a tenere nel massimo rispetto l'autodeterminazione
di tutte le persone, con la loro libertà di coscienza. E' dottrina certa.
Solamente in tempi recenti la scienza professionale ha cominciato ad
interrogarsi seriamente sulla liceità di strani comportamenti, di certe
gravi manipolazioni. Auspico, dopo questa fase, che si esca dalla
contrapposizione laici-cattolici che è priva di senso. Mi aspetto, con
tanta speranza, un incontro fecondo tra Fede e Speranza. Tutti alla ricerca
di una rigorosa regolamentazione, di una medicina calda e umana, con
rispetto e reciproca fiducia.
Con tutta sincerità, non le nascondo che andrò a votare in piena coscienza
e con molta sofferenza. Confortato per aver rispettato, fin dall'inizio,
gli astensionisti, senza intralciare né tanto meno boicottare, la loro
massiccia propaganda in tutte le Chiese. A questo punto, mi devo
considerare uno
sconfitto o un perdente?
Infine, se questa mia modestissima azione democratica sarà configurata
grave disobbedienza al magistero, senza erigermi a vittima, accetterò con
semplicità i "provvedimenti canonici" del caso. Rispettosamente, devotissimo

Don Andrea Gallo

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L'autoritarismo ha bisogno
di obbedienza,
la democrazia di
DISOBBEDIENZA____________________________________________________________Navighi
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