R: R: Sondaggio per consumatori critici di biscotti



----- Original Message -----
From: Patrizio <patsuppa at inwind.it>
To: <consumocritico at peacelink.it>
Sent: Monday, April 25, 2005 12:07 AM
Subject: Re: R: Sondaggio per consumatori critici di biscotti

> basta intendersi :-)
> nella penultima guida al consumo critico (l'ultima l'ho prestata ad
> amici) c'era scritto che la loacker fattura 112 mld (ancora in lire) e
> impiega 300 persone, oltre ad essere di proprietà della famiglia
> omonima. come la doria, per esempio (50 mld, 200 persone) e la
> galbusera (55 mld, 200 persone) le considero aziende piccole tra
> quelle che hanno un marchio "nazionale".
> da quello che so, non sono neanche quotate in borsa e sono
> semplicemente "aziende di famiglia".
>
> ovviamente non c'è nulla di scientifico in tutto questo, ma
> unicamente il mio personalissimo metro di paragone... e sull'ultima
> edizione magari c'è scritto il contrario...

> ciao
> patrizio



sì ovviamente si tratta di intendersi. Ci sono delle definizioni di piccole
e medie aziende a livello UE, ma non è a queste che mi riferisco quando
penso ad una "piccola" azienda.
Definire "piccola" un'azienda ancorchè di proprietà familiare con 300
persone che ci lavorano e più di 100 miliardi di fatturato è senza dubbio in
linea con gli standard europei ma un po' meno con quelli che ho in mente
io.......per capirsi quando penso ad una azienda piccola di produzione
(familiare o meno) penso ad una azienda in cui le risorse sono destinate
prevalentemente a retribuire il lavoro (compreso quello dei proprietari), il
capitale investito (sotto forma di macchinari) e a pagare le materie prime.
Una piccola azienda non può permettersi pubblicità, investimenti di
marketing, neppure grandi investimenti nel packaging dei prodotti (le
confezioni). Una azienda come Loacker, ma direi come molte altre di quella
dimensione, spende molto in pubblicità, marketing, confezioni.......sulla
base di questi miei personalissimi criteri, non può essere definita una
piccola azienda.

Quello della struttura dei costi delle imprese produttive è secondo me un
aspetto che il consumo critico dovrebbe attentamente valutare. Se il
consumatore critico è interessato (a parità di valutazioni sull'impatto
sociale e ambientale) come credo a comprare "sostanza" è importante valutare
come si scompone il costo di produzione di un Kg. di biscotti di un
piccolo produttore locale e di un produttore "medio" di livello nazionale. A
parità di
prezzo al consumatore il produttore locale che non spende in pubblicità e
marketing  avrà una struttura dei costi in cui diciamo il 50% è fatto di
materie prime, quello nazionale che invece spende sia in pubblicità che in
marketing avrà una struttura dei costi dove il 30% sono materie prime 10%
pubblicità, e 10% marketing e packaging. La cosa curiosa della pubblicità e
del marketing è che grazie ad essi si stimola la domanda, quindi la crescita
della produzione, ma una volta che la produzione è cresciuta (e si sono
adeguati i macchinari a produrre di più) la pubblicità e il marketing
diventano una componente ineliminabile perchè non ci si può permettere di
tornare a produrre meno.
Ora se il risparmio nel costo unitario delle materie prime (dovuto al fatto
che se ne comprano di più) viene destinato a spese pubblicitarie, tutto
sommato non vi è un peggioramento di "sostanza" nel prodotto acquistato, ma
se invece come spesso avviene, per finanziare la pubblicità e il marketing
si drenano risorse dall'acquisto materie prime (peggiorando la qualità delle
stesse o aumentando i prezzi dei prodotti) o dalla retribuzione del lavoro,
allora il fare o non fare pubblicità (e in che misura) è una componente
secondo me importante per valutare la "criticità" di una azienda.

ringrazio anche io nicoletta...perchè questi biscotti ci stanno portando
lontano.....

daniele









 
 
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