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I Bertinotti del mondo non stanno col nostro
- Subject: I Bertinotti del mondo non stanno col nostro
- From: "associazione Amici di Lazzaro" <associazioneamicidilazzaro at yahoo.it>
- Date: Wed, 25 May 2005 14:59:22 +0200
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I Bertinotti
del mondo non stanno col nostro
Contraddizioni (21 maggio 2005) di Andrea A. Galli Che ne è dei no-global, degli aggressivi accusatori della Nestlé, della Philip Morris e di McDonald's, quando ci si sposta sul terreno delle biotecnologie? «Dov'è il Michael Moore delle industrie biotech?» si chiedeva il 10 maggio sul Foglio Eugenia Roccella. E dov'è finito - si può aggiungere - il combattivo popolo di Porto Alegre, a fronte della tratta di ovuli e sperma dai Paesi poveri, della fungaia di centri che lucrano sul più sacro dei desideri, quello di un figlio, delle multinazionali farmaceutiche che fanno lobbying per la vivisezione di embrioni umani a fini di ricerca, anzi di nuovi brevetti? In realtà, anche nel cosiddetto "movimento dei movimenti" - per usare l'espressione cara a Fausto Bertinotti - non tutti dormono. Con eccezione dell'Italia, dove a cominciare proprio da Bertinotti con i suoi perentori 4 sì al referendum, pare si dormano sonni tranquilli. Perché è Maria Mies, sociologa ed ecologista tedesca, attiva tra i fondatori del World social forum di Porto Alegre, che sostiene nel suo scritto Nuove tecnologie riproduttive: implicazioni razziste e sessiste: «Le nuove tecnologie riproduttive sono state sviluppate e prodotte su larga scala non per promuovere la felicità, ma per superare le difficoltà incontrate dall'attuale sistema nel continuare il suo modello di crescita, il suo stile di vita [...]. Esse sono legittimate, da coloro che cercano di diffonderle, con motivazioni umanitarie: aiutare le coppie infertili ad avere un figlio, e un figlio non handicappato, diminuire i rischi della gravidanza, e così via. Il principio metodologico è quello di evidenziare le sofferenze di un singolo individuo, appellandosi alla solidarietà di tutti per aiutarlo. Per fare ciò ogni tipo di ricatto psicologico viene utilizzato. I casi individuali servono solo per introdurre certe tecniche e creare il necessario consenso fra la gente. Il fine è il controllo della capacità riproduttiva femminile, mentre la donna come persona, con la sua dignità, è del tutto ignorata». E a proposito dell'eugenetica, «Gena Corea (giornalista americana) dà ampia evidenza dell'assenza di considerazioni etiche nel movimento eugenetico e della continuità tra questo e le nuove tecnologie riproduttive [...]. Un passo ulteriore nell'applicazione del principio di selezione è stato compiuto con il perfezionamento di vari metodi di diagnosi prenatale e con la fecondazione in vitro (Fivet). Oggi è possibile non solo selezionare ovuli e sperma secondo certi standard di qualità, ma anche isolare geni, sequenziare il Dna, esaminare quali cromosomi sono difettosi, manipolarli e in questo modo intervenire direttamente sul patrimonio genetico. I genetisti sono impegnati ovunque nel mappare il corredo cromosomico di uomini, animali e piante, per scoprire difetti genetici finora sconosciuti. Non mi sorprenderei se, in un futuro prossimo, un'intera nuova classe di malattie dovesse essere dichiarata tale. L'eugenetica e la sociobiologia forniranno i criteri per stabilire cosa deve essere considerato sano e cosa difettoso». Idee che la Mies condivide con un'altra leader storica del popolo di Porto Alegre, l'indiana Vandana Shiva, con la quale ha firmato un libro che ha fatto scuola nel movimento, Ecofemminismo. Anche la Shiva, fondatrice del «Research Foundation for Science, Technology and Ecology» (Fondazione di ricerca per la scienza, la tecnologia e l'ecologia) di Nuova Delhi, conferenziere globetrotter e paladina mondiale della lotta contro gli organismi geneticamente modificati (Ogm), dichiara che «le nuove tecniche riproduttive come la fecondazione in vitro rappresentano vere e proprie forme di violenza nei confronti delle donne, contro la loro dignità e contro la loro stessa salute, che viene messa a rischio in modi che si cerca di nascondere». Mentre la diagnosi genetica preimpianto non sarebbe altro che «un orrendo apripista per pratiche eugenetiche che pensavamo di esserci lasciati alle spalle. Viviamo in una società segnata dal pregiudizio di sesso, di razza, di ceto sociale: la diagnosi preimpianto è in perfetta sintonia con questo spirito e non può far altro che alimentarlo». Anche sull'opportunità di sacrificare embrioni umani per la ricerca, la studiosa indiana - che è fisico di formazione - non è tenera, parlando di «assurdità», di «manovre truffaldine» che «oscurano la scienza onesta» e «negano la realtà dei fatti, cioè che le cellule staminali embrionali non hanno prodotto il minimo risultato apprezzabile dal punto di vista terapeutico». Contrarietà che la Shiva ha espresso anche nel 2002 contribuendo a un numero speciale della rivista ecologista World watch magazine, assieme a figure come il politologo Francis Fukuyama. Un'altra stella anti-global, Naomi Klein, l'autrice del celebre libro No Logo, ha firmato nel 2001 una petizione del «Boston Women Health's Collective» - il