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IL REFERENDUM DELLO SCONTRO E DELL'INQUIETUDINE
- Subject: IL REFERENDUM DELLO SCONTRO E DELL'INQUIETUDINE
- From: "Giancarlo CANUTO" <giancanuto at email.it>
- Date: Tue, 31 May 2005 00:30:46 +0200
Il referendum sulla Legge 40 su questioni delicate e importanti, viene vissuto nella indifferenza generale e con uno scontro tra opposti ideologismi che rischiano di non andare alla radice del problema. Di seguito la sintesi di un approfondito ragionamento di un giurista cattolico come Michele Di Schiena, Presidente onorario aggiunto di Cassazione, che approfondisce aspetti etici e giuridici della vicenda e che lo fanno concludere - in linea con una minoranza inquieta di questo Paese - che andrà a votare e voterà scheda bianca. Giancarlo CANUTO IL REFERENDUM DELLO SCONTRO E DELL'INQUIETUDINE La Legge sulla fecondazione medicalmente assistita (19 febbraio 2004 n. 40) ed il referendum del 12 e 13 giugno hanno ad oggetto alcune difficili questioni le più rilevanti della quali si possono così sintetizzare: i problemi riproduttivi causati da condizioni di sterilità o infecondità senza esporre le donne a rischi di salute evitabili; lo "statuto" dell'embrione e cioè se esso debba essere considerato un essere umano meritevole di tutele o ritenuto solo un coagulo di materiale genetico liberamente manipolabile; se sia ammissibile o meno una genitorialità legale, ottenuta attraverso la fecondazione artificiale, non coincidente con quella naturale. Si tratta di problemi complessi e delicati che in una società democratica dovrebbero essere affrontati non in chiave ideologica con contrapposizioni frontali e reciproche demonizzazioni ma cercando di trovare un punto di incontro tra le tesi a confronto per addivenire a soluzioni normative sagge ed equilibrate, fondate sulle più accreditate cognizioni scientifiche ed anche nel massimo rispetto possibile delle concezioni etiche più largamente diffuse dal momento che il diritto è, in qualche modo, un "precipitato storico della morale". Tutt'altro: per il varo della Legge n. 40, ieri, e per la campagna referendaria, oggi, è stata seguita purtroppo una via diversa e cioè quella dell'assolutizzazione delle tesi in competizione e dello scontro ideologico. Si è puntato invero più a far schierare che a far capire, più a far aderire che a far ragionare, più a vincere che a dare risposte all'altezza degli interessi e dei valori in gioco. Ora, se è vero che è necessaria una regolamentazione della materia è anche certo che quella operata dalla legge in vigore risulta squilibrata e contraddittoria come riconoscono, pronunciandosi per il "si" ai quesiti referendari, molti autorevoli esponenti della maggioranza che ha approvato la legge medesima. D'altra parte, è anche vero che il successo del referendum comporterebbe una ingiusta e semplicistica liberalizzazione in una materia che richiede interventi ponderati e responsabili. Ma il referendum ormai c'è e si dovrebbe votare per il "si" o per il "no" oppure astenersi secondo l'indicazione del cardinale Ruini. Una esortazione questa democraticamente inaccettabile perché utilizza il disvalore della "non partecipazione" con l'intento di far vincere la consultazione da una maggioranza costituita dalla somma artificiosa dell'astensionismo di coloro che si oppongono al referendum con l'astensionismo cosiddetto fisiologico. L'astensione dal voto è invero una possibilità offerta dall'ordinamento agli impediti per varie ragioni, ai disinteressati e a coloro che non si sentono in grado di scegliere tra gli schieramenti o le tesi a confronto ma non è certo prevista dalla legge come uno strumento da utilizzare per far prevalere una tesi sull'altra alterando l'esito di una consultazione popolare. Ne consegue che in questo referendum l'astensione, per le finalità perseguite da chi la sollecita, si pone contro la logica della normativa in materia correttamente interpretata pur risultando chiaramente priva di sanzione. Una tale astensione si appalesa poi moralmente censurabile perché fa ricorso ad un machiavello, ad un espediente all'insegna del principio per il quale il fine giustifica i mezzi. La Chiesa ha indubbiamente il diritto non solo di proporre i suoi valori - nei quali si riconosce chi scrive - ma anche di denunciare scelte politiche e legislative ritenute in contrasto con questi valori come ha giustamente fatto, ad esempio, in occasione della guerra in Iraq e del varo della legge Bossi-Fini. Sono invece impropri gli interventi di organi o personalità ecclesiali rivolti a dettare prescrizioni tecnico-politiche o a