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La lista consumo critico - che cos'e'
- Subject: La lista consumo critico - che cos'e'
- From: Nicoletta Landi <nicoletta at peacelink.org>
- Date: Mon, 15 Jun 2009 21:27:26 +0100
Daniloil tuo stile di scrivere e' molto particolare, spesso retorico e sarcastico. Mi e' chiaro il tuo punto di vista sulla sovrappopolazione mondiale di cui hai spesso scritto in iista, e ne capisco il legame con questa lista anche se comunque non strettamente inerente.
Pero' ti chiedo ora di sospendere in questa lista i tuoi interventi sugli statali che trovo spesso fuori tema. Similarmente, anche il tema dell'economia liberista e della politica italiana rischiano spesso di essere un tema spinoso e ampio che si addicono meglio ad una lista di economia o di politica.
Mi rendo conto, che dipende dai punti di vista, tutto puo' essere considerato economia, tutto puo' essere ricondotto al consumo.
Pero' mi piace ricordare che il tema di questo lista ruota attorno a questi temi:
- cosa possiamo fare come consumatori per limitare o invertire le crisi sociali ed ambientali che ci aspettano di fronte - cosa ci limita in questi tentativi e quindi cosa possiamo fare per difenderci, sempre pero' in termini di consumo e di stili di vita (non in termini di voto, riflessioni filosofiche, ecc) - cosa succederebbe al nostro sistema economico una volta che il consumo critico diventasse realta'
Inoltre, credo sarebbe utile per facilitare il dibattito in lista, inserire interventi piu' brevi che magari inducano un dibattito anziche' delle lunghe riflessioni che magari a te paiono piu' complete ma che rischiano di mutarsi in monologo. Comunque, ognuno ha il suo stile, il mio e' solo un consiglio.
Grazie nicoletta Moderatrice della lista consumo critico di Peacelink On 12 Jun 2009, at 13:15, Laboratorio Eudemonia wrote:
Amartya Sen, non si vive di solo Pil "Benessere e progresso devono essere ripensati. Senza regole non è possibile realizzarli" GRÉGOIRE ALLIX, LAURENCE CARAMEL Ben prima che la crisi economica facesse riscoprire ai grandi governimondiali le virtù della regolamentazione, Amartya Sen, premio Nobel per l’Economia nel 1998, faceva parte di quegli economisti che difendevano ilruolo dello Stato contro la moda liberista.
http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/cultura/200906articoli/44500girata.asp Sarebbe ora che questa gente scoprisse ciò che voi ormai sapete già.Perché è proprio così: i Presenti, qui in Lista, ormai possono essere ben più avanti dei Nobél!
Infatti, chi ha letto gli ultimi interventi sullo statalismo, comprenderà bene perché il "liberismo", termine che certo non aiuta a capire cosa avviene, ha vinto e continuerà vincere: perché chi li vuole più gli statali!? "Ma siamo pazzi?" dicono i cittadini: "Piuttosto che agli statali ed agli statalisti meglio che il potere vada ai liberisti! Meglio che vada tutto in malora, a cominciare dall'ambiente, meglio morir di fame, piuttosto che finir sotto l'oppressione statalista!".
Leggete questo illuminante intervento proveniente da altra Lista: On 10/06/2009 at 14.56 Alessandro Samsa wrote: ..
