Come ho già scritto, in alternativa alla zucchero
esiste già anche in Italia il dolcificante STEVIA, tratto da una pianta
del centro-america. Vedere www.specchiasol.it. Il prodotto si chiama
STEVY e sostituisce l' aspartame che è cancerogeno come ha
dimostrato l' Istituto Ramazzini di Bentivoglio(BO). SE poi andate in
Internet e cercate STEVIA viene fuori un sacco di documentazione. La
Stevia va bene soprattutto per i diabetici.
Saluti, Franco
----------------------------------------- Franco BORGHI Via
Frescobaldi 13 - 44042 CENTO Tel.051.6836715 -Fax
051.18895462 Cell.348.3802633 Reply to: xenos at iii.it - farabir at iii.it
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Sent: Tuesday, February 07, 2012 1:34
PM
Subject: Re: Zucchero bianco
ciao ti consiglio inoltre di leggere un libro (che ho
apprezzato tantissimo e consiglio a tutti) scritto da Giuseppe Aiello IL
MISTERO SOLUBILE DELLO ZUCCHERO ASSASSINO - Edizioni Candilita http://www.candilita.it/index.htm
Vai
a vedere il link, ti copio -qui sotto- già una sua breve introduzione perche
tu possa farti già un'idea. Ciao, Monica
Una storia di cibo,
dominio, denaro e scienza O di alcune più o meno ragionevoli motivazioni
per estromettere il saccarosio e diverse altre schifezze dalla vostra
alimentazione. Fino a pochi secoli fa lo zucchero veniva usato dai nobili
europei come una rara spezia da usare quale ostentazione di ricchezza. Come ha
fatto a diventare un componente fondamentale della dieta di un’intera società?
Perché è così difficile capire qualcosa degli effetti che ha sul nostro
organismo? Perché le opinioni degli “esperti” sono diverse – qualcuno sostiene
che sia un alimento sano e indispensabile, e altri che va considerato come un
veleno? È vero che i consumatori di dolci sono soggetti a rischio per molte
malattie o si tratta soltanto di ingiustificato allarmismo? Cosa dice in
proposito la ricerca scientifica? Perché è opinione diffusa che donne e
bambini abbiano una spiccata preferenza per il gusto dolce? È naturale
mangiare zucchero? E cosa vuol dire naturale? Sono molti i misteri che
circondano il saccarosio e il tentativo di svelarli richiede una lettura della
storia della nostra civiltà, del potere, dell’economia e della cultura,
dell’evoluzione degli ominidi, dei cibi che l’hanno accompagnata e molto
altro. Questo libro cerca di essere uno strumento utile per districarsi nel
labirinto di un apparato informativo addomesticato che ha interesse a far sì
che i lati oscuri dell’alimentazione restino tali il più a lungo
possibile. I primi che ho sentito parlar male dello zucchero erano dei
macrobiotici, gente conosciuta tantissimi anni fa, persone in genere un po'
fissate che mangiavano roba strana, insapore e costosa e che evidentemente
soffrivano non poco a nutrirsi di quei curiosi alimenti dai nomi orientali
(azuki, bancha, tamari, shoyu, kombu, mah...) e, soprattutto, a non mangiarne
altre. Innanzitutto pativano a non mangiare i dolci. Molti di loro lo
chiamavano “il bianco veleno” ma dopo avervi rinunciato per qualche tempo
invariabilmente cedevano, e cedeva al tempo stesso la credibilità della
demonizzazione del saccarosio. Alcuni vegetariani, che trent'anni fa erano
peraltro rarissimi, riuscivano a rinunciare alla carne, ma quelli che
provavano a rinunciare allo zucchero fallivano miseramente dopo qualche mese.
Sara era improvvisamente diventata una paladina della macrobiotica, lasciando
esterrefatto il fidanzato che vedeva (con ragione piena) in questa scelta un
passo verso il distacco dal suo mondo di brava ragazza di paese, mondo che
includeva anche lui. La reazione del giovane in odor di bruciatura fu quella
di tormentarla portandole graffe e cornetti a prima mattina, all'inebriante
profumo dei quali per un periodo Sara oppose resistenza e infine cedette
(successivamente scelse di lasciare prima il fidanzato e poi la macrobiotica).
Come potevano convincere qualcuno di quello che sostenevano se erano i primi a
non esserne persuasi? Evidentemente questa storia dello zucchero velenoso
doveva essere una scemenza, o quantomeno un'esagerazione. Negli anni
successivi, molto lentamente, cominciai a farmi l'idea che se si voleva
cambiare il mondo in meglio non lo si poteva fare né andando a votare qualcuno
nell'illusione che comandasse meglio di un altro, né modificando un pezzo del
mondo lasciando il resto immutato. Dentro la copertina di Warehouse gli Hüsker
Dü avevano scritto che la rivoluzione cominciava a casa propria,
preferibilmente davanti allo specchio del cesso, e io, anche se le forzature
de “ il personale è politico” non mi hanno mai convinto, la pensavo
esattamente come loro. E siccome passo molto più tempo in cucina che davanti
al suddetto specchio, gli sviluppi erano inevitabili. Non ho seguito santoni
né guru, non sono diventato macrobiotico, vegetariano o vegano, non ho smesso
di mangiare dolci né di bere alcolici, ma mi sono posto problemi. Più mangiavo
riso integrale, meno zuccheravo tè e caffé, meno riuscivo a sopportare
cocacola e nutella, che a un certo punto mi diventarono insopportabili al
palato. La pastiera no, se ne avevo una davanti me ne mangiavo la metà senza
scrupoli: essendo così buona non poteva fare male - o no? Vabbe', rispetto
alla gran parte dei miei coetanei mi drogavo talmente poco che un tale rigore
alimentare mi pareva esagerato, la salute da quando mi ero cominciato a curare
omeopaticamente era piuttosto buona e mi sembrava più importante sapere che
friggere con l'olio da due soldi (esattamente quello che passa come “olio per
frittura”!) è un atto delinquenziale nei confronti del proprio e altrui corpo
che non concentrarmi sui presunti effetti nocivi dello zucchero. La svolta
vera è stata la nascita, a distanza relativamente breve, delle mie figlie e
vista l'enorme quantità di dolci con la quale gli adulti ingozzano i bambini
ritenni che era arrivato il momento di capire sul serio se questa storia del
bianco veleno aveva qualche fondamento. Ho cominciato a leggere e ho
scoperto che non si capiva niente. Spietate sentenze, affermazioni dogmatiche
da una parte e da quella opposta, lo zucchero ti avvelena e lo zucchero è
necessario, ma pochissime spiegazioni. Era veramente un mistero, che sembrava
impossibile da risolvere, per questo il libro si chiama così, “Il mistero
solubile dello zucchero assassino”: “solubile” perché credo di averlo risolto,
non sta a me dire se brillantemente oppure no. Ci sono voluti un po' di anni
di studio (nei ritagli di tempo), di domande, discussioni, con la graduale
consapevolezza che non ci poteva essere un approccio monodimensionale, ma era
necessario considerare gli aspetti antropologici, economici, storici,
evolutivi, fisiologici, perché ognuno di questi versanti ha la sua rilevanza e
interagiscono nel formarsi della nostra cultura e delle nostre abitudini
alimentari. Alla fine ho concentrato tutto in 180 pagine in modo che quando
nasce l'ennesima discussione sull'argomento: “ma è vero che lo zucchero fa
male e perché” posso finalmente dire che esistono delle pagine dove c'è
scritto tutto, o quasi.
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