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La realtà di una "economia altra"
- Subject: La realtà di una "economia altra"
- From: "Francesco Castracane" <f.castracane at alice.it>
- Date: Thu, 14 Sep 2006 21:32:52 +0200
La realtà di una “economia altra” Editoriale di Alberto Castagnola su www.faircoop.it/fairwatch.htm da lunedì 11 settembre Le esperienze di una economia diversa da quella attualmente dominante sono in via di diffusione ormai da molti anni, in pratica da quando gli aspetti più negativi dei processi di industrializzazione su scala internazionale e di imposizione dei modelli di consumo illimitato hanno coinvolto la metà di popolazione mondiale in grado di percepire e spendere un reddito e sono emersi gradualmente in tutta la loro drammaticità. Nello stesso periodo è aumentata e si è diffusa la coscienza della gravità dei danni inferti all’ambiente e della insostenibilità del modello complessivo, pena la irrecuperabilità di molti meccanismi fisici e biologici del pianeta. A questa prospettiva drammatica a scadenza ravvicinata si sono aggiunte negli ultimi anni guerre e terrorismi, le cui cause sono da rintracciare nella sempre più grave situazione in cui versano più di tre miliardi di persone escluse di fatto dal mercato globale e che non vedono possibilità concrete di miglioramento delle loro condizioni di vita caratterizzate da povertà e povertà estrema. I tentativi di avviare attività economiche che non rispondano alle stesse logiche del sistema dominante non rispondono quindi ad astratte esigenze filosofiche o etiche di un mondo diverso, ma cercano di garantire la sopravvivenza ad una larga parte dell’umanità sofferente e al pianeta che la ospita. Non si persegue un sogno ma si cerca di inventare meccanismi radicalmente diversi, anche nei casi in cui le attività intraprese hanno rapporti con il mercato e continuano ad essere esposte alle sue molteplici e ben pianificate attrazioni. Questa differenza di fondo spiega insieme sia la molteplicità delle strade percorse, sia l’esigenza di sperimentare formule diverse, tutte da rispettare e sostenere finché un valido modello profondamente alternativo non avrà preso forma e consistenza (o forse più modelli dovranno sostituire quello attuale). E’ questo il motivo per cui in questa fase ancora embrionale sono particolarmente temibili le approssimazioni e le confusioni e soprattutto i tentativi del sistema di riportare i “ribelli” alle sue categorie (essenziali per la sua sopravvivenza). E’ per queste ragioni che le modifiche che si cerca di apportare alle imprese per renderle “socialmente responsabili” non hanno nulla a che fare con l’economia alternativa o solidale; analogamente, esperienze come le cooperative o il terzo settore sono difficilmente confrontabili con le caratteristiche che l’altra economia cerca di mettere a punto. Contemporaneamente, errori, incertezze e fragilità delle iniziative avviate nel sud del mondo e nei paesi occidentali devono essere rispettate in quanto potrebbe essere ricercato nella loro affermazione e diffusione il salvataggio del pianeta. Oggi queste affermazioni suonano quasi ridicole tenendo conto delle dimensioni piccolissime del settore sperimentale. Nei prossimi anni, con l’acuirsi delle crisi e il moltiplicarsi dei conflitti, percorrere le vie della solidarietà invece di quelle del profitto ad ogni costo potrebbe rivelarsi l’unica soluzione alla quale ricorrere in tempi brevi. Gli altri editoriali li trovate su www.faircoop.it/fairwatch.htm sezione archivio
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