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25 luglio 2006 - Primo risultato della campagna di Greenpeace
per fermare l'avanzata dei campi di soia in Amazzonia.
Grazie alla pressione dei consumatori, le multinazionali della soia hanno
dichiarato che per due anni non acquisteranno soia proveniente dalla
deforestazione dell'Amazzonia.
Gran parte della soia, impiegata per produrre mangimi, viene
coltivata in terre deforestate illegalmente per far spazio alle coltivazioni.
Una ricerca pubblicata su “Nature” mostra che, se continua
l’attuale crescita delle coltivazioni, perderemo il 40 per cento
dell’Amazzonia entro il 2050.
La decisione della moratoria è arrivata, dopo un lungo lavoro di pressione da
parte di Greenpeace e hanno aderito le multinazionali
americane del settore come Cargill, ADM e Bunge, la francese Dreyfus e la
brasiliana Maggi, che controllano gran parte della produzione di soia del Brasile.
Anche McDonald's, contro cui
Greenpeace aveva organizzato diverse azioni
dimostrative, si è attivato, dichiarando: "Siamo convinti della necessità
di lavorare con i nostri fornitori e il governo brasiliano per proteggere l'Amazzonia da ulteriori devastazioni. I due anni di
moratoria devono servire alle aziende della soia per mettere in piedi misure
idonee per la gestione, altrimenti ci aspettiamo che la moratoria rimanga in
piedi finchè tutti gli impegni non saranno stati
rispettati"
L'accordo con i produttori di soia arriva dopo tre anni di indagini
di Greenpeace sull'impatto negativo della
coltivazione di soia in Amazzonia. Ora è necessario
che le multinazionali del settore prendano degli impegni concreti per riportare
la legalità in questo settore, proteggendo la foresta e salvaguardando i
diritti delle comunità indigene. Da gennaio 2003, quasi 70.000 chilometri quadri di foresta sono stati distrutti, l’equivalente
di 6 campi da calcio ogni minuto.
Tutte le aziende alimentari che chiedono di agire per proteggere l'Amazzonia continuano anche a
chiedere ai propri fornitori soia non Ogm. Greenpeace continuerà a battersi contro le coltivazioni Ogm sia all'interno dell'Amazzonia
che altrove.
"Questo primo accordo dimostra che è possibile cambiare le pratiche quando c'è la volontà" afferma Sergio Baffoni,
responsabile foreste di Greenpeace. "Ora le
multinazionali della soia devono dimostrare di voler davvero proteggere il
sensibile ecosistema amazzonico, ed eliminare la soia transgenica
dalla loro produzione, rispettando così la volontà dei consumatori di tutto il
mondo. Bisogna passare dagli impegni verbali all'azione nel più breve tempo
possibile "
Leggi il rapporto (in inglese) “Eating up the Amazon’:
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(Greenpeace, 25 luglio 2006)
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