Fiera di Bologna, MARCA: LA GDO CI TENTA



Si è svolta a Bologna una fiera denominata "MARCA" promossa dalle più
importanti insegne della GDO italiana ed europea (Coop, Conad, Auchan,
Metro, Despar, Carrefour etc.) modesta nell'esposizione ma molto ambiziosa
nelle finalità. All'estero queste fiere delle "Labels" private sono
frequenti, in italia questa è stata la prima, vediamo di capire cosa c'è
dietro aprendo un ragionamento con il contributo di Guglielmo di
AltrAgricoltura Nord Est che ci ha inviato questo contributo a caldo.
a cura di AltrAgricoltura Nord Est
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Marca e prezzi guidano gli acquisti dei consumatori e nel carrello della
spesa ora trovano più spazio i prodotti - servizi di nuova generazione. La
GDO tenta di mettere i piedi sul piatto.

Il  mercato alimentare italiano registra il consolidamento di un consumatore
sempre più attento alla funzione del prodotto che compera, seleziona gli
acquisti, fa meno scorte alimentari e spreca di meno.
Sotto la pressione di una crisi di reddito, larghissima parte dei
consumatori ha sviluppato una crescente attenzione al fattore prezzo,
eliminando gli equilibri degli ultimi decenni e dando nuova spinta al
processo di crescita della GDO a scapito del piccoli esercizi ma nel
contempo premiando di molto la distribuzione a bassa strutturazione (i
discount) a danno  delle grandi insegne.
Ad ottobre scorso il calo tendenziale delle vendite nei piccoli esercizi è
stato pari a
- 3,8%, rispetto al - 2,1% della Gdo.

L'ultima Indagine Doxa-Federalimentare indicava, infatti, già a metà anno
2004, spostamenti importanti nei criteri di scelta del consumatore.
Dopo la "marca" il fattore "prezzo" è salito al secondo posto, con il 36% di
share. (dal terzo posto che occupava nei mesi precedenti).
Fra i criteri di scelta dei prodotti, il prezzo ha scavalcato così la "data
di scadenza", che si è fermata al 30%, dopo essere salita al 37% nel biennio
precedente.
Sono "segnali" che, molto probabilmente, sono divenuti ancora più marcati
negli ultimi mesi e che portano a focalizzare il problema centrale: la
capacità di acquisto del consumatore e la crisi complessiva di un sistema
che ha, alle spalle, tre anni consecutivi di stagnazione ed un biennio di
fenomeni inflazionistici anomali.
La crescita dell'importanza delle promozioni all'interno delle vendite della
Gdo è un altro segnale eloquente in questo senso.
Nel 2000 le promozioni rappresentavano il 18% e nel 2004 sono salite al 23%.

In questo quadro fluido e complesso è molto significativa le tenuta della "
marca".
L'indagine Doxa - Federalimentare ha dimostrato che la marca, anche nel
2004, rimane di gran lunga al primo posto tra i motivi di scelta degli
acquisti di prodotti alimentari, con il 44% di "share" da parte dei
consumatori attratti da qualità e affidabilità del produttore.
Così, i prodotti di marca rimangono attestati su due terzi circa delle
vendite totali del "grocery" contro l'11% delle "private label" e il 23%
circa di  marche minori.

Ma ci sono altri segnali di cambiamento. E' la stessa composizione del
fatturato dell'industria alimentare a indicarli.
Intanto, sui 105 miliardi di fatturato dell'industria alimentare, la
produzione "tradizionale" rappresenta ancora la quota preponderante, con
l'83% circa della produzione alimentare complessiva.
Vi appartiene la parte più "classica" (pasta, conserve, vini, olio, latte
eccetera), che copre il 66% circa della produzione alimentare totale. E ne
fa parte quella definibile come "tradizionale evoluto", pari al 17% circa
del totale come surgelati, sughi pronti e condimenti freschi.
A fianco della grande area del tradizionale, si affianca il patrimonio dei
"prodotti tipici", a denominazione protetta (circa il 9% del mercato), per
il quale il Paese vanta il primato nella Ue per numero di riconoscimenti.

Ma la novità nel carrello della spesa è un'altra.
E' il segmento dei "nuovi prodotti", che cresce a vista d'occhio e copre
ormai una fetta pari all'8 per cento.
Sono cibi e bevande dall'alto valore aggiunto e dall'elevato contenuto di
servizio che soddisfano le richieste dei consumatori dal punto di vista
della conservazione, della preparazione del cibo e da quello nutrizionale e
salutistico. Una rivoluzione,  inimmaginabile fino a pochi anni fa.
E' proprio su questo comparto che la grande distribuzione vuole e deve
mettere le mani con le proprie Label se vuole recuperare i volumi e i valori
che ha lasciato sul terreno negli ultimi anni.
La Gdo non può più accontentarsi con le proprie LABEL di sfilare dal
portafoglio dalle aziende agroindustriali e non (esempio il biologico) le
produzioni massali ad alto valore, come la carne, gli ortaggi e la frutta
come ha fatto in questi anni; per recuperare valore aggiunto e tenere in
piedi il "grande baraccone " deve cimentarsi su filiere produttive dei
cosiddetti prodotti innovativi ad alto contenuto di servizio.

In questo senso si deve leggere la fiera di Bologna del 27-28 Gennaio 2005,
MARCA PRIVATE LABEL CONFERENCE AND EXHIBITION
la prima manifestazione italiana dedicata al marchio privato e alla grande
distribuzione.
Si è trattato di  una fiera in cui le maggiori insegne italiane hanno
tentato di costruire una grande rete mediatica per rafforzare e legittimare
il loro ruolo  perverso di "capofiliera" da valle a monte dei processi
produttivi, coinvolgendo un parte della nostra agroindustria, sicuramente la
più debole.
Alla  GDO non basta più evidentemente di avere spostato su di essa la
maggior parte dei valori che i consumatori  pagano per il  prodotto  che
acquistano,  a danno del settore primario e agroindustriale,  adesso mira a
intercettare il maggior valore dato dall'innovazione sui prodotti stessi.
Il latte microfiltrato  della  Coop  ne è uno dei primi esempi. Per gli
agricoltori e i consumatori si tratta di una ennesima violenza economica ed
etica .
Violenza e danno economico perché queste iniziative sono indirizzate a
togliere  forza e risorse alle fasi onerose e multifunzionali dei processi
di produzione agricola  che da protagonista diventa semplicemente un
"Kopeker" e resta fondamentalmente ingannevole per i consumatori perché
toglie loro la scelta fra sistemi produttivi diversi  espressione delle
diverse marche.
Le associazioni dei consumatori restano stranamente e colpevolmente assenti
e  silenziose, ancor più lo sono le associazioni sindacali  sia agricole che
industriali  quasi come se la cosa non li riguardasse.
Si tratta invece di una svolta epocale nel panorama della nostra
agroindustria che avrà riflessi profondi nella nostra agricoltura e nella
nostra industria e sull'occupazione e nel modello alimentare nei prossimi
anni .

Le grandi multinazionali alimentari delocalizzate in Tailandia, in Brasile e
in Cina  sono pronte ormai da anni con un servizio lavorazione per conto e
marchio delle LABEL italiane ed europee.
Manca però alle insegne italiane  la legittimità agli occhi dei consumatori
e la fiera di Bologna della  settimana scorsa va compresa e spiegata  in
questo senso; c'è spazio per dire il nostro no, argomentare le nostri
ragioni, coinvolgere la società civile su questo grande tema  anche a questo
serve il tavolo della sovranità alimentare .
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