"sia a 'valle', sia 'probabilmente a monte'"



Title: "sia a 'valle', sia 'probabilmente a monte'"
Quello che non vi dicono delle "elezioni"


Dahr Jamail, ZNet





(1 febbraio) - Il giorno di sangue e di elezioni è passato, e gli squilli di tromba dei media istituzionali che lo celebrano come un successo della "democrazia", sono diventati un cupo boato.

Dopo una giornata che ha lasciato 50 morti in Iraq, tra civili e soldati, il conteggio dei morti è stato definito una cifra "più bassa delle aspettative". Dunque accettabile, secondo gli standard dell'amministrazione Bush e dei media istituzionali. Dopo tutto, solo uno di loro era americano, il resto erano civili iracheni e soldati inglesi.

La scommessa dell'utilizzare il giorno delle elezioni in Iraq per giustificare l'occupazione fallita in corso, è stata apparentemente ripagata, a giudicare soltanto dai grandi media.

"Partecipazione più alta delle attese", hanno strombazzato i maggiori canali televisivi statunitensi, alcuni menzionando la cifra del 72%, altri del 60%.

Quello che non hanno detto è che questa cifra è stata fornita da Farid Ayar, il portavoce per la Commissione Elettorale Indipendente per l'Iraq (IECI), prima che le votazioni fossero chiuse.

Quando interrogato sull'accuratezza della stima sulla partecipazione dei votanti, durante una conferenza stampa, Ayar ha fatto marcia indietro rispetto alla prima cifra, dicendo che una stima più vicina alla verità era più bassa della sua stima iniziale, ed era più probabilmente vicina al 60% degli iscritti alle liste elettorali.

Il portavoce dell'IECI ha detto che la sua precedente cifra del 72% era "solo una supposizione", "solo una stima", basata su "valutazioni molto rozze, voci raccolte sul campo. Servirà un pò di tempo all'IECI per emettere cifre accurate sulla partecipazione".

Riferendosi ad entrambe le cifre, ha quindi aggiunto Ayar, "Percentuali e numeri si sapranno solo dopo il conteggio, e saranno annunciati quando questo sarà terminato ... E' troppo presto per dire che queste sono le cifre ufficiali".

Ma questa non è la travisazione più importante attuata dai grandi media.

Ciò che pure non hanno detto è stato che quelli che hanno votato, sia che fossero il 35% o il 60% degli iscritti alle liste, non stavano votando a sostegno dell'occupazione statunitense in corso nel loro paese.

In realtà, stavano votando precisamente per la ragione opposta. Tutti gli iracheni con cui ho parlato, e che hanno votato, hanno spiegato che credono che l'Assemblea Nazionale che si formerà presto segnerà la fine dell'occupazione.

E si aspettano che l'appello al ritiro delle forze straniere nel loro paese avvenga al più presto.

Questo fa vedere in una luce diversa la dimensione dei rallegramenti e delle esultazioni irachene, no?

Ma allora, gran parte della gente negli Stati uniti che guarda la CNN, la FOX, o una qualsiasi delle reti principali, non la vedrà da questa prospettiva. Piuttosto, ascolterà ciò che ha detto Bush, "Il mondo sta udendo la voce della libertà provenire dal medio oriente", e prenderà questo come dato di fatto, perché gran parte di ciò che stanno trasmettendo i media principali non va al di là di filmati di gioiosi votanti iracheni, qui, nella terra della violenza e del caos quotidiani, dove, almeno per gli iracheni, non c'è lavoro, non c'è elettricità, poca acqua corrente, e niente carburante.

E Bush è ritratto dai media come colui che ha portato la democrazia in Iraq, per il semplice fatto che queste cosiddette elezioni hanno avuto luogo, raffazzonate come hanno potuto essere. Le apparenze suggeriscono che la maggioranza degli sciiti in Iraq ora ha finalmente una rappresentanza proporzionale in un "governo". Sulla carta, sembra bello.

Ma se si approfondisce, le motivazioni esteriormente altruistiche di queste elezioni come dipinte dall'amministrazione Bush e strombazzate da gran parte dei grandi media non sono nulla di tutto questo.

E gli iracheni che hanno votato stanno ascoltando altre trombe che annunciano la fine dell'occupazione.

Ora, la questione che rimane è: che succederà quando si formerà l'Assemblea Nazionale e più di 100.000 soldati statunitensi rimarranno in Iraq, mentre l'amministrazione Bush continua a rifiutare di fornire un programma di scadenze per la loro destituzione?

Che succederà quando gli iracheni vedranno che, mentre ci sono già quattro basi militari statunitensi permanenti nel loro paese, anziché cominciare a smantellarle, vengono costruite altre basi, come sta succedendo già adesso, da parte della vecchia società di Cheney, l'Halliburton?

Antonia Juhasz, una studiosa del Foreign Policy in Focus, ha firmato un pezzo subito prima delle "elezioni" che getta luce su un tema che ha perso attenzione nel bel mezzo dell'attuale fanfara sulle consultazioni elettorali in Iraq.

Il petrolio.

