rassegna stampa: MELE CINESI E POLACCHE A MEZZO EURO AL CHILO



Non c'è settore della nostra agricoltura che si salvi dalle leggi economiche
che guidano la cattiva globalizzazione delle merci, anche il settore della
frutta non può competere con i prodotti al minimo prezzo che arrivano dalla
cina o da altri paesi extraeuropei. Quando l'unica caratteristica che
determina la discriminante di scelta del prodotto è il prezzo non c'è spazio
per la nostra agricoltura che si fonda su ben altre componenti quali la
qualità superiore, la tipicità, il legame culurale con i territori,
l'osservanza di normative per il rispetto del benessere animale,
dell'ambiente, della sicurezza alimentare. Quando il costo del trasporto è
più alto del costo del prodotto stesso dovrebbe scattarci in testa un
segnale di allarme che ci induce a riflettere su cosa vogliamo mangiare ed
invece, con poca consapevolezza, stiamo mangiando.
Il "consumatore" può contribuire a sanare questa distorsione di mercato
previlegiando l'acquisto di frutta stagionale e a ciclo corto (quì produco,
quì trasformo, quì consumo), cibo che non deve fare migliaia di chilometri
inquinando mezzo mondo per arrivare sulla nostra tavola; cibo che è prodotto
con standards di sicurezza ambientale e sanitaria molto alti e soprattutto
quantomeno contollati in un sistema trasparente ed articolato su tutto il
territorio nazionale.
a cura di AltrAgricoltura Nord Est
--------------------------------------
tratto da Green Planet - 29/01/05
MELE CINESI E POLACCHE A MEZZO EURO AL CHILO
Arrivano al grossista a 42 centesimi (17 vanno al produttore, 25 servono per
il trasporto).
Una su due delle mele prodotte nel mondo sono di provenienza cinese. Di
conseguenza i produttori cinesi cercano nuovi mercati per collocare il loro
prodotto nei paesi occidentali dove i prezzi sono più alti.
Questo ha fatto sì che la Cina, pur dovendo superare difficoltà enormi dal
punto di vista organizzativo, sia ormai in grado di infastidire le nostre
produzioni.
Le mele cinesi arrivano a 0,42 - 0,45 centesimi di euro al rivenditore
italiano - afferma Roberto Paternoster direttore del Consorzio
Ortofrutticolo Val d’Adige, oltre che della Op Paganella - e di questi 42
cents, 17 vanno al produttore e 25 servono per il trasporto.
Sul mercato arrivano a prezzi che vanno dai 70 agli 80 centesimi di euro.
Ad un prezzo analogo a quello cinese, fra i 40 ed i 50 centesimi, arrivano
in Italia anche le mele polacche. Ma, a differenza di quelle cinesi, siamo
di fronte ad un Paese vicino ed ormai facente parte dell’Unione europea a
tutti gli effetti e con una produzione che supera quella dell’Italia.
La prima cosa che mette in difficoltà i produttori regionali, ma che non dà
garanzie nemmeno al consumatore - sottolinea ancora Paternoster - è che
mentre «per le nostre mele da 15 anni applichiamo i protocolli di
autodisciplina per ottenere produzioni più salubri - ed abbiamo le varie
certificazioni che assicurano qualità, tracciabilità e provenienza - per
queste mele non è richiesta alcuna certificazione di salubrità.»

«Certo è che il nervosismo che gira fra i responsabili della
commercializzazione è giustificato» prosegue Paternoster «D’altro canto l’
unica cosa che ci rimane da fare per collocare le nostre mele è abbassare i
prezzi per renderli più competitivi. La Fuji, ad esempio, viene venduta
troppo cara per essere competitiva con quella cinese, anche se la qualità
della nostra è indubbiamente migliore».
«Un errore è stato commesso in autunno» rileva Paternoster «al momento della
raccolta, quando i prezzi sono partiti troppo alti. Questo da una parte ha
portato ad un minor consumo, che già soffriva per una perdita generale di
capacità d’acquisto dei consumatori, e dall’altra ha spinto ad importare
nell’Unione anche da Paesi con alti costi di trasporto».

Circa la possibile collaborazione con l’Alto Adige, sollecitata dai politici
in questi giorni, il direttore ritiene necessario ed urgente che si arrivi
ad un’azione comune per la promozione con i produttori d’oltre Salorno: «E’
l’unica cosa che in questo momento vedo possibile di fare assieme”. Perché è
indispensabile «che i consumatori che vanno al supermercato o nel negozio
sotto casa a fare gli acquisti della frutta siano informati sulla differenza
fra una mela del Trentino Alto Adige ed una cinese: perché la nostra è più
buona». A riprova di ciò sta il fatto che la Cina è collocata fra i primi 10
paesi del mondo per valore complessivo delle mele importate.
«L’unica strada sulla quale noi possiamo competere» conclude Paternoster «è
quella della qualità, che dobbiamo far conoscere meglio anche con l’impegno
diretto nella valorizzazione dei marchi privati che le grandi catene tendono
sempre più a diffondere».
Il Trentino, 02 febbraio 2005
-----------------------------------
N.B. se volete essere cancellati da questa lista scrivete a
altragricoltura at italytrading.com




--
No virus found in this incoming message.
Checked by AVG Anti-Virus.
Version: 7.0.300 / Virus Database: 265.8.8 - Release Date: 14/02/05




-- 
No virus found in this outgoing message.
Checked by AVG Anti-Virus.
Version: 7.0.300 / Virus Database: 266.1.0 - Release Date: 18/02/05