[Prec. per data] [Succ. per data] [Prec. per argomento] [Succ. per argomento] [Indice per data] [Indice per argomento]
al voto al voto
- Subject: al voto al voto
- From: "giovanni colombo" <giovanni.colombo at fastwebnet.it>
- Date: Tue, 31 May 2005 00:23:11 +0200
Domanda frequente: cosa farai al referendum? ci vai o non ci vai? perchè non ce lo dici? fai il pesce in barile? No no, non sono ancora findus, mica ho paura di dirvi che andrò a votare: tre sì e un no sull'eterologa. Per spiegare meglio il perchè, vi allego il documento che ho sottoscritto - "contro il bipolarismo etico" - e riporto qui sotto un articolo del teologo Giannino Piana. Lo condivido in pieno, specie sul punto più cruciale riguardante lo statuto dell'embrione. Buona lettura, buon voto Giovanni ----------------------- Perché sì, perché no di Giannino Piana, teologo morale ( da "Rocca" n.7 aprile 2005) Alcune premesse metodologiche È bene precisare, fin dall'inizio, che l'ambito entro il quale si muovono le riflessioni, che verranno qui sviluppate, è quello della legislazione civile, alla quale non si può certo chiedere di fornire un codice di comportamento etico valido a livello di scelte personali. Alla legge va assegnato, più modestamente, il compito di arginare quei fenomeni negativi che risultano disturbanti per la vita della collettività e lesivi dei diritti delle singole persone, o che attentano, in senso più allargato (e oggi sempre più consistente), all'identità della specie umana. È come dire - è questo un dato di grande importanza - che la legge è chiamata a svolgere una funzione essenzialmente negativa - quella di evitare azioni che provocano danni consistenti (e palesemente riconosciuti) agli individui e alla società -; mentre non spetta ad essa determinare i precetti che devono guidare la condotta umana dal punto di vista morale. Negare alla legge una funzione strettamente etica, cioè di formazione della coscienza o di sostegno a una morale particolare, non significa misconoscere tuttavia il ruolo dell'etica nella definizione dei dispositivi legislativi di una società. La negatività di alcuni comportamenti (che vengono per questo giuridicamente perseguiti) non può essere frutto di una semplice operazione procedurale; implica il ricorso a un quadro di valori in base al quale fare la valutazione. Ma l'etica alla quale ci si deve riferire nel giudizio - è questa l'ottica da privilegiare in un contesto pluralista e democratico come l'attuale - non può che essere un'etica «laica», espressione di un minimo comune denominatore valoriale raggiunto attraverso il confronto tra le diverse visioni di ordine morale presenti nella società. Non è dunque richiesta la rinuncia alla propria etica; è chiesto piuttosto che essa venga messa a disposizione di tutti nella logica di uno scambio in cui ci si dispone ad accogliere, senza pregiudizi, aspetti di verità presenti in altre visioni e ad accettare il punto di convergenza raggiunto tra le diverse posizioni esistenti nella società. Il rimando all'etica, oltre che inevitabile - anche chi dice di prescinderne è guidato nelle sue scelte da un'implicita lettura della realtà che dice riferimento a un sistema valoriale - rappresenta, d'altronde, l'unica via percorribile per evitare la caduta nella deriva del «pensiero radicale», che riconduce tutto al diritto soggettivo e utilizza come criterio esclusivo di lettura il «principio del piacere», mettendo perciò totalmente tra parentesi (o addirittura negando espressamente) qualsiasi valenza di etica sociale alle questioni affrontate. La bocciatura del referendum, che chiedeva la totale abrogazione della legge 40, da parte della Corte costituzionale, è un chiaro segnale del rifiuto di questa tendenza e una sollecitazione a disciplinare, sul piano legislativo, la procreazione medicalmente assistita. Lo statuto dell'embrione e le possibilità della ricerca La legge n. 40 ha costituito un primo tentativo di procedere in tale direzione. I risultati raggiunti (soprattutto per il prevalere di interessi di carattere politico o ideologico) appaiono tuttavia insoddisfacenti,sia a causa di inaccettabili compromessi sia per la presenza, in qualche caso, di un evidente contrasto con leggi preesistenti: si pensi soltanto al divieto della diagnosi preimpianto degli embrioni, e perciò all'impossibilità di arrestare, in partenza, il concepimento di un figlio malato, e all'esistenza, nel nostro ordinamento giuridico - grazie alla legge 194 (la legge sull'aborto -, della possibilità di interrompere la gravidanza anche a distanza di molto tempo dal concepimento. Senza entrare dettagliatamente nell'analisi delle richieste contenute nei quattro referendum abrogativi non si può non denunciare il dogmatismo di alcune prese di posizione della legge 40 su questioni nei confronti delle quali è tuttora aperto il dibattito tanto sul piano scientifico che filosofico e, più in generale, culturale. Così - per limitarci ad un solo esempio - il riconoscimento all'embrione dello statuto di persona, e dunque dei suoi inalienabili diritti - è il punto che viene messo in discussione dal terzo quesito referendario - riflette una visione dell'inizio della vita personale che non corrisponde al dato scientificamente più accreditato. Le scienze biologiche ci dicono infatti che l'insorgenza della vita umana passa attraverso un processo per fasi successive e che l'individualizzazione (che è condizione basilare perché possa avere inizio la vita personale) non avviene all'atto della fecondazione, ma a distanza di alcuni giorni da essa, al momento cioè dell'annidamento. Questo dato, avvalorato anche da motivazioni di ordine antropologico - basti ricordare qui la costitutiva dimensione relazionale della persona, e perciò l'esigenza che si verifichi un minimo di