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BUONASERA A TUTTI. 
IN RISPOSTA ALL'INTERESSANTE MAIL DI VITTORIO MARINELLI MI PERMETTO DI INVIARE CODESTO ARTICOLO DI UN MAGISTRATO CHE DENUNCIA MOLTI GRAVISSIMI ASPETTI SU COME IL POTERE POLITICO (CHE GESTISCE ANCHE I MEZZI DI COMUNICAZIONE PER MEZZO DEGLI AMICI EDITORI ) STIA SOTTRAENDO AI CITTADINI (SI INTENDE LA MINORANZA CIVILE DEL PAESE..) LE ULTIME POSSIBILITA' DI INFORMAZIONE E PRESA DI COSCIENZA SU TUTTE LE LORO INDICIBILI NEFANDEZZE..
CIO' A MEZZO DI UNA PRECISA LEGGE VOTATA DA STORACE A BERTINOTTI..
TEMO VITTORIO CHE SI SIA DAVVERO ALL'ULTIMA SPIAGGIA E CHE LA REALE CAPACITA' DEI "CITTADINI" DI INCIDERE SULLA BARBARIE IMPERANTE E DILAGANTE SIA VICINA ALLO ZERO.
ANCHE PERCHE' MOLTI CITTADINI CHE CIVILI SI RITENGONO CONTINUANO A FAR LE FILE PER VOTARE LE PRIMARIE VELTRONIANE..
O AFFOLLANO I COMIZIETTI BERLUSCONIANI..
SE NON E' NICHILISMO QUESTO...!!


Intervengo volentieri nel dibattito aperto da Travaglio e proseguito dai colleghi Palamara e Ingroia. Voglio affrontare un aspetto che riguarda uno dei pericoli più gravi per il nostro Paese: il controllo dell’informazione. I casi dei giudici Forleo e De Magistris sono perfetti per spiegare quel che sta accadendo. Da moltissimo tempo (nel 1994 ci fu un’assai pubblicizzata indignazione per la fuga di notizie sull’invito a comparire notificato a Berlusconi mentre era a Napoli), a nessuno importa nulla del fatto che, da quel che si sa dei processi di cui parlano giornali e tv, vengano commessi molti reati; che chi forse li ha commessi aggredisca i giudici che lo processano; che queste aggressioni talvolta abbiano successo; che i giudici che fanno questi processi siano sottoposti a loro volta ad altri processi, penali e disciplinari. Invece tutti si preoccupano che di queste cose, ohibò, si osi parlare, si scriva sui giornali (le tv in genere trascurano il tutto, impegnate come sono in programmi serissimi tipo Grande fratello); addirittura che si arrivi a mettere in scena i fatti, come ha fatto Annozero sul caso Forleo, rispettando il canovaccio, ma facendolo recitare da attori professionisti.

E va bene: se a nessuno frega niente dei possibili reati commessi dalla classe dirigente e dei relativi processi, allora parliamo di ciò che sembra essere davvero importante: le «fughe di notizie» e il dibattito che su queste notizie trafugate si svolge in alcune (poche) trasmissioni tv. Faccio un esempio del tutto inventato: circa 500 persone tra gli addetti ai lavori (magistrati e avvocati) sanno che cosa è un «leverage buy out». Quanti cittadini lo sanno? Mah, facciamo 5 mila. Queste 5.500 persone sanno dunque che, fino alla modifica dell’articolo 2358 del codice civile, l’acquisto di azioni di una società effettuato mediante prestiti o garanzie rilasciate dalla società stessa era proibito; e che adesso, invece, è consentito. Immaginiamo che, nel corso di un procedimento penale, si scoprisse, magari da intercettazioni, che questa modifica era stata discussa da Berlusconi e/o Tremonti (la norma venne modificata quando c’erano loro) con uno o più imprenditori impegnati in scalate societarie e molto interessati a comprarsi alcune società facendosi fare da queste prestiti o garanzie, nel che consiste appunto il leverage buy out. E immaginiamo che i due altissimi esponenti della classe dirigente dessero il via libera a questi loro amici, garantendo che la legge si sarebbe fatta presto e bene, in modo da consentire loro questo acquisto che, con quelle modalità (le garanzie e i prestiti da parte della società che volevano comprarsi), non sarebbe stato lecito. L’oggetto del processo penale sarebbe stato così tecnico che certamente non sarebbe stato compreso dalla quasi totalità dei cittadini; e, d’altra parte, il processo stesso sarebbe stato così lungo che una sentenza, anche solo di primo grado, sarebbe arrivata dopo molti anni dal fatto.

