rassegna stampa: VANDANA SHIVA E LA CRISI DELL'AGRICOLTURA INDIANA.



a cura di AltrAgricoltura Nord Est
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tratto da "Green Planet" - 30/11/2006

VANDANA SHIVA E LA CRISI DELL'AGRICOLTURA INDIANA.
"Per contribuire alla soluzione della crisi alimentare l’agricoltura
biologica deve rispettare criteri di biodiversità e gestione ecologica".
L’agricoltura indiana sta attraversando una profonda crisi umana ed
ecologica. Due espressioni evidenti della crisi umana sono il fenomeno dei
suicidi tra i contadini e l’aumento dei problemi di fame e della
malnutrizione. La crisi agricola che spinge tanti contadini al suicidio
dipende dai debiti, che a loro volta dipendono dalla coincidenza di due
fattori: l’aumento dei costi di sistemi di produzione non sostenibili e
inadeguati al territorio e il crollo dei prodotti agricoli dovuto a
politiche di mercato inique e ingiuste. La non-sostenibilità economica ed
ecologica della produzione agricola si articola su tre fondamentali
elementi. In primo luogo l’uso di sementi costose e non rinnovabili, che non
possono essere messe da parte e utilizzate per la semina successiva e
determinano quindi una nuova voce di spesa per i contadini. Questi semi
inoltre sono poco sperimentati e inaffidabili, avendo avuto accesso al
mercato solo con sistemi di autocertificazione. Alle sementi si aggiunge il
problema degli additivi chimici, che comportano ulteriori spese per gli
agricoltori e lasciano il suolo in condizioni più povere e fragili, rendendo
più vulnerabili anche i raccolti. Infine, la tendenza a destinare i campi a
monocolture è un altro fattore di rischio, in quanto crea una maggiore
esposizione delle piantagioni ai parassiti, alle malattie e alle conseguenze
dei cambiamenti climatici.

Mentre i contadini continuano a morire a causa dei debiti, i poveri vengono
privati del loro diritto al cibo. In India, il 30% della popolazione
agricola nel 1989 aveva un consumo medio di 1.820 chilocalorie al giorno.
Nel 1998, la cifra si era abbassata a 1.600 chilocalorie. Nel 1999 e 2000,
il 77% risultava al di sotto delle 2.400 chilocalorie quotidiane, stabilite
come soglia di povertà alimentare. Oggi un terzo dei babini affamati di
tutto il mondo vivono, e muoiono, in India. Anche i bambini che vivono nelle
zone urbanizzate soffrono di gravi problemi di malnutrizione, come diabete o
obesità. In tutto il mondo un miliardo di persone hanno problemi di
malnutrizione dovuti alla carenza di cibo, due miliardi di persone hanno
invece problemi di malnutrizione dovuti alla cattive caratteristiche
nutrizionali di alcuni prodotti del sistema alimentare industrializzato, il
cosiddetto “junk food”. L’agricoltura biologica è una risposta ai problemi
creati dall’attuale crisi agricola. Riduce i costi di produzione, in quanto
elimina le spese per gli additivi chimici, e libera i contadini dalla
trappola del debito. Grazie alla rete del commercio equo, dei mercati
locali, della vendita diretta, dei circuiti di distribuzione più corti e di
tutti i meccanismi di mercato che riescono ad avvicinare il produttore al
consumatore, riesce ad aumentare le entrate dei contadini senza alzare i
costi per il cliente, in quanto ad essere eliminati sono i grandi profitti
dei colossi dell’agrobusiness.

Tuttavia, affinché l’agricoltura biologica possa effettivamente contribuire
alla soluzione della crisi alimentare e dei suoi problemi, dai suicidi dei
contadini all’avvelenamento delle risorse naturali, è necessario che questa
rispetti criteri di biodiversità e di gestione ecologica. L’agricoltura
biologica non può essere solo un nuovo settore del mercato internazionale,
da trattare secondo le stesse logice delle monocolture con cui si opera nell
’agricoltura industriale. Come abbiamo spiegato in un rapporto dal titolo
Biodiversity based organic farming: a new paradigm for food security and
food safety, l’agricoltura biologica basata sulla differenziazione delle
specie coltivate riesce a garantire al tempo stesso la produzione di
maggiori quantità di cibo, migliore qualità nutritiva e guadagni più elevati
per i contadini.

Un ulteriore vantaggio dell’agricoltura biologica, tutt’altro che
trascurabile, riguarda il riscaldamento globale: un sistema agricolo che
elimini il trasporto di additivi chimici e sementi e riduca gli spostamenti
anche per i prodotti agricoli, permette notevoli riduzioni nei consumi di
combustibili fossili e nelle emissioni di gas serra. Per questo, in India
come altrove, l’agricoltura biologica è diventata un imperativo umano ed
ecologico del nostro tempo. Come politici o semplici cittadini, dobbiamo
tutti impegnarci per sconfiggere il paradigma di inerzia e passività imposto
dal mercato dell’agricoltura industrializzata. I suicidi dei contadini e i
cambiamenti climatici sono segnali evidenti della necessità di seguire un
nuovo paradigma per quanto riguarda produzione e consumi agricoli. L’
agricoltura biologica basata sulla biodiversità ci offre questo paradigma.
(fonte: La Nuova Ecologia, 30 novembre 2006)
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