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rassegna stampa: LA VERGOGNA DEL VINO CON I TRUCIOLI DI LEGNO
- Subject: rassegna stampa: LA VERGOGNA DEL VINO CON I TRUCIOLI DI LEGNO
- From: "Altragricoltura" <altragrico at italytrading.com>
- Date: Mon, 22 May 2006 14:58:13 +0200
a cura di AltrAgricoltura Nord Est ------------------------- tratto da "Green Planet" - 13 maggio 2006 LA VERGOGNA DEL VINO CON I TRUCIOLI DI LEGNO. Presto legale anche in Italia il trucco per «invecchiarlo» insaporendolo con sentori di barrique. Che si arrivasse a questo non ce lo saremmo mai immaginati. Che il Comitato di Gestione dei vini a Bruxelles avanzasse la proposta di utilizzare i trucioli di legno per fare i vini del falegname o i vini di Pinocchio, proprio non ci sta. Ma che razza di Unione è quella che appiattisce ogni differenza, sul cioccolato come sui vini, facendosi tirar la giacca da un’inconfessabile progetto di omologazione che arriva da lontano. Avevamo sorriso un anno fa quando su Internet fu scoperto un kit venduto in Canada con il quale si poteva fare il Barolo o il Chianti in casa: acqua e polverine e il gioco era fatto: ti davano persino le etichette. Poi tre mesi fa la notizia che i giapponesi avevano trovato il modo per invecchiare i vini precocemente (sic!), mentre già la tentazione del truciolo aveva fatto breccia in California e Australia. L’Italia del vino a questo punto si sente assediata, dopo aver giocato la carta delle sue diversità, dei suoi vitigni antichi che sarebbero all’ incirca mille, contro i quattro o cinque dei cosiddetti «paesi emergenti». E proprio quando anche in casa nostra s’era smesso, da parte dei produttori che orecchiavano tendenze, di far pagare ai consumatori il frutto delle proprie sperimentazioni in barrique, proprio quando la breccia della qualità aveva invaso le cantine piccole e grandi, ecco la mazzata. Sì, certo, qualcuno sarà felice, soprattutto chi è convinto che il vino importante sia quello che sa un po’ di quella vaniglia lasciata dai tannini delle barrique nuove. Coi trucioli risparmierà, e intanto potrà continuare a fare quel vino noioso, «internazionale», talmente perfetto che non ha neppure bisogno di essere buono. Un giorno un anziano viticoltore mi ha fatto questa osservazione: «Quando il vino non era buono si diceva che sapeva ‘d bosch (leggasi legno)» e in quanto al cosiddetto vino «fatto col bastone», siamo al ventennale di un epilogo che tutti ricordano come lo scandalo del metanolo. E pensare che da un lustro persino in America girano etichette di vino con la scritta «no barrique» mentre a Terzo d’Acqui il gourmet Francesco Battuello ha fatto una Barbera con la polemica dicitura «non allevata in barrique». Figuriamoci coi trucioli. Ora, partendo dal supposto che il vino che sa di legno non va neanche bene per celebrare la Santa Messa (dev’essere infatti «de gemine vitis e non corruptum»), quello con i trucioli è perlomeno diabolico. Ma lo è nel senso che vuol togliere il gusto dell’individualità, indebolendo quelle diversità di cui l’Italia è ben ricca. Occorre resistere. E chissà che qualche Camera di Commercio che ogni anno dà il benestare ai vini doc e docg non incominci a usare la matita rossa e blu, finalmente, per bocciare quei vini di Pinocchio che adesso vorrebbero la patente europea. Togliamogli almeno 20 punti: il vino al truciolo fa male al gusto e alla cultura: se lo riconosci lo eviti. - (Paolo Massobrio su La Stampa) --------------------- L’ITALIA LO PERMETTERÀ SOLO PER I VINI DA TAVOLA Ma sarà vietata in etichetta l'indicazione 'invecchiato in barrique' ROMA - Arrivano i trucioli nel vino. Non è una truffa alimentare ma sarà presto la norma anche nel nostro Paese. Trucioli di rovere per invecchiare il vino e dargli l'aroma del barrique che solitamente i vini prendono invecchiando (più o meno naturalmente) nelle botti di rovere. E la Confagricoltura prende le distanze e cerca di frenare l'utilizzo dei trucioli nel vino, pratica ritienuta «dannosa» per la produzione italiana. Saranno necessari ancora tre o quattro mesi ma anche i viticoltori europei (e quindi anche gli italiani) - a determinate condizioni - avranno la possibilità di utilizzare i trucioli di legno di rovere come già avviene per molti vini importati in Europa dagli altri partner mondiali. L'unica incognita ancora da sciogliere: la modifica all'Organizzazione mondiale per il commercio (Wto) di alcune norme chieste dall'Europa sull'etichettatura. Da alcuni mesi la questione è discussa dagli esperti dei 25 stati membri e della Commissione Ue per evitare ai produttori europei quella che di fatto viene considerata una concorrenza sleale. Ai viticoltori