Ma si può davvero pensare che i cittadini non avessero il diritto di sapere, subito (forse di lì a qualche mese ci sarebbero state le elezioni), che i più alti esponenti del governo di allora facevano accordi clandestini (magari anche illeciti, ma questo l’avrebbero deciso i giudici) con amici loro, assicurando vantaggi a scapito dei concorrenti? Si può davvero pensare che la gestione privata del potere di legiferare attraverso il condizionamento del Parlamento da parte del Governo, sia circostanza che i cittadini devono ignorare? Ma questi cittadini come dovrebbero decidere se votare Tizio o Caio? Sulla base dei cartelloni pubblicitari o degli spot televisivi (magari subliminali)?

Supponiamo poi che i giudici civili e penali che si fossero occupati del caso fossero stati aggrediti (si capisce, verbalmente), vilipesi, minacciati, alla fine allontanati da quel processo, proprio mentre ne stavano venendo a capo; e supponiamo anche che, sballottati da queste violenze provenienti da tutte le parti, questi giudici si fossero lasciati andare un po’, avessero commesso qualche ingenuità, detto qualche parola di troppo, redatto provvedimenti suscettibili di critica. Si può davvero pensare che questa guerra combattuta dalla classe dirigente (magari innocente tecnicamente) per non essere assoggettata al controllo di legalità (che non significa condanna, significa accertamento) avrebbe dovuto essere nascosta ai cittadini?

Si tratta di un esempio frutto della mia fantasia e della mia indignazione sul piano tecnico quando arrivò la riforma dell’articolo 2358 del codice civile. Ma è evidente che, in un caso come questo, nessuno potrebbe dire che i cittadini se ne devono stare zitti e buoni, ignari di quel che succede, lasciando lavorare politici e magistrati e attendendo di leggere, dopo qualche anno, le sentenze dei giudici su un fatto di cui ovviamente non capirebbero più niente. Un po’ come i passeggeri di un treno che non si sa dove va, né quando né se si fermerà, perché tutto è in mano al capotreno e nessun altro deve metterci bocca.

Allora, è tanto difficile da capire che solo l’informazione più completa e approfondita ci consente di vivere in un Paese democratico? Che la democrazia non consiste nel sistema di elezione dei governanti (se è per questo noi ormai siamo in una situazione di conclamata oligarchia), ma nell’assoggettamento di tutti i cittadini - governanti e governati - allo Stato di diritto? Che il controllo sulla effettività di questa fondamentale, irrinunciabile regola di democrazia può avvenire solo attraverso l’informazione?

Scendiamo ai casi concreti. Ma davvero non vogliamo sapere che Fazio e Fiorani concordavano al telefono la scalata di Antonveneta? Cioè: noi non vogliamo sapere prima del tempo (e quale? Dopo il primo grado, dopo l’appello, dopo la Cassazione, magari dopo il rinvio in appello e la nuova Cassazione, magari dopo la sentenza per prescrizione?) che il Governatore della Banca d’Italia appoggiava un banchiere (piccolo piccolo, un banchiere del quartierino) nell’acquisto di un grande istituto bancario con modalità particolarmente pittoresche? Davvero non vogliamo sapere che Governatore e banchiere colloquiavano con esponenti del governo e della maggioranza di centrodestra, mentre l’assicuratore Consorte concertava con deputati e senatori Ds l’acquisto di Bnl da parte di Unipol? E perché il presidente di un partito dell’allora opposizione voleva «sognare» (in compagnia di chi?) se un furbetto del quartierino si comprava una banca? Sarà tutto regolare; ma che i vertici dei due maggiori partiti italiani abbiano interessi di questa rilevanza in operazioni finanziarie apparentemente fatte da privati, il cittadino lo deve sapere. Davvero non vogliamo sapere che Berlusconi raccomanda al Saccà qualche signorina nella speranza di ribaltare così (grazie a una signorina!) la maggioranza che sostiene il governo avversario? Che c’entra il processo penale o civile con questi fatti? Per meglio dire, certo che c’entra: si accerterà se questi fatti sono o no penalmente rilevanti; ma questo è un fatto tecnico, del tutto irrilevante per i cittadini.

Tutte queste cose, penalmente rilevanti o no (si vedrà), devono dunque interessare i cittadini; perché i cittadini hanno il diritto di sapere chi li governa, chi sta guidando il treno e dove li vuole portare. Se non lo sanno, se tutti glielo vogliono tenere nascosto, se i capotreni di ogni fazione strepitano quando non riescono a tenerglielo nascosto e congiurano per stabilire nuove regole che vietino ai vari addetti al treno di raccontare quel che hanno scoperto in sala macchine (anche quando non c’è più segreto di indagine), questo non è più un treno: è un carro bestiame.

