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Lavoratori dell'"Ethical Coffee" pagati meno del salario minimo
- Subject: Lavoratori dell'"Ethical Coffee" pagati meno del salario minimo
- From: "Francesco Castracane" <f.castracane at alice.it>
- Date: Thu, 14 Sep 2006 21:32:52 +0200
Lavoratori dell'"Ethical Coffee" pagati meno del salario minimo di Hal Weitzman per il Financial Times (8 settembre 2006) l'inchiesta integrale su www.faircoop.it/fairwatch.htm cliccando su "ultime notizie" Il caffè etico è prodotto in Perù, il più grande esportatore al mondo di caffè Fairtrade, da lavoratori pagati meno del salario minimo legale. Fonti interne all'industria hanno dichiarato al Financial Times che partite di caffè non certificato sono state contrassegnate ed esportate come Fairtrade, e che del caffè certificato è stato illegalmente piantato in una foresta pluviale protetta. Tutto ciò pone dubbi sul processo di certificazione utilizzato da Fairtrade e da altri marchi simili che richiedono ai produttori di pagare un salario minimo. Questo pone questioni sulle assicurazioni che i certificatori danno su come il caffè fairtrade è prodotto. Un membro del direttivo di una delle organizzazioni di produttori di caffè fairtrade peruviano ha detto al FT: "Se nessun certificatore può garantire che coprirà il 100% della produzione di una cooperativa, così come possono garantire che ogni pacco verrà prodotto in coerenza con i loro standard?" Sebbene il caffè certificato copra meno del 2% del mercato globale del caffè, ma si è ampliato nel momento in cui grandi rivenditori come Starbucks e Mc Donald lo hanno adottato. Il FT ha visitato cinque piccole piantagioni peruviane, ognuna delle quali presenta una certificazione Fairtrade. Ognuna assume 15-20 lavoratori stagionali durante il periodo della raccolta. Tutte danno vitto ed alloggio ai loro lavoratori, che permette loro di dedurre il 30% dai loro salari. Dopo tale riduzione dal salario minimo legale per i lavoratori agricoli stagionali di 16 soles (circa 5 Us$), i produttori sono ancora obbligati a pagare almeno 11.20 soles al giorno. In quattro delle cinque piantagioni visitate dal FT, i raccoglitori ricevevano 10 soles al giorno, mentre la quinta pagava i lavoratori 12 soles al giorno. Luuk Zonneveld, direttore della Fairtrade Labelling Organizations International (FLO), l'organismo con sede a Bonn che gestisce gli standard del Commercio equo, ha dichiarato al FT che il sistema di certificazione "non è a prova di errore e di debolezza", ma ha precisato che il problema dovrebbe essere contestualizzato. "I contadini poveri spesso arrancano per pagare i loro lavoratori in maniera equa", ha detto. "Perchè ci sono lavoratori stagionali? Ci sono problemi più ampi, dietro. Abbiamo la necessità di chiedere perchè questa situazione va avanti e cosa possiamo fare per risolverla". Un certo numero di insiders dell'industria hanno dichiarato al FT di essere stati testimoni di frodi all'interno del sistema di certificazione che sarebbero risultate nel caffè esportato come certificato, sebbene proveniente da piantagioni non certificate. Così come di caffè Fairtrade piantato in riserve forestali protette nella giungla del nord del Perù. Usando la mappatura satellitare, un'Organizzazione non governativa canadese ha trovato che circa un quinto di tutta la produzione di caffè di un'associazione di Fairtrade è piantata illegalmente in una zona di foresta pluviale protetta.
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