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Prove generali verso la privatizzazione: l'acquedotto taglia l'acqua



"Bollette non pagate, l'Aqp taglia l'acqua", così titolava la Gazzetta del
Mezzogiorno un suo articolo del 1 giugno scorso dove si dava conto
dell'interruzione dell'erogazione del servizio in numerose abitazioni
dell'Istituto autonomo case popolari (IACP) per "punire i morosi". Questo
avveniva nonostante le proposte già avanzate di rateizzare i pagamenti
arretrati o di saldare il pregresso. Quanto avvenuto è doppiamente grave.
Non solo, infatti, è stato negato un diritto fondamentale come quello
vitale all'acqua, ma tale negazione è avvenuta anche sulla base della
prevalenza di una posizione di forza piuttosto che, eventualmente, della
legge attraverso un'azione legale.

            Tali avvenimenti si inseriscono in un contesto generale di
politiche di riduzione delle perdite dell'Aqp orientate ad operazioni di
risanamento economico piuttosto che ad una riduzione effettiva dei consumi
e di ottimizzazione del servizio ai cittadini.

Quanto accaduto sembra quasi una prova generale di quello che potrebbe
succedere, come già avviene in diverse regioni ed in numerosi Paesi, con la
privatizzazione. Quest'ultima è espressamente prevista quale fase
conclusiva del processo di "societarizzazione", avvenuto nel 1999, che ha
trasformato l'Ente Autonomo Acquedotto Pugliese in una Società per Azioni
(http://www.aqp.it/mondo/frameset/h-missione.htm).

E' evidente che non si tratta "semplicemente" di un cambiamento tecnico ma
di qualcosa di più che affonda le sue radici in una nuova visione
dell'acqua, accomunata ad un qualsiasi altro bene, e che si traduce nella
pratica nella violazione di un diritto vitale che viene negato a chi non ha
soldi per permetterselo.

L'acqua, dunque, viene considerata una merce e, pertanto, sottoposta alle
stesse regole della domanda e dell'offerta, alle leggi del potere di
acquisto.

Tutto questo sembra quasi paradossale se si pensa che, lo scorso 18 maggio,
la III Commissione Esteri della Camera ha approvato una risoluzione nella
quale riconosce l'accesso all'acqua come "Diritto Universale".

Pertanto, si chiede ai sindaci dei Comuni interessati (Bari, Noicattero e
Rutigliano) di intervenire presso l'acquedotto assicurando, attraverso un
loro intervento, la ripresa dell'erogazione di un servizio vitale.

Inoltre, si chiede all'Aqp che qualsiasi iniziativa orientata ad eliminare
sprechi ed eventuali abusi vada conciliata con la tutela del diritto
universale all'accesso all'acqua.

Inoltre, si invita il Comune di Bari, la Provincia e la Regione,
sull'esempio nazionale, a costituire un "Tavolo di discussione e di
confronto con la società civile e l'associazionismo sul tema dell'acqua
come bene comune e diritto umano" in modo da consentire una
"socializzazione" ed una riflessione sui processi di privatizzazione per
non doverne subire le conseguenze.





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