Ma c’è pure di peggio. I giudici hanno sbagliato, forse, magari, chissà. Facciamo finta che la Forleo e De Magistris abbiano parlato troppo ed emesso provvedimenti criticabili. Quindi che facciamo, li processiamo disciplinarmente e li trasferiamo? Chissà quante sentenze sbagliate o criticabili la Cassazione riforma ogni giorno: li processiamo tutti, i giudici che le avevano emesse? Ovviamente no: riformiamo le loro sentenze, magari scriviamo qualche inciso sulla loro eventuale impreparazione giuridica; ma gestiamo il processo «nel sistema». Non ci pensiamo nemmeno a processare, a delegittimare, a trasferire i magistrati. E i cittadini non lo debbono sapere che, invece, alla Forleo e a De Magistris stanno succedendo proprio queste cose? E, se la risposta è «no, i cittadini non lo devono sapere» perché il processo si fa nelle aule giudiziarie o del Csm e alla fine vi sarà una sentenza emessa secondo giustizia, allora che facciamo alla Vacca? Per chi se lo è dimenticato, Letizia Vacca sarebbe quella componente del Csm che ha svolto funzioni di indagine nella I Commissione che si occupa di Forleo e De Magistris: una via di mezzo tra il Pm e il vecchio Giudice Istruttore. Eppure, mentre faceva le indagini, andava a spiegare ai giornali e alle tv che i due sono «cattivi giudici» e vanno cacciati al più presto; anzi altri come loro saranno presto stanati e «colpiti». Questa non è una inammissibile, gravissima, vergognosa, delegittimante fuga di notizie e anticipazione di giudizio?

Nel Paese che ha reso lecito il leverage buy out; nel Paese che punisce il senegalese che vende il cd contraffatto con pene da 1 a 6 anni di reclusione (arresto in flagranza, intercettazioni telefoniche e circuito processuale privilegiato) e il falsificatore di bilanci di una società quotata con pene da 15 giorni a 4 anni (sempreché il falso non sia troppo piccolo: deve superare l’1% del patrimonio della società almeno, se no, scherziamo?, non è reato); nel Paese in cui i partiti ingeriscono nell’acquisto delle banche e i politici tentano di comprarsi altri politici; nel Paese in cui le Vacca anticipano le sentenze di condanna del Csm contro i giudici che stanno processando; nel Paese in cui il Csm non dice una parola per condannare questo comportamento di uno dei suoi componenti e prosegue nel giudizio come se nulla fosse successo; ecco, in un Paese così l’Associazione nazionale magistrati che fa? Depreca le presunte «fughe di notizie» su questa o quell’inchiesta sui giornali e in tv e auspica che non vi sia contrapposizione tra le istituzioni. Ma dove vivete, cari colleghi dell’Anm? Ma non ve la ricordate la favola del lupo e dell’agnello? Ma non lo vedete che le Forleo, i De Magistris, le persone come noi stanno a valle e i lupi - o quelli che si cerca di capire se sono lupi - stanno a monte e continuano ad accusarci di intorbidargli l’acqua? Ma soprattutto: non vi rendete conto che l’Anm non è un istituzione pubblica, ma il sindacato dei giudici? Lo sapete o no che il sindacato tutela i suoi iscritti? Purtroppo, sempre più spesso, l’Anm sembra essere intesa come l’anticamera del Csm: è il Csm infatti che deve osservare imparzialità, autonomia, indipendenza, e anche riservatezza certo; e, a parte la Vacca, mi consta che lo faccia. Ma l’Anm, che ha indetto quattro scioperi sotto il governo Berlusconi, ora che governa l’Unione si mette a stigmatizzare, auspicare, precisare e tutto quell’armamentario ipocrita che ci indigna (questo sì che indigna) quando lo sentiam¿Negli anni 30 un certo Martin Niemoller scrisse una bellissima poesia: «Quando i nazisti vennero per i comunisti, io restai in silenzio: non ero comunista. Quando rinchiusero i socialdemocratici, io rimasi in silenzio: non ero un socialdemocratico. Quando vennero per i sindacalisti, io non feci sentire la mia voce: non ero un sindacalista. Quando vennero per me, non era più rimasto nessuno che potesse far sentire la sua voce». Ma davvero così pochi si rendono conto che siamo all’ultima spiaggia?

di Bruno Tinti, Procuratore Aggiunto a Torino ed Autore di "Toghe rotte" - Chiarelettere