rassegna stampa: Il lungo ciclo del cibo



Vi proponiamo un breve scritto che fotografa una delle contraddizione che il
mercato del cibo oggi porta in se e che sta distruggendo qualità e
freschezza dei prodotti tipici e dei saperi di un territorio. Dai cittadini
consumatori può partire una riflessione utile anche ai produttori e
distributori dei nostri alimenti.
a cura di AltrAgricoltura Nord Est
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tratto da "Comprare informati" - 07/02/05

In questa stagione invernale la nostra terra produce i pregiati radicchi, i
cappucci e le verze ricchi di sali minerali, il porro salutare. Conservate
nei nostri frigoriferi abbiamo ancora le mele e le pere e soprattutto il
kiwi.
Ma nelle campagne il lavoro continua fervente. Si sta ultimando la potatura
e il riassetto dei frutteti e gli orticoltori stanno preparando i terreni
ormai sufficientemente disinfettati dal gelo, sono già state trapiantate le
lattughe in serra e nei vivai stanno crescendo le piantine per i trapianti
in piena aria.
Ad aprile le fragranti lattughe di Lusia ed i nostri turgidi turrioni d’
asparago prenderanno la strada per Milano e Roma, le succose fragole
polesane verso la Germania e le tenere insalatine partiranno per la
Svizzera. Mentre nei banchi dei supermercati e negozi di Rovigo e provincia
appassiranno le lattughe provenienti da Fondi, rinsecchiranno i contorti
asparagi napoletani, rosseggeranno le fragole spagnole, sempre ugualmente
belle e coriacee anche dopo dieci giorni e spiccherà il giallognolo inodore
del semprepresente aglio cinese.
Da quando il cibo da fonte di vita è stato trasformato in merce cui
applicare il principio del massimo profitto, da quando l’esperto orticoltore
è stato trasformato in un produttore conto terzi e il consumatore ha perduto
l’abitudine a pretendere i prodotti genuini e ad essere soddisfatto perché
può scegliere tra gli scarti che gli vengono propinati, da quel momento -
nessuno sa perché - questa perversa logica commerciale fa ubriacare i nostri
delicati, freschi prodotti orticoli in giro per l’Europa e si è rotto il
legame con le tipicità delle specifiche territoriali.
È stato perso il gusto ed il valore della “nostranità”.
Si è scisso il vincolo tra coltura e cultura.
Ci si è dimenticati che i sapori devono essere veicolati dai saperi.
Ma è ancora possibile tornare indietro per chi ha il coraggio, la forza e la
pazienza di andare controcorrente.
Se i distributori locali, soggetti alla incomprensibile logica commerciale,
non vogliono o non sanno proporre i freschi prodotti locali, i consumatori
avveduti possono trovare forme di organizzazione e rapportarsi direttamente
con i produttori, a loro volta organizzati.
Approvvigionarsi in loco vuol dire poter conoscere le metodologie produttive
e controllare l’azienda produttrice a tutto vantaggio della sicurezza
alimentare, godere della massima freschezza, essere sempre nella
stagionalità, contribuire alla sopravvivenza delle piccole aziende e delle
varietà vegetali nostrane.
Ma vuol dire anche contribuire alla diminuzione del traffico pesante con
conseguente minor intasamento viario, minor inquinamento e maggior risparmio
energetico.
Altra conseguenza, e non di poco conto, è che con più si accorcia la filiera
meno costa il prodotto.( R.M.)
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