gruppo femminista che si oppone alle pratiche di fecondazione artificiale - per il divieto di ogni tipo di clonazione, anche terapeutica. E con lei si sono pronunciati molti altri nomi della galassia di Porto Alegre, o del mondo femminista d'avanguardia: dal «Women's Global Network for Reproductive Rights» fino alle cyberfemministe americane di SubRosa, un gruppo che incalza il dibattito al grido di «cosa sta combinando la Banca mondiale nel mio utero?». Del resto, seminari che si occupano di queste tematiche sono ormai regolari nei grandi forum sociali. Proprio a Porto Alegre in gennaio se n'è tenuto uno su «Genetica e giustizia sociale: la politica globale della genetica umana e delle nuove tecnologie riproduttive», organizzato dal «Center for genetics and society», un'associazione "liberal" californiana critica verso l'utilizzo delle biotecnologie nell'ambito della riproduzione umana, e dal «Ser Muhler», gruppo femminista brasiliano. La coordinatrice di quest'ultimo, Alejandra Rotanja, ha parlato dei pericoli cui le tecniche riproduttive espongono le donne, specialmente quelle del terzo mondo, e di come «gli sviluppi scientifici e tecnologici stanno trasformando la vita, la natura, i corpi - le loro funzioni e i loro componenti, la loro più intima natura - in oggetti dell'ingegneria e in prodotti del mercato». Jurema Werneck, direttrice dell'organizzazione brasiliana per i diritti civili Criola, ha posto invece il problema della risorgente eugenetica nel contesto della società brasiliana, ancora attraversata da gravi tensioni razziali. Rosario Isisi, bioeticista peruviano dell'Università di Toronto, ha parlato dell'importanza di un eventuale veto delle Nazioni Unite sulla clonazione - veto che è poi arrivato in febbraio - come primo segnale di una possibile regolamentazione delle biotecnologie a livello internazionale. Alda Sousa, genetista dell'Università di Porto, si è occupato del problema della brevettabilità dei geni, che non riguarda più solo il mondo agricolo ma investe ormai direttamente l'uomo. Intanto alla conferenza «Life after capitalism», organizzata da una delle riviste più note della stampa alternativa inglese, Z magazine, Marcy Darnovsky, sempre del «Centre for genetics and society», parlava dell'impatto delle biotecnologie sull'uomo e i suoi equilibri. Anche all'ultimo Forum sociale europeo, dal 15 al 17 ottobre 2004 a Londra, tre laboratori organizzati dagli inglesi di «GeneWatch» sono stati dedicati a questi argomenti, in particolare a diagnosi prenatale ed eugenetica, clonazione umana, nuove tecniche di ingegneria genetica. Nel 2003, a Berlino, si è tenuto un convegno di tre giorni, con rappresentanti di 70 organizzazioni provenienti da 30 Paesi sulla manipolazione tecnica della generazione umana. Un meeting organizzato da realtà fortemente coinvolte nel mondo dei social forum, come la tedesca Heinrich Böll Foundation, e segnato da interventi tipo «Il ponte tra genetica e riproduzione assistita: apertura di porte all'eugenetica?» di Regine Kollek, dell'Università di Amburgo; o «La scelta negativa: l'uso della genetica e delle tecnologie riproduttive per la selezione del sesso» dell'indiana Rupsa Mallik; o ancora «Il superamento dei limiti della natura umana» di Andreas Poltermann, della Heinrich Böll Foundation; e persino «Tentativi di screditare le cellule staminali adulte», del malese Chee Yoke Ling (Third Word Network). Grande spazio è stato dato nell'occasione anche al tema dei diritti dei disabili, messi in discussione dalle nuove frontiere riproduttive. Gregor Wolbring, del canadese «International centre for bioethics, culture and disability», ha parlato di un'avanzante «filosofia da fattoria degli animali (alcuni sono più uguali di altri)», ha ricordato che «la comunità dei disabili sostiene che i test per malati e malformati incrementeranno il pregiudizio nei confronti delle persone etichettate come tali», e che «la distinzione tra selezione genetica (eugenetica negativa) e perfezionamento genetico (eugenetica positiva) è insostenibile». Il belga Pierre Martens, dell'International Federation for Hydrocephalus and Spina Bifida, nel suo intervento sul «Diritto di essere diversi. Diagnosi prenatale e interruzione della gravidanza» ha raccontato l'odissea del proprio figlio idrocefalo e con spina bifida, nato sfidando lo scetticismo dei ginecologi e cresciuto vincendo il disprezzo dei pediatri. Anita Ghai, una delle più note attiviste per i diritti dei disabili in India, ha denunciato la superficialità verso i problemi dei portatori di handicap e in particolare verso il tema della diagnosi genetica preimpianto. La Ghai che, alla chiusura del Social forum di Bombay 2004 - dov'era stata una delle protagoniste -, dovendosi lì misurare con movimentisti alla Bertinotti, che caldeggiavano il sogno di «un mondo nuovo» e si dichiaravano contemporaneamente favorevoli alla fabbrica del bambino sano, commentò: «Che tipo di mondo vogliono creare costoro? Uno senza posto per i disabili? In cui per noi sia preferibile morire piuttosto che essere di peso alla società?». Già, proprio così. siti utili www.comitatoscienzaevita.it o su www.referendumfecondazione.it http://www.asnifampiemonte.org/referendum/ |
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