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CONAD - demonizzare la RSI o deminizzare l'impresa profit?]
- Subject: CONAD - demonizzare la RSI o deminizzare l'impresa profit?]
- From: Nicoletta Landi <nicoletta at peacelink.org>
- Date: Sat, 12 Feb 2005 18:58:48 +0000
-------- Original Message -------- Subject: Re: [res] demonizzare la RSI o deminizzare l'impresa profit? Date: Sat, 12 Feb 2005 18:32:20 +0000 From: Nicoletta Landi <nicolettalandi at fastmail.fm> To: lista RES <res at liste.retelilliput.org> References: <41FFB3EC0000F73F at ms002msg.mail.fw>
Aumentiamo i controlli e i controllori (o certificatori) con i seguenti risultati: - Deresponsabilizzazione degli individui; - Crescente ignoranza e crescita della delega. In sostanza tuttociò va contro la crescita della c.d. consapevolezza (direi che va nella direzione contraria...).
Purtroppo mi sto facendo l'idea che la strada verso i controlli obbligatori sia imprenscindibile. Non servira' alla consapevolezza ma solo alla scrittura di una base sociale nuova. Al social forum di Londra andai a tutti i convegni sulla RSI. MI stupii di trovare grosse ONG che dopo aver lottato sui passaggi volontari e sul boicottaggio, oramai puntavano dirette all'azione di lobby governativa. IL resto delle azioni apparivano superate e inutili. "Si deve arrivare alle leggi." (Li guardavo esterrefatta pensando che era assurdo, date le lobby delle imprese sulla comunita' europea, sul governo americano e sul governo italiano, ma poi ho pensato "forse questi inglesi credono ancora nella democrazia...") Nella mia mente c'e' questo percorso-processo: 1) emerge un problema sociale (ad es. muoiono gli operai sul luogo di lavoro) 2) si crea una pressione sociale-civile 3) c'e' un gap di tempo 4) arriva finalmente una LEGGE nazionale, internazionale, ecc con relativi controlli (ad es. sugli standard salute e sicurezza) ... poi, si assiste ripetutamente alla frode continua della legge (ad es. la 626), quindi nonostante sia legiferato cio' che e' giusto, la consapevolezza nell'imprenditore e nell'operaio non e' molto cresciuta. Ma cio' che su cui voglio concentrarmi e' il gap, il punto 3. Tra la nascita di un disagio e la produzione di una "legge" vi sta un periodo, tanto piu' intenso e rapido quanto piu' e' forte il disagio della societa'. (Questo significa che la regolamentazione delle imprese avverra' solo quando si muoveranno le masse del sud, noi stiamo troppo bene per essere efficaci). In quel gap, si puo' assistere a rivoluzioni, rivoluzioni non violente, marce, azioni di classe, boicottaggi. Poi possono esserci altri due processi, in realta' simili: a) la proposta di un'alternativa (da parte dei deboli) b) l'avvio di azioni volontarie (da parte dei forti). Tali azioni non sono obbligate dalla legge. Sono un inizio. Essendo volontarie, sono completamente discutibili. Non sono una sociologa, pertanto forse la mia analisi fa acqua. Ma ho l'idea che il processo di corporate accountability cresciuto negli ultimi dieci anni, (c'e' un bellissimo documento scritto da Jem Bendell ex ricercatore all UNIRSD su questo, "Barricades and boardrooms" http://www.globalpolicy.org/ngos/advocacy/protest/general/2004/0607rooms.pdf) ha aumentato il dibattito (e forse un po' di consapevolezza). Quando l'ho letto ho pensato: parla di noi! :) Da questo dibattito sono nati entrambi i processsi: - la costruzione dell'alternativa, (ad es in italia res, il sito decrescita, il percorso alla sobrieta' di Gesualdi). - le iniziative volontarie, (ad es. i report di sostenibilita', le certificazioni volontarie, il dialogo con gli stakeholder, sia sul piano sociale che ambientale). Per ora siamo fermi qui. >Ma forse questo è anche il momento storico in cui dobbiamo cominciare a >pensare e praticare un modo di fare impresa SENZA profitto >Non sarebbe il caso di partire da li invece di lambiccarsi inutilmente >con la speranza di poter riformare il capitalismo in termini "etici"? Sto ancora leggendo "Sobrieta" di Francuccio che ho iniziato solo ieri. Ricordo nitidamente come al corso a Vecchiano su "come ricominciare da li'", il cammino appariva bello ma ancora molto molto confuso. Vedro' se in questo libro ha costruito la strada. Personalmente, mi sto sforzando di premiare anche le INIZIATIVE VOLONTARIE. Sono stata tre mesi dentro COOP a studiare l'SA8000. E pensavo dentro di me al seguente dubbio che a questo punto vi giro: Pensa te che beffa sarebbe se: un'impresa inizia a fare alcune iniziative per rivoluzionare la propria economia, contro corrente, magari in perdita, magari sperando di avere degli interessi prima o poi, premiata dai Consumatori critici. E i Consumatori critici, gli unici che potrebbero veramente rendersene conto, che fanno? Alcuni dicono: "be', io preferisco il contadino locale, preferisco la piccola cooperativa sotto casa, perche' tu sei grossa, perche' tu comunque devi fare i soldi, perche' di te comunque non mi fido." Dove sta dunque il reciproco impegno qualora qualcuno si immette sulle iniziative volontarie? Se un'impresa cerca di cambiare, su chi puo' veramente contare? Diciamo che e' da tempo che vlevo discutere su questo in lista RES. Gia' piu' volte Saroldi ha cercato di farmi entrare nella zucca il concetto che impresa profit e' male per definizione (che ne e' dei perdenti nella competizione, ecc). Ma io c'ho la zucca dura e vivo nel 2005. Riprovate, magari questa volta entra :). Un saluto affettuoso nicoletta
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