dare specifiche indicazioni di voto. Quanto al merito, va detto che le due questioni di maggiore rilievo sono quella del "valore" da riconoscere all'embrione e quella del rapporto tra le "ragioni" della donna e le tutele in favore del concepito. In ordine alla prima, il problema non è quello di stabilire, come da più parti si fa credere, se l'embrione è o meno "persona", termine questo che indica in filosofia un individuo dotato di ragione legato agli altri da relazioni sociali e, nel mondo del diritto un soggetto, individuale o collettivo, titolare di rapporti giuridici. La vera questione è se al prodotto del concepimento va riconosciuta dignità umana con la conseguente predisposizione in suo favore di adeguate tutele. Le più accreditate convinzioni scientifiche affermano che ogni nuovo essere umano ha inizio con la fecondazione attraverso un processo che porta alla formazione dello zigote (una sola cellula) che si moltiplica subito per segmentazione. All'atto della fecondazione si origina quindi un prodotto umano dotato di un patrimonio genetico individuale ed irripetibile (il genoma) e quindi portatore di un progetto-programma che gli consente di essere soggetto attivo della sua costruzione e della sua crescita continua e coordinata. Il prodotto del concepimento non è quindi un semplice coagulo di materiale genetico, né una "pars ventris" e neppure una "spaes vitae" ma una vera e propria vita umana dotata dei caratteri della unicità e della unitarietà. Quanto alla seconda questione, quella concernente il rapporto fra le "ragioni" della donna e le tutele per il concepito, è deviante lo scontro tra l'equivalenza o meno dei diritti dell'embrione con quelli della madre. Una simile equiparazione non è stata mai ragionevolmente sostenuta da alcuno né affermata in alcuna legislazione, comprese quelle che puniscono l'aborto. Il comune sentire ha invero sempre negato siffatta parificazione ed il diritto ne ha doverosamente dovuto prendere atto. Il vero problema è se la vita umana nascente è ritenuta meritevole di tutele ed in quale misura debbano essere conciliate queste tutele con le aspirazioni alla procreazione di persone sterili o infeconde, con la salvaguardia della tutela della donna e con le esigenze della ricerca scientifica (che secondo diversi studiosi potrebbe utilmente seguire vie diverse da quella delle cellule staminali embrionali). La legge n. 40 non opera un'accettabile conciliazione di queste esigenze coprendosi dietro la pomposa affermazione secondo la quale la procreazione assistita, come da essa disciplinata, assicurerebbe «i diritti di tutti i soggetti coinvolti compreso il concepito» (art. 1). Affermazione questa infondata anche per quanto riguarda il prodotto del concepimento perché la stessa legge, persino nel caso di impianto andato a buon fine, assicura normalmente la salvaguardia solo di uno dei tre embrioni prodotti lasciando gli altri al loro destino. In questa situazione confusa e senza immediati sbocchi positivi, caratterizzata da antagonismi attraversati da intolleranze e contraddizioni, può forse costituire un importante punto di riferimento la scelta di quella inquieta ma riflessiva minoranza che si recherà alle urne e voterà scheda bianca contro il tatticismo opportunistico del cardinale Ruini, contro una legge inadeguata ed incoerente ed anche contro il semplicismo individualistico dei referendari. Un dissenso che si carica dell'accorata richiesta alla politica di dar vita responsabilmente, quale che sia l'esito del referendum, ad una normativa che tenga veramente conto dei diversi valori in gioco nel doveroso rispetto dei principi costituzionali. Brindisi, 25 maggio 2005 Michele DI SCHIENA A norma del D.Lgs 196/2003 abbiamo reperito la tua e-mail direttamente da un messaggio che ci avevi precedentemente inviato, su tua esplicita comunicazione, navigando in rete o da un messaggio che ha reso pubblico il tuo indirizzo di posta elettronica. Questo messaggio non può essere considerato spam poiché include la possibilità di essere rimosso da ulteriori invii di posta elettronica. Qualora non intendessi ricevere ulteriori comunicazioni, ti preghiamo di inviare una e-mail a: <mailto:giancanuto at email.it>giancanuto at email.it con in oggetto il messaggio: Cancella. Grazie. ---- Email.it, the professional e-mail, gratis per te:<http://www.email.it/cgi-bin/start?sid=3>clicca qui Sponsor: Erbe e tisane di primissima qualità. Inoltre 1800 articoli erboristici. Tutti a portata di un click ! <http://adv.email.it/cgi-bin/foclick.cgi?mid=1309&d=28-5>Clicca qui
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