All'inizio della Settimana per il disarmo, leggiamo alcune frasi dell'ultimo libro di Papa Francesco
- Subject: All'inizio della Settimana per il disarmo, leggiamo alcune frasi dell'ultimo libro di Papa Francesco
- From: Alessandro Marescotti <a.marescotti at peacelink.org>
- Date: Wed, 26 Oct 2022 11:27:33 +0200
Al termine di questo
primo giorno della Settimana per il disarmo, riporto alcune
frasi che ho tratto dall'ultimo libro di Papa Francesco "Vi
chiedo in nome di Dio. Dieci preghiere per un futuro di
speranza", ed. Piemme, nelle librerie dal 18
ottobre 2022.
La guerra e' il
segno piu' chiaro della disumanita'. […]
Il magistero della Chiesa non ha risparmiato parole nel
condannare la crudelta'
della guerra e, nel corso del XIX e del XX secolo, i miei
predecessori l'hanno
definita "un flagello", che "mai" puo' risolvere i problemi
tra le nazioni; hanno affermato che la sua esplosione e' una
"inutile
strage" con cui "tutto puo' essere perduto" e che, in
definitiva,
"e' sempre una sconfitta dell'umanita'". Oggi, mentre chiedo
in nome
di Dio che si metta fine alla follia crudele della guerra,
considero inoltre la
sua persistenza tra noi come il vero fallimento della
politica.
La guerra in Ucraina, che ha messo le coscienze di milioni di
persone del
centro dell'Occidente davanti alla cruda realta' di una
tragedia umanitaria che
gia' esisteva da tempo e simultaneamente in vari paesi, ci ha
mostrato la
malvagita' dell'orrore bellico.
[…] non esiste
occasione in cui una guerra si possa considerare giusta. Non
c'e' mai posto per
la barbarie bellica. Tantomeno quando la contesa acquisisce
uno dei suoi volti
piu' iniqui: quello delle cosiddette "guerre preventive". La
storia
recente ci ha dato esempi, perfino, di "guerre manipolate",
nelle
quali per giustificare attacchi ad altri paesi sono stati
creati falsi pretesti
e sono state contraffatte le prove. Per questo chiedo alle
autorita' politiche
di porre freno alle guerre in corso, di non manipolare le
informazioni e di non
ingannare i loro popoli per raggiungere obiettivi bellici.
La guerra non e' mai giustificata. Infatti non sara' mai una
soluzione: basti
pensare al potere distruttivo degli armamenti moderni per
immaginare quanto
siano alti i rischi che una simile contesa scateni scontri
mille volte
superiori alla supposta utilita' che alcuni vi scorgono.
La guerra e' anche una risposta inefficace: non risolve mai i
problemi che
intende superare. Forse lo Yemen, la Libia o la Siria, per
citare alcuni esempi
contemporanei, stanno meglio rispetto a prima dei conflitti?
[…]
Se davvero siamo tutti impegnati a porre fine ai conflitti
armati, manteniamo
viva la memoria in modo da agire in tempo e fermarli quando
sono in gestazione,
prima che divampino con l'uso della forza militare. E per
riuscirci servono
dialogo, negoziati, ascolto, abilita' e creativita'
diplomatica, e una politica
lungimirante capace di costruire un sistema di convivenza che
non sia basato
sul potere delle armi o sulla dissuasione.
[…] Vedo contraddizione tra quanti rivendicano le loro radici
cristiane ma poi
fomentano conflitti bellici come modi per risolvere gli
interessi di parte. […]Se
arriviamo alla guerra e' perche' la politica ha fallito. E
ogni guerra che
scoppia e' anche un fallimento dell'umanita'.
[…] Tutti possiamo, e dobbiamo, prendere parte a questo
processo sociale di
costruzione della pace. Esso ha inizio in ciascuna delle
nostre comunita' e si
innalza come un grido verso le autorita' locali, nazionali e
mondiali. Infatti
e' da loro che dipendono le iniziative adeguate per frenare la
guerra. E a
loro, facendo questa mia richiesta in nome di Dio, domando
anche che si dica
basta alla produzione e al commercio internazionale di armi.
La spesa mondiale in armamenti e' uno degli scandali morali
piu' gravi
dell'epoca presente. Manifesta inoltre quanta contraddizione
vi sia tra parlare
di pace e, allo stesso tempo, promuovere o consentire il
commercio di armi.
E' tanto piu' immorale che paesi tra i cosiddetti sviluppati a
volte sbarrino
le porte alle persone che fuggono dalle guerre da loro stessi
promosse con la
vendita di armamenti.
[…] Con la guerra
ci sono milioni di persone che perdono tutto, ma anche pochi
che guadagnano
milioni. E' sconfortante anche solo sospettare che molte delle
guerre moderne si
facciano per promuovere armi. Cosi' non si puo' andare avanti.
Ai responsabili
delle nazioni, in nome di Dio, chiedo di impegnarsi
risolutamente a porre fine
al commercio di armi che causa tante vittime innocenti.
Abbiano il coraggio e
la creativita' di rimpiazzare la fabbricazione di armamenti
con industrie che
promuovano la fratellanza, il bene comune universale e lo
sviluppo umano
integrale dei loro popoli.
[…] Ma al di la' del problema del commercio internazionale di armamenti destinati a guerre e conflitti, non meno preoccupante e' la crescente facilita' con cui in molti paesi si puo' entrare in possesso delle armi denominate "di uso personale" […] Legale o illegale, su vasta scala o nei supermercati, il commercio di armi e' un grave problema diffuso nel mondo.
[…] non
possiamo ignorare la spada di Damocle che pesa sull'umanita'
sotto la forma
degli armamenti di distruzione di massa, come quelli nucleari.
[…] faccio mia la condanna di san Paolo VI verso questo tipo
di armamento, che
dopo oltre mezzo secolo non e' divenuta meno attuale: "Le
armi, quelle
terribili specialmente, che la scienza moderna vi ha date,
ancor prima che
produrre vittime e rovine, generano cattivi sogni, alimentano
sentimenti
cattivi, creano incubi, diffidenze e propositi tristi, esigono
enormi spese,
arrestano progetti di solidarieta' e di utile lavoro, falsano
la psicologia dei
popoli".
Non c'e' motivo di restare condannati al terrore della
distruzione atomica. Possiamo
trovare vie che non ci lascino appesi a una imminente
catastrofe nucleare
causata da pochi. […] Avere armi nucleari e atomiche e'
immorale. […] Oggi e'
inaccettabile e inconcepibile che si continuino a scialacquare
risorse per
produrre questo genere di armi. […] Il reverendo Martin Luther
King lo ha
espresso con chiarezza nell'ultimo discorso che pronuncio'
prima di essere
assassinato: "Non si tratta piu' di scegliere tra violenza e
nonviolenza,
ma tra nonviolenza e non esistenza". La scelta sta a noi.
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