condizioni perché tale relazionalità possa esplicarsi (l'annidamento dà inizio ad un processo di reciprocità vitale tra madre e feto che rende simbolicamente trasparente tale possibilità) - non esclude ovviamente che anche le fasi precedenti dello sviluppo della vita umana (a partire dalla fecondazione) debbano essere collocate sotto la tutela dell'etica; ma consente, al tempo stesso, di differenziare opportunamente i vari livelli dello sviluppo e di formulare pertanto criteri di valutazione morale più articolati. L'adesione a questa ipotesi interpretativa apre la strada ad un giudizio più possibilista a proposito dell'utilizzo degli embrioni soprannumerari, laddove è in gioco una chiara finalità terapeutica (è questo l'oggetto del primo referendum). La proibizione categorica espressa dalla legge 40 a tale riguardo è infatti legata alla convinzione (difficilmente sostenibile) che fin dal primo stadio biologico della vita umana sia presente la persona (il «concepito»); affermazione che viene invece negata dai sostenitori del referendum per le ragioni sopra esposte. Modalità di accesso alle tecniche Meno complesso è il giudizio sulle modalità di accesso alle tecniche (cui è dedicato il secondo, e in parte anche il terzo quesito referendario), dove, al di là delle contraddizione già rilevata - il contrasto con la legge 194 -, molti sono gli aspetti della legge 40 che meritano di essere sottoposti a revisione, sia perché non rispettosi di dati scientifici acquisiti (e, più in generale, della legittima autonomia della ricerca scientifica), sia perché penalizzanti la donna e la sua salute: basti qui accennare alla prescrizione di impiantare contemporaneamente tutti gli ovuli fecondati (che non possono essere peraltro superiori a tre); prescrizione che,oltre a presentare evidenti controindicazioni per l'efficacia dell'intervento, impedisce alla donna di fruire successivamente, nel caso sia fallito il tentativo messo in atto e si intenda ripeterlo, di embrioni già disponibili, costringendola a sottoporsi a una nuova stimolazione ovarica con pesanti conseguenze di ordine fisico e psicologico. Fecondazione eterologa Più problematica è invece la questione della «fecondazione eterologa», rifiutata dalla legge 40 e fatta oggetto del quarto quesito referendario. Diverse e di varia natura sono in questo caso le perplessità: dal mancato riconoscimento del diritto del bambino che nasce a conoscere l'identità del proprio padre biologico, al pericolo per l'equilibrio della coppia (a causa della disparità di genitorialità biologica), fino alle difficoltà relative alla formazione della personalità del figlio per l'incombere del fantasma del donatore. A queste motivazioni se ne aggiungono poi altre (ancor più determinanti) che hanno direttamente a che fare con i risvolti sociali della questione (e che meritavano forse maggiore attenzione anche nell'ambito del dibattito parlamentare che ha portato alla elaborazione della legge). Si vuole alludere ai costi, non solo economici ma anche (e soprattutto) di energie psicologiche e umane in genere, richiesti da un intervento che, oltre a riguardare un numero ristretto di coppie, è legato a motivazioni discutibili. Non è infatti superfluo domandarsi, in nome del principio di «giustizia » (e di equità), uno dei capisaldi della bioetica, se, stante il limite delle risorse disponibili in campo sanitario e la difficoltà a soddisfare bisogni fondamentali di larghi strati della popolazione, non si debbano rispettare alcune priorità, e pertanto se la fecondazione eterologa non costituisca, in questa situazione, una sorta di «lusso» per pochi, che va a scapito della possibilità di fare fronte a bisogni (e diritti) ben più importanti di molti. D'altra parte, se è vero che esiste per la coppia (e, in particolare, per la donna) un legittimo desiderio al figlio «proprio» (più difficile è affermare che si tratti di un diritto, e soprattutto di un diritto «assoluto») non si può ignorare che, nel caso della «fecondazione eterologa», questo desiderio non è, se non parzialmente, realizzato: in senso biologico il figlio non è infatti "proprio» della coppia, ma (nel caso migliore) solo di una parte di essa. Il che obbliga inevitabilmente a confrontarsi con un altro diritto, senz'altro più fondamentale, quello del bambino già nato (ed abbandonato) ad avere una propria famiglia; diritto che deve spingere lo Stato a promuovere, sia a livello legislativo che di intervento sociale, le condizioni perché istituti, come l'adozione e ll pri'affidamento siano sempre più potenziati e diventino un'opzione più facilmente praticabile, specialmente da parte di chi vive il dramma della sterilità biologica. Il referendum rappresenta una grande occasione di coinvolgimento popolare nei confronti di decisioni riguardanti gli ordinamenti della vita collettiva. Nonostante la complessità dei quesiti in questo caso sul tappeto e al di sopra delle legittime differenze di posizioni, è perciò evidente l'importanza della partecipazione, affinché ciò che attraverso il voto viene deciso sia il più possibile espressione della volontà popolare dei cittadini. ----------------- Giovanni Colombo presidente nazionale della Rosa Bianca consigliere comunale di Milano - Ulivo --------------------------------------------------------------------------- Chi non vuol ricevere questi messaggi lo segnali e verrà subito cancellato. ----------------------------------------------------------------------------
- Prev by Date: IL REFERENDUM DELLO SCONTRO E DELL'INQUIETUDINE
- Next by Date: Re: Il NO francese e l'occasione perduta dei federalisti europei.
- Previous by thread: IL REFERENDUM DELLO SCONTRO E DELL'INQUIETUDINE
- Next by thread: Università Etica per la condivisione della conoscenza: seminario Europa 2013
- Indice: