IL DISSENSO FEMMINISTA



IL DISSENSO FEMMINISTA
Dove sono finite le domande che ci ponevamo quando nacque Louise Brown? Due femministe all’attacco
Questa lettera, destinata inizialmente a una circolazione privata, è approdata da qualche giorno su Internet (la si può leggere sul sito del Movimento per la vita così come su Indymedia). L’hanno scritta due “femministe libertarie e di sinistra”, Alessandra Di Pietro e Paola Tavella. Vogliono discutere con il loro mondo di appartenenza senza condizionamenti ideologici e politici precostituiti. Hanno spedito la lettera anche al Manifesto, al sito Donnealtri e alla Libreria delle donne.

Siamo la prima generazione pienamente consapevole che si può essere fecondi e creativi anche senza avere figli, biologici o meno.
Siamo turbate dall’attuale offensiva politica e scientifica che esaspera il desiderio di maternità e paternità come essenza dell’essere una donna e un uomo completi.
Le tecniche di fecondazione assistita sono pesanti, invasive, grezze, ancora poco sicure e ignote nelle conseguenze, (http:// www.italialaica.it/cgi-bin/news/view.pl? id=004342), consegnano la procreazione nelle mani della tecnica e la sottraggono nei fatti, nel simbolico e nell’immaginario, al potere femminile che la governa con amore e saggezza fin dagli inizi del mondo.
Veniamo indotti a credere che i medici e gli scienziati siano sempre alleati benevoli del nostro desiderio e possano cancellare rischi, paure e malattie, ma l’esperienza su sessualità, contraccezione, parto e aborto ci ha insegnato che così non è. Medici e scienziati fanno di solito i loro interessi, non solo i nostri, e la procreazione medicalmente assistita è una potente chiave emotiva di un’operazione di marketing per far apparire le applicazioni dell’enorme business biotech soltanto un vantaggio e un progresso per l’umanità (http://www.mediamente. rai.it/home/bibliote/intervis/r/rifkin.htm) e (http://italia.attac.org/spip/article.php3?id_article=132)
Non siamo contrarie alle biotecnologie per principio e ci serviamo dei progressi che dobbiamo alla scienza, ma siamo diffidenti, caute e interessate a mantenere desto il nostro spirito critico, soprattutto perché è sulle donne e sulle sorti delle generazioni future che avviene la prima sperimentazione di massa del biotech sugli umani. Di questa diffidenza, di questa cautela, dell’esperienza critica del femminismo e dell’ambientalismo che riguarda corpi e scienza, salute e medicina, non c’è invece spazio nella campagna referendaria per il “sì”. Ma, a proposito di salute, basta spostare di poco l’attenzione dallo scontro elettorale, e magari dare una telefonata all’Istituto superiore di sanità, per scoprire che l’infertilità maschile e femminile è in crescita esponenziale, ma a nessuno – né ai legislatori né ai referendari – sembra importante intervenire sulle sue cause, che sono inquinamento, stress, problemi psicologici, lavori a rischio, malattie trasmesse per vie sessuale, sulla prevenzione, e sulle cure, che hanno alte possibilità di successo ma per le quali non ci sono investimenti di attenzione né di risorse pubbliche.
Noi contestiamo questa logica totalmente allopatica, che cura i sintomi e ne perpetua le radici, che divide l’essere umano in pezzi, che lo riduce a puro corpo malato. Non possiamo fare a meno di riflettere sul dato che dice che dal punto di vista strettamente medico l’infertilità è, fra il 14 e il 20%, sine causa.(http://www.cecos.it/info_sterilita.php#DIMENSIONI%20DELLA%20STERILITA%20IN)
Pensiamo che l’uso della procreazione medicalmente assistita non vada banalizzato. Siamo preoccupate e sbalordite che la campagna referendaria abbia trasformato le mere condizioni di accesso a una tecnica in una “battaglia di civiltà e di libertà per le donne”, e addirittura in un baluardo dell’autodeterminazione. Eppure noi c’eravamo quando il movimento delle donne, dopo Chernobyl e quando nacque Louise Brown, la prima bambina in provetta, si poneva con inquietudine le domande che ancora poniamo noi. Dove è finita questa riflessione? E dov’è l’autodeterminazione se la pressione culturale che spinge verso la maternità tecnologica e l’affidamento acritico alla scienza è così forte, così avara di conoscenza e di informazione? Come mai non leggiamo sui giornali di sinistra che Vandana Shiva, Naomi Klein, le organizzazioni femministe e non solo nei Paesi Terzi, gran parte dei no global hanno posizioni durissime e diffidenti nei confronti delle tecniche di fecondazione assistita e di manipolazione degli embrioni?(http://www.impegnoreferendum.it/NR/exeres/AF599094-B02A-4095-A525-FD5EA5862970.htm)
Non riusciamo a capire per quale ragione essere contrari alla manipolazione genetica del mais o dei pomodori e non a quella degli esseri umani.