Ho avuto modo di osservare con i miei occhi la mutazione in negativo di conoscenti che, dopo essere entrati a lavorare nello stato, hanno subito un cambiamento del proprio modo di pensare, sentire e persino di essere afavore - si fa per dire - del conservatorismo, dell'inclinazione allasottomissione (ma contemporaneamente anche al sopruso, perché questo è ciò che richiede lo stato ai propri servi nel doppio vincolo batesioniano chediabolicamente crea) e dell'ottusità mentale. Lo stato è infatti il più grande mostro che l'essere umano abbia maiideato, sui cui meccanismi di riproduzione sono state svolti vari studi emolti altri potrebbero essere approntati, perché a ben vedere - nonesistendo più i grandi regni familistici della modernità che portavano igovernanti a rimanere attaccati al proprio potere per ragioni di mero opportunismo - è credo più corretto porre la questione in termini di servitù volontaria che non di perpetuazione del potere da parte di unacasta, pure esistente e palese, che manterrebbe i propri privilegi (nelsenso che questo è solo un aspetto della questione, non "la" questione come l'apparato mediatico-spettacolare tende a far credere). Cioè è la collettività che mantiene per proprio conto in vita il meccanismo diautodistruzione a prescindere dai propri interessi (l'individuazione dellecui ragioni porterebbe assai lontano).Tutto questo sta però pian piano venendo alla luce, e - turandosi il naso- ci si potrebbe anche addentrare in un'analisi di politica spiccioladicendo che uno dei motivi della crisi dei partiti di sinistra in Italia,da sempre principale bacino politico dei dipendenti statali, è che staemergendo la lotta intra-sociale tra i dipendenti statali (paragonabiliagli schiavi dell'antichità, insieme ai lavoratori dipendenti) e i non statali (gli individui semi-liberi).Lottiamo pertanto insieme per un mondo libertario (anche su tante altrequestioni...)!
.. http://it.groups.yahoo.com/group/bastaguerra/message/8706 Bello chiaro, vero?Ed infatti proprio qui si gioca il nostro futuro: occorre riconoscere chi tra noi è uno statale e, zitto zitto, chiatto chiatto, meschinamente, fa finta di voler che il mondo avanzi, concedendo invece solo qualche misero contentino ai cittadini suoi sudditi in modo da confermarsi saldamente al potere, tacendo però su tutto ciò che realmente conta.
Avanti con l'autoidentificazione: chi è statale ma vuol davvero il bene del mondo si dichiari favorevole ad una periodica redistribuzione dei ruoli del Bene Comune, dell'oggi chiamata Pubblica Amministrazione, come in tanti onesti hanno già fatto. Quelli che rimarranno nascosti ed abbrancati al "loro" posto fisso vorrà dire che stanno in realtà tirando acqua al decrepito mulino dello Stato, che gli accorda indebiti privilegi. Presto li perderanno per sempre e da privilegiati diverranno paria.
Pacificamente, legalmente, civilmente, la Questione Pubblica va affrontata, denunciata e risolta.
Perché soltanto mandando in pensione stato e statali, i quali pur di non fare la cosa giusta tutto hanno confuso ed insozzato anche nel settore privato diffondendo ovunque infelicità, rabbia e sofferenza, e riorganizzando invece la società su rette ed equilibrate basi che sappiano far innamorare ed amoreggiare, letteralmente accoppiare con passione e fremere e gemere di piacere, collettività e beni comuni da una parte e proprietà privata e libertà individuali dall'altra, facendo sì che si completino ed arricchiscano vicendevolmente, ogni cosa potrà trovare il suo giusto posto.
E la felicità di ognuno si eleverà allora come mai prima. Danilo D'Antonio figlio di statali -- Mailing list Consumo Critico dell'associazione PeaceLink. Per CANCELLAZIONI: http://www.peacelink.it/mailing_admin.html Se non riesci, scrivi a nicoletta at peacelink.org inserendo "cancella" nel Soggetto. Si sottintende l'accettazione della Policy Generale: http://web.peacelink.it/policy.html ------------------------------------------------------ Do you live in Ealing? Check this out - http://ealingsustainable.wordpress.com/"We should build economies slower by design not by disaster" - Peter Victor
"The age of irresponsibility must be ended" G. Brown"The growth must continue at all costs. No politicians seriously questions it. Yet question it we must. Prosperity today means nothing if it undermines the conditions on which prosperity tomorrow depends. And the single biggest message from the financial meltdown of 2008 is that tomorrow is already here. " T. Jackson
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