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Olimpiadi Torino 2006, un logo poco etico
- Subject: Olimpiadi Torino 2006, un logo poco etico
- From: "Francesco Castracane" <fra.castracane at libero.it>
- Date: Fri, 8 Oct 2004 10:56:10 +0200
da Il manifesto 25/09/04 Olimpiadi, un logo poco etico Finmeccanica sponsorizza i giochi invernali di Torino. Protestano Legambiente e Rete Lilliput: produce armi da guerra, violata la carta d'intenti ORSOLA CASAGRANDE TORINO Sponsor etici per le Olimpiadi 2006 di Torino. Questa era stata la promessa. Anzi, l'impegno sottoscritto dal Toroc (il comitato organizzatore) in una carta di intenti, primo esempio del genere in una manifestazione sportiva. Le promesse però sono state ben presto disattese. Sul sito delle Olimpiadi invernali infatti è ben presto comparso il logo di Finmeccanica tra gli sponsor ufficiali dell'evento che dovrebbe cambiare il volto di Torino. Certamente cambierà quello delle montagne dove si svolgeranno le gare: sul disastro ambientale le denunce di Legambiente (uno per tutti) si sprecano. Così come le denunce della Fillea-Cgil sulle condizioni di lavoro (sarebbe meglio dire di sfruttamento) nei cantieri olimpici. La scelta di accettare Finmeccanica tra gli sponsor ufficiali, dunque, per le associazioni come Legambiente o Rete Lilliput si inserisce in questo lungo elenco di promesse non mantenute e di carte di intenti ignorate. Finmeccanica è una holding. Molti dei suoi marchi sono legati all'industria bellica. La Carta olimpica, nemmeno la carta di intenti redatta dal Toroc, è chiarissima sullo scopo delle Olimpiadi: «Mettere ovunque lo sport al servizio armonioso dell'uomo, incoraggiando la coesistenza pacifica e la salvaguardia della dignità fra gli uomini. A tale riguardo, il movimento olimpico si impegna, da solo o in collaborazione con altre organizzazioni e nei limiti dei propri mezzi, a promuovere iniziative volte a favorire la pace». Inserire chi costruisce carri armati, sistemi di puntamento ed elicotteri non risponde decisamente allo spirito olimpico. E' d'accordo Rinaldo Bontempi, presidente del Centro iniziativa per l'Europa, che del Toroc era vicepresidente e che è stato tra i promotori della carta di intenti. «Non appena ho saputo di Finmeccanica - dice - ho chiamato Valentino Castellani (ex sindaco di Torino e presidente del Toroc, ndr) per fargli presente la contraddizione». Alla preoccupazione di Bontempi, Castellani ha risposto dicendo che soltanto i marchi civili della holding Finmeccanica sono stati coinvolti come sponsor di Torino 2006. Secondo Legambiente la realtà è che gli organizzatori delle Olimpiadi si trovano con l'acqua alla gola, soprattutto per i problemi finanziari, e che quindi i 6 milioni di euro che si dice Finmeccanica avrebbe sborsato non potevano essere rifiutati. «E' vergognoso - dice Francesco Ferrante, direttore generale di Legambiente - Una ipocrisia bella e buona. Con la mano sinistra si firma una carta di intenti per cercare di rendere sostenibili anche dal punto di vista etