Olimpiadi Torino 2006, un logo poco etico





da Il manifesto 25/09/04

Olimpiadi, un logo poco etico
Finmeccanica sponsorizza i giochi invernali di Torino. Protestano
Legambiente e Rete Lilliput: produce armi da guerra, violata la carta
d'intenti
ORSOLA CASAGRANDE
TORINO
Sponsor etici per le Olimpiadi 2006 di Torino. Questa era stata la promessa.
Anzi, l'impegno sottoscritto dal Toroc (il comitato organizzatore) in una
carta di intenti, primo esempio del genere in una manifestazione sportiva.
Le promesse però sono state ben presto disattese. Sul sito delle Olimpiadi
invernali infatti è ben presto comparso il logo di Finmeccanica tra gli
sponsor ufficiali dell'evento che dovrebbe cambiare il volto di Torino.
Certamente cambierà quello delle montagne dove si svolgeranno le gare: sul
disastro ambientale le denunce di Legambiente (uno per tutti) si sprecano.
Così come le denunce della Fillea-Cgil sulle condizioni di lavoro (sarebbe
meglio dire di sfruttamento) nei cantieri olimpici. La scelta di accettare
Finmeccanica tra gli sponsor ufficiali, dunque, per le associazioni come
Legambiente o Rete Lilliput si inserisce in questo lungo elenco di promesse
non mantenute e di carte di intenti ignorate. Finmeccanica è una holding.
Molti dei suoi marchi sono legati all'industria bellica. La Carta olimpica,
nemmeno la carta di intenti redatta dal Toroc, è chiarissima sullo scopo
delle Olimpiadi: «Mettere ovunque lo sport al servizio armonioso dell'uomo,
incoraggiando la coesistenza pacifica e la salvaguardia della dignità fra
gli uomini. A tale riguardo, il movimento olimpico si impegna, da solo o in
collaborazione con altre organizzazioni e nei limiti dei propri mezzi, a
promuovere iniziative volte a favorire la pace».

Inserire chi costruisce carri armati, sistemi di puntamento ed elicotteri
non risponde decisamente allo spirito olimpico. E' d'accordo Rinaldo
Bontempi, presidente del Centro iniziativa per l'Europa, che del Toroc era
vicepresidente e che è stato tra i promotori della carta di intenti. «Non
appena ho saputo di Finmeccanica - dice - ho chiamato Valentino Castellani
(ex sindaco di Torino e presidente del Toroc, ndr) per fargli presente la
contraddizione». Alla preoccupazione di Bontempi, Castellani ha risposto
dicendo che soltanto i marchi civili della holding Finmeccanica sono stati
coinvolti come sponsor di Torino 2006. Secondo Legambiente la realtà è che
gli organizzatori delle Olimpiadi si trovano con l'acqua alla gola,
soprattutto per i problemi finanziari, e che quindi i 6 milioni di euro che
si dice Finmeccanica avrebbe sborsato non potevano essere rifiutati. «E'
vergognoso - dice Francesco Ferrante, direttore generale di Legambiente -
Una ipocrisia bella e buona. Con la mano sinistra si firma una carta di
intenti per cercare di rendere sostenibili anche dal punto di vista etico
queste olimpiadi invernali e con la destra si intascano i soldi di una
azienda che ha le armi nel suo core business».

Nella premessa della carta di intenti del Toroc si legge, tra le altre cose,
che «è fermo intento del comitato organizzatore far sì che i giochi olimpici
diventino sempre più un'occasione per educare alla pace, alla tolleranza,
alla giustizia, alla libertà, alla solidarietà e all'uguaglianza fra popoli
e individui». La presenza di Finmeccanica tra gli sponsor suona dunque
decisamente stonata. Legambiente contesta anche il fatto che «dopo essersi
vantati di voler promuovere l'eticità delle Olimpiadi 2006 si è velocemente
passati all'accettare anche soldi che vengono da produttori di armi».

Eppure la carta d'intenti è davvero un documento per molti versi
all'avanguardia. Si parla di tutela dei minori, di sostenibilità e ambiente,
di integrità e trasparenza. A riguardo di quest'ultimo punto la carta dice
che «va posta la massima attenzione alla gestione della grande mole di
lavori che fino al 2006 aumenterà l'occupazione in alcuni settori,
specialmente nell'edilizia, ed attirerà nel territorio numerose piccole e
medie imprese di ogni settore. Occorre vigilare - si legge ancora - sul
rischio che l'elevato giro d'affari possa stimolare la partecipazione di
persone ed imprese che agiscano nell'illegalità cercando di trarre ingiusto
profitto dalla manipolazione dei flussi occupazionali, fra i quali
l'immigrazione, spesso soggetta a discriminazioni, trattamenti illegali e
prevaricazioni». Eppure proprio questo è accaduto e accade in molti cantieri
olimpici. La Fillea ha denunciato (senza trovare risposte) la situazione di
diffusa illegalità nei cantieri. Dove il caporalato è una realtà nemmeno
troppo circoscritta così come il lavoro nero. E dove proprio i lavoratori
stranieri di cui si preoccupa la carta (che sono oltre il 50% degli occupati
nei cantieri olimpici) sono i più sfruttati.