americani, sudafricani, sudamericani o altri è infatti permesso di sostituire l'invecchiamento tradizionale e in 'barrique', ossia in botti di rovere, con l'immissione direttamente nel vino di trucioli per migliorare il prodotto sotto il profilo del gusto, della morbidezza, dell'aroma. Il compromesso che si profila prevede di introdurre anche in Europa questa pratica enologica ma ogni stato membro può decidere in quale categoria di prodotti autorizzarla. L'Italia ha indicato che consentirà questa pratica solo nei vini da tavola mentre verrà vietata per le denominazioni di origine. I paesi europei produttori di vino e la Commissione Ue hanno concordato di introdurre la pratica del truciolato nella normativa europea accettando che non venga ripresa in etichetta. Hanno però posto una condizione importante: vietare in etichetta l'indicazione 'invecchiato in barrique' per i vini soggetti alla pratica enologica del truciolato. Nei prossimi mesi la risposta della Wto e la decisione dell'Ue. ------------------------------ VINO, UN FRONTE ANTI-TRUCIOLI REAZIONI TRA I PRODUTTORI RESPINTA OGNI IPOTESI DI UTILIZZO DEL LEGNO AGGIUNTO NELLE VASCHE Successo ad Asti di «Vinissage» il primo eno-salone piemontese dei biologici Diciamolo subito: «Vinissage», primo salone piemontese dei vini naturali ottenuti da uve coltivate con metodo biologico o biodinamico non è un posto neutro. Un sondaggio d’opinione sul possibile utilizzo dei «chips», ovvero trucioli e polveri di legno da aggiungere al vino per dare sentori vanigliati di legno, risparmiando tempo e barriques, da queste parti ha esito scontato. Sarebbe successo anche su tutte le piazze dove in questi giorni si celebrano manifestazioni enologiche, da Nizza ad Alba a Canelli, ma le inquietanti aperture di Bruxelles sulle pratiche consentite in Usa, Cile, Australia per i quaranta vignaioli radunatisi ad Asti, su invito del Comune, nell’ex chiesa di San Giuseppe, rafforzano e confermano la loro diversità «eno-ideologica». Parla per tutti Gianfranco Torelli, vicesindaco di Bubbio, il paese della Langa astigiana che nel 1999 si dichiarò per primo in Italia Comune anti Ogm: «Noi con le logiche dell’agroindustria e dell’agrochimica non vogliamo avere nulla che fare. Sul mercato non siamo ad armi pari: la nostra faccia contro le loro potenti campagne di marketing, le nostre storie semplici contro le brochure patinate, i nostri vini veri contro quelli che hanno bisogno di essere truccati». Torelli fa parte del consorzio Trimilli che mette insieme una decina di piccole aziende piemontesi e toscane. Ognuna è una scomessa vinta. A Vinissage ci sono i leader del movimento italiano dei vini biologici come Angiolino Maule di Gambellara e una decina di tenaci vignerons di Francia, dove il movimento dei vini naturali, compreso lo Chamapgne, sta facendo proseliti. La linea di distinzione e nell’uso in vigna del solo solfato di rame e dello zolfo, con l’aggiunta del piretro per lottare contro il flagello della flavescenza dorata. Per le concimazioni solo letame senza altri prodotti di sintesi. In cantina semplici filtrazioni e non chiarifiche chimiche e i più «puri» non usano neppure l’anidrie solforosa come antiossidante. E c’è chi ci scherza. Maurizio Ferraro da Montemagno ha fatto disegnare sulla scatola delle sue bottiglie di barbera e grignolino una sorta di gioco dell’oca che porta alla buona vendemmia. In questo Monòpoli del contadino tra gli imprevisti ci sono la siccità e le grandine e se si finisce nelle caselle rosse dell’uso di prodotti chimici si salta un turno. Gian Luigi Bera, scrive libri di storia e produce moscato a Canelli. « I vini biologici hanno superato da tempo il gap qualitativo e di gusto che secondo alcuni li teneva lontani dalle soglie ell’eccellenza. Oggi ci sono concorsi internazionali che valutano e riconoscono la naturalità del vino e i consumatori stranieri ricercano sempre più questa garanzia, offerta da marchi certificati». Tema delicatissimo, quello delle certificazioni, che vede il mondo del biologico, percorso da diverse scuole di pensiero, con un comun denominatore: il vino è un prodotto naturale per eccellenza e lo vogliamo continuare a produrre come tale, senza «trucchi». -------------------------------------------- Vino ai trucioli: Slow Food scende in campo. Rispetto alle produzioni agro-alimentari, quando ci mette lo zampino l’ Unione Europea non c’è veramente limite al peggio. L’ultima chicca ce l’ha regalata il Comitato di Gestione dei vini di Bruxelles, dando il via all’ utilizzo dei trucioli di legno per conferire al vino quel non so che di “barricato”. Avete tanto vino di bassa qualità da rendere un po’ più fighetto? Perché stare lì a perdere tempo e