Penso che sia utile includere buona parte dell'articolo, visto che si adatta bene all'argomento del giorno, a proposito di cose che non vengono dette alla maggior parte della gente, da chi porta la democrazia nel cuore del medioriente.

Il 22 Dicembre 2004, il ministro iracheno delle finanze, Abdel Mahdi, ha detto ad una manciata di giornalisti e di industriali, al National Press Club, a Washington D.C., che l'Iraq ha intenzione di emettere una nuova legge petrolifera che aprirebbe la società nazionale petrolifera irachena agli investimenti esteri privati. Come ha spiegato Madhi: "Penso che questo sia molto promettente per gli investitori americani e per l'impresa americana, certamente per le compagnie petrolifere." In altre parole Madhi sta proponendo di privatizzare il petrolio iracheno e di metterlo nelle mani delle aziende americane. Secondo il ministro della finanza, gli stranieri otterrebbero accesso agli investimenti petroliferi sia a "valle", sia "probabilmente a monte". Questo significa che gli stranieri potranno vendere il petrolio iracheno e esserne proprietari fin dall'inizio - proprio quello che molti sostengono essere il primo scopo che ha portato gli Stati uniti in guerra. Come spiegava nel ! 1992 il documento denominato "Defense Policy Guidance" del vice presidente Dick Cheney, "Il nostro obiettivo completo è rimanere la potenza esterna predominante nella regione [mediorientale] e preservare l'accesso statunitense e occidentale alla regione petrolifera." Anche se pochi giornalisti americani al di fuori di Emad Mckay della Inter Press Service hanno riportato la conferenza stampa di Madhi - o erano addirittura presenti, l'annuncio è stato dato con il sottosegretario di stato statunitense Alan Larson a fianco di Madhi. Era inteso per mandare un messaggio - ma a chi? Risulta che Madhi sarà candidato alle elezioni del 30 Gennaio nelle liste del Consiglio Supremo per la Rivoluzione Islamica (SCIR), il principale partito politico sciita. Mentre annunciare la svendita delle risorse che forniscono il 95% di tutte le entrate irachene potrebbe non portare molti voti iracheni a Madhi, indubbiamente gli garantirà uno straordinario sostegno da parte del governo statunitense e! delle corporation statunitensi. Lo SCIR di Madhi è di gran l! unga il partito favorito nelle prossime elezioni, in particolare perché sta diventando sempre meno possibile per i sunniti votare, visto che le regioni in cui vivono stanno precipitando nel caos mortale. Se Bush suggerisse al Primo Ministro iracheno ad interim Iyad Allawi di revocare le elezioni, le definitive possibilità di vittoria di Madhi e dello SCIR probabilmente si ridurrebbero.

Aggiungerei che la rosa dei partiti politici cui appartiene lo SCIR di Madhi, L'Alleanza Irachena Unita (UIA), è nel Consiglio Nazionale Iracheno, capeggiato da un vecchio amico dell'amministrazione Bush che fornì le informazioni false di cui aveva bisogno per giustificare l'invasione illegale dell'Iraq, niente meno che Ahmed Chalabi.

Si dovrebbe inoltre notare che anche il Primo Ministro ad interim Iyad Allawi ha fornito le informazioni apposite usate per giustificare l'invasione, ma lui è a capo di un'altra lista sciita che molto probabilmente otterrà una percentuale di voti vicina a quella della lista UIA.

E l'UIA ha la benedizione della venerata autorità religiosa iraniana sciita, il Gran Ayatollah Ali al-Sistani. Sistani ha emanato un editto che indica all'enorme numero dei suoi seguaci chi votare alle elezioni, a rischio di finire all'inferno.

Dunque, si potrebbe argomentare che l'amministrazione Bush ha fatto un accordo con lo SCIR: il petrolio iracheno in cambio della garanzia del potere politico. Gli americani sono in grado di avanzare un tale accordo perché Bush tiene ancora le redini in Iraq. Indipendentemente da ciò che accadrà con le elezioni, per almeno i prossimi anni durante i quali l'Assemblea Nazionale che verrà eletta scriverà una costituzione e gli iracheni voteranno un nuovo governo, l'amministrazione Bush controllerà il grosso del denaro disponibile in Iraq (i 24 miliardi di dollari dei contribuenti statunitensi stanziati per la ricostruzione), il grosso dell'esercito e le regole che governano l'economia irachena. Sia il denaro che le regole, saranno a loro volta supervisionate da revisori dei conti e ispettori nominati dagli Stati uniti che siederanno in ogni ministero iracheno con mandati di cinque anni, e con in mano piena autorità su contratti e regolamenti. Comunque, l'unica cosa su cui l'amministrazione non ha potuto impedire di far parlare di sé è stato l'accesso garantito al petrolio iracheno - fino ad ora, almeno.

E ce ne sono di altre cose che non vi dicono. Proprio come agli iracheni che hanno votato, credendo di farlo per mettere fine all'occupazione nel loro paese.

Traduzione di Garabombo-ZNet

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Articolo originale:
http://www.uruknet.info/?p=9373

:: L'indirizzo di quest'articolo è :
   www.zmag.org/Italy/jamail-quellochenondicono.htm

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