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Fw: Sangue sui rigassificatori: un appello da sottoscrivere
- Subject: Fw: Sangue sui rigassificatori: un appello da sottoscrivere
- From: "Beatrice Bardelli" <reginadelmare at tiscali.it>
- Date: Fri, 1 Sep 2006 13:35:59 +0200
Se siete d'accordo : appello da firmare e far girare, Beatrice Bardelli----- Original Message ----- From: "Alessandro Marescotti" <a.marescotti at peacelink.it>
To: <news at peacelink.it> Sent: Tuesday, August 29, 2006 9:51 PM Subject: Sangue sui rigassificatori: un appello da sottoscrivere PROPOSTA DI PUBBLICO APPELLO E' venuto il momento di svelare il retroscena tutto italiano della scelta dei rigassificatori. Essi sono collegati ad una fornitura di metano dalla Nigeria che l'Italia ha sottoscrittotramite l'ENI subito dopo l'impiccagione di un gruppo di attivisti ecologisti.
Fu firmato un contratto per la fornitura di gas liquefatto senza che fossero stati approntati i rigassificatori in Italia. E questo contratto di fatto "rende necessaria" la loro realizzazione in quanto la rigassificazione attualmente sta avvenendo in Francia in attesa che vengano costruiti i rigassificatori italiani. Mentre i sostenitori di questi impianti dicono che essi offrono maggiori garanzie di approvvigionamento, va detto che è a rischio proprio il gas della Nigeria destinato ai rigassificatori italiani. Infatti in quella nazione è in corso una sollevanzione popolare contro le multinazionali del gas. Un tecnico italiano è stato recentemente rapito ed è ancora prigioniero. Le multinazionali del gas (le stesse del petrolio) devastano l'ambiente con roghi ininterrotti, 24 ore su 24. La popolazione è costretta ad inalare esalazioni continue. E' in atto un profondo e incessante inquinamento del delta del Niger non solo per estrarre petrolio ma anche per il metano, che viene sondato con metodologie assolutamente dannose per l'ambiente. Le multinazionali dell'energia, per difendersi dalle popolazioni che protestano, godono della protezione dell'esercito nigeriano che reprime gli insorti e brucia le baraccopoli per punire i ribelli (1). Questo solleva una vera e propria "questione morale" che rivela di che lacrime e sangue grondi l'affare che si cela dietro la scelta politica dei rigassificatori. E' attraverso questo saccheggio che il gas della Nigeria destinato ai rigassificatori è "concorrenziale" con il gas della Russia e dell'Algeria che in Italia arriva tramite i gasdotti. Chiediamo a tutti i sostenitori del "gas pulito" dei rigassificatori se questo è accettabile e se per ricattare l'Algeria (e pagare un po' di meno il gas metano) sia lecito inquinare l'Africa e saccheggiarla ancora di più. Chiediamo se per garantire questo saccheggio sia anche morale tollerare la repressione, assistere a pestaggi e violenze di ogni genere. Chiediamo a quelle associazioni che sostengono i rigassificatori, come Legambiente e Wwf, di riflettere sull'enorme inquinamento prodotto in Africa da chi ci procura il "metano pulito" - sottraendolo tra l'altro all'uso locale e allo sviluppo africano - per rendere ancora più bassi i costi energetici di un Nord del mondo opulento che spreca l'energia e che non vuole pagare alle popolazioni locali i diritti di indennizzo sulle loro risorse naturali. E' in atto una campagna informativa pro-rigassificatori che li presenta come indispensabili per non passare "l'inverno al freddo". E' falso. In realtà il metano può giungere tramite i metanodotti in quantità più che sufficiente. Recentemente l'Italia ha infatti concluso accordi per l'incremento dei metanodotti con l'Algeria e il contenzioso Russia Ucraina si è risolto con un nuovo accordo commerciale. Il vero obiettivo dei rigassificatori non è quindi quello di "portare il metano" ,a di abbasserne il prezzo, ossia di mettere in competizione i paesi produttori con dinamiche che incrementeranno non solo la concorrenza ma la repressione politica e l'inquinamento in una logica di globalizzazione e di corsa verso il basso nell'abbattimento di tutti gli standard di sicurezza e di compatibilità ambientale. Lì dove è arrivata in Africa l'industria dei rigassificatori c'è ora il deserto, lo sviluppo si è bloccato, l'agricoltura è stata devastata, l'acqua è imbevibile, l'aria è irrespirabile. E' accettabile tutto questo? Riteniamo che su questo retroscena non si possa più tacere. Se in Italia la logica dei rigassificatori scavalca i cittadini, in Nigeria li schiaccia ed è nostro dovere denunciare quanto sta accadendo. Ci ritorna alla memoria lo scrittore nigeriano Ken Saro-Wiwa e altri otto attivisti ogoni condannati a morte da un tribunale militare. Furono uccisi il 10 novembre 1995 perché si opponevano con la nonviolenza all'inquinamento e alla repressione delle multinazionali del petrolio e del gas. Ken Saro-Wiwa disse prima di morire: "Io sono un uomo di pace, di idee. Provo sgomento per la vergognosa povertà del mio popolo che vive su una terra molto generosa di risorse; provo rabbia per la devastazione di questa terra". Quella lotta oggi continua ancora e noi non possiamo far finta di nulla. L'affare RIGASSIFICATORI ci genera più di qualche dubbio etico. Oggi altri Ken Saro-Wiwa, sconosciuti e indifesi, vengono schiacciati, picchiati, uccisi: perché quest'inverno dobbiamo risparmiare sulla bolletta. --- CHI VUOLE FIRMARE QUESTO APPELLO SCRIVA A: Alessandro Marescotti a.marescotti at peacelink.it Verrà pubblicato il suo nome e cognome, l'eventuale professione o gruppo organizzato di appartenenza, nonché la città da cui scrive. Può aggiungere anche una breve frase di commento. ----- (1) La baraccopoli che circonda il complesso della Saipem a Port Harcourt e' stata data alle fiamme da soldati dell'esercito nigeriano, poche ore dopo il sequestro di tre subcontrattisti della societa', tra cui un italiano. "Sono arrivati, hanno gettato benzina sulle case e hanno dato fuoco: volevano ucciderci" ha raccontato un testimone, "sono stupito che siano i nostri stessi soldati a farci una cosa simile: che cosa abbiamo fatto di male?" Alcune famiglie tornate sui resti carbonizzati della baraccopoli per raccogliere quello che si era salvato sono state allontanate a sassate dai soldati rimasti di guardia. www.repubblica.it 25/8/06
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