soldi nell’acquisto di tante piccole botti di rovere e lasciarci il vino per mesi e mesi cercando di scimmiottare il gusto “internazionale”, quando basta procurarsi dei trucioli, buttarli in tini enormi d’acciaio e il gioco è fatto in quattro e quattr’otto? Otterrete il sapore di legno tipico dei vini pazientemente affinati in barrique, coprirete i difetti, e potrete vendere il vostro prodotto a poco, perché vi sarà costato meno produrlo. È questo il punto principale per cui la UE ha avuto la pensata: siccome questa tecnica furba è usata da tempo in Australia e negli altri paesi extraeuropei che stanno conquistando grosse fette del mercato internazionale, perché non consentirla anche agli europei per poter fronteggiare questa concorrenza “sleale”? Detto fatto: nel nome del mercato e della competitività siamo sempre lì ad abbassare l’asticella della qualità minima, fino a che non sarà più neanche necessario saltare. Consentiamo Ogm, ogni sorta di sofisticazione, ogni ritrovato che permette di abbassare i costi di produzione in sacrificio di tradizione e qualità e ci ritroveremo con un pugno di mosche, omologazione imperante, meno gusto, meno ricchezza e chissà quanti scandali da affrontare; con i soliti, pochi grandi che si ingrassano alla faccia dei piccoli bravi produttori. Ci giochiamo davvero male le nostre carte. Solo poche settimane fa ho affrontato in questa rubrica il problema della concorrenza dei vini extraeuropei, invocando una sterzata continentale in favore della tradizione, della ricchezza delle nostre denominazioni, dei nostri territori, dei nostri vitigni autoctoni e caratterizzati. Una battaglia commerciale che l’Europa può tranquillamente vincere nel nome della qualità, della varietà e della sua nobilissima storia enologica. Dicevo per l’appunto che è inutile rincorrere gli altri sul loro terreno: abbiamo le nostre splendide specificità, perché buttarle al vento? Invece, ecco che puntuale e “tafazziana” (ve lo ricordate Tafazzi di “Mai dire goal” che si prendeva a mazzate sugli attributi?) la Commissione che dovrebbe difendere i nostri produttori fa la sua bella cavolata. È vero che l’Italia (i singoli Paesi possono definire l’applicazione delle regole) ha già deciso di consentire la pratica dei trucioli soltanto per i vini da tavola, lasciando per fortuna esenti i vini a denominazione di orgine, ma è anche vero che l’appetito vien mangiando, e mi chiedo quando si farà il passo successivo, quando si abbasserà ancora un po’ l’asticella: è solo questione di tempo. Tra l’altro non sarebbe prevista nessuna forma di etichettatura, soltanto il semplice divieto di scrivere “invecchiato in barrique” per chi usa i trucioli: e ci mancherebbe! Io invece credo sia il caso di iniziare subito una battaglia perché questi vini siano riconoscibili a chi compra, che l’etichetta parli chiaro. Ve lo immaginate il consumatore che si ritrova una bottiglia con su scritto “affinato con trucioli di legno”? Pensate che poi abbia tutta questa voglia di portarsi a casa il prodotto? No, non ci siamo: la notizia è soltanto di due giorni fa, non c’è ancora stato il tempo di organizzarsi, ma vi dico che a Slow Food abbiamo tutta l’ intenzione di lanciare una campagna forte, con manifestazioni di duro dissenso e fare tutte le pressioni possibili sull’Unione Europea perché annulli la decisione o quanto meno ponga chiarissime regole di etichettatura. Propongo una sottoscrizione quanto più ampia possibile, una raccolta di firme in cui possano manifestare la loro contrarietà e il loro disappunto i produttori e le associazioni di categoria, in cui dichiarino il loro impegno a non utilizzare queste pratiche ridicole per il buon nome del nostro vino. Penso che sia il modo migliore di reagire: dichiarare la propria estraneità a questi metodi, per far sì che, di lì in poi, chi si chiama fuori automaticamente possa essere sospettato, senza bisogno neanche di etichette. Non ne possiamo più di continuare a subire questi attacchi alle nostre grandi risorse, alla nostra cultura contadina e al nostro essere produttori di grandi eccellenze: vi informerò presto su come fare per unirsi al coro di protesta. Carlo Petrini su La Stampa La Stampa, 13 maggio 2006 Corriere della sera, 13 maggio 2006 La stampa, 15 maggio 2006 La stampa, 14 maggio 2006 ------------------------------------------- N.B. se volete essere cancellati da questa lista scrivete a: altragricoltura at italytrading.com Altre notizie sul sito: www.altragricolturanordest.it -- No virus found in this outgoing message. Checked by AVG Free Edition. Version: 7.1.392 / Virus Database: 268.6.1/344 - Release Date: 19/05/2006
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