All'inizio della Settimana per il disarmo, leggiamo alcune frasi dell'ultimo libro di Papa Francesco



Da: Pierangelo Monti <monti.pierangelo at libero.it>
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Al termine di questo primo giorno della Settimana per il disarmo, riporto alcune frasi che ho tratto dall'ultimo libro di Papa Francesco "Vi chiedo in nome di Dio. Dieci preghiere per un futuro di speranza", ed. Piemme, nelle librerie dal 18 ottobre 2022.

Pierangelo


La guerra e' il segno piu' chiaro della disumanita'. […]

Il magistero della Chiesa non ha risparmiato parole nel condannare la crudelta' della guerra e, nel corso del XIX e del XX secolo, i miei predecessori l'hanno definita "un flagello", che "mai" puo' risolvere i problemi tra le nazioni; hanno affermato che la sua esplosione e' una "inutile strage" con cui "tutto puo' essere perduto" e che, in definitiva, "e' sempre una sconfitta dell'umanita'". Oggi, mentre chiedo in nome di Dio che si metta fine alla follia crudele della guerra, considero inoltre la sua persistenza tra noi come il vero fallimento della politica.
La guerra in Ucraina, che ha messo le coscienze di milioni di persone del centro dell'Occidente davanti alla cruda realta' di una tragedia umanitaria che gia' esisteva da tempo e simultaneamente in vari paesi, ci ha mostrato la malvagita' dell'orrore bellico.

[…] non esiste occasione in cui una guerra si possa considerare giusta. Non c'e' mai posto per la barbarie bellica. Tantomeno quando la contesa acquisisce uno dei suoi volti piu' iniqui: quello delle cosiddette "guerre preventive". La storia recente ci ha dato esempi, perfino, di "guerre manipolate", nelle quali per giustificare attacchi ad altri paesi sono stati creati falsi pretesti e sono state contraffatte le prove. Per questo chiedo alle autorita' politiche di porre freno alle guerre in corso, di non manipolare le informazioni e di non ingannare i loro popoli per raggiungere obiettivi bellici.
La guerra non e' mai giustificata. Infatti non sara' mai una soluzione: basti pensare al potere distruttivo degli armamenti moderni per immaginare quanto siano alti i rischi che una simile contesa scateni scontri mille volte superiori alla supposta utilita' che alcuni vi scorgono.
La guerra e' anche una risposta inefficace: non risolve mai i problemi che intende superare. Forse lo Yemen, la Libia o la Siria, per citare alcuni esempi contemporanei, stanno meglio rispetto a prima dei conflitti? […]
Se davvero siamo tutti impegnati a porre fine ai conflitti armati, manteniamo viva la memoria in modo da agire in tempo e fermarli quando sono in gestazione, prima che divampino con l'uso della forza militare. E per riuscirci servono dialogo, negoziati, ascolto, abilita' e creativita' diplomatica, e una politica lungimirante capace di costruire un sistema di convivenza che non sia basato sul potere delle armi o sulla dissuasione.
[…] Vedo contraddizione tra quanti rivendicano le loro radici cristiane ma poi fomentano conflitti bellici come modi per risolvere gli interessi di parte. […]Se arriviamo alla guerra e' perche' la politica ha fallito. E ogni guerra che scoppia e' anche un fallimento dell'umanita'.
[…] Tutti possiamo, e dobbiamo, prendere parte a questo processo sociale di costruzione della pace. Esso ha inizio in ciascuna delle nostre comunita' e si innalza come un grido verso le autorita' locali, nazionali e mondiali. Infatti e' da loro che dipendono le iniziative adeguate per frenare la guerra. E a loro, facendo questa mia richiesta in nome di Dio, domando anche che si dica basta alla produzione e al commercio internazionale di armi.
La spesa mondiale in armamenti e' uno degli scandali morali piu' gravi dell'epoca presente. Manifesta inoltre quanta contraddizione vi sia tra parlare di pace e, allo stesso tempo, promuovere o consentire il commercio di armi.
E' tanto piu' immorale che paesi tra i cosiddetti sviluppati a volte sbarrino le porte alle persone che fuggono dalle guerre da loro stessi promosse con la vendita di armamenti.

[…] Con la guerra ci sono milioni di persone che perdono tutto, ma anche pochi che guadagnano milioni. E' sconfortante anche solo sospettare che molte delle guerre moderne si facciano per promuovere armi. Cosi' non si puo' andare avanti. Ai responsabili delle nazioni, in nome di Dio, chiedo di impegnarsi risolutamente a porre fine al commercio di armi che causa tante vittime innocenti. Abbiano il coraggio e la creativita' di rimpiazzare la fabbricazione di armamenti con industrie che promuovano la fratellanza, il bene comune universale e lo sviluppo umano integrale dei loro popoli.

[…] Ma al di la' del problema del commercio internazionale di armamenti destinati a guerre e conflitti, non meno preoccupante e' la crescente facilita' con cui in molti paesi si puo' entrare in possesso delle armi denominate "di uso personale" […] Legale o illegale, su vasta scala o nei supermercati, il commercio di armi e' un grave problema diffuso nel mondo.

[…] non possiamo ignorare la spada di Damocle che pesa sull'umanita' sotto la forma degli armamenti di distruzione di massa, come quelli nucleari.
[…] faccio mia la condanna di san Paolo VI verso questo tipo di armamento, che dopo oltre mezzo secolo non e' divenuta meno attuale: "Le armi, quelle terribili specialmente, che la scienza moderna vi ha date, ancor prima che produrre vittime e rovine, generano cattivi sogni, alimentano sentimenti cattivi, creano incubi, diffidenze e propositi tristi, esigono enormi spese, arrestano progetti di solidarieta' e di utile lavoro, falsano la psicologia dei popoli".
Non c'e' motivo di restare condannati al terrore della distruzione atomica. Possiamo trovare vie che non ci lascino appesi a una imminente catastrofe nucleare causata da pochi. […] Avere armi nucleari e atomiche e' immorale. […] Oggi e' inaccettabile e inconcepibile che si continuino a scialacquare risorse per produrre questo genere di armi. […] Il reverendo Martin Luther King lo ha espresso con chiarezza nell'ultimo discorso che pronuncio' prima di essere assassinato: "Non si tratta piu' di scegliere tra violenza e nonviolenza, ma tra nonviolenza e non esistenza". La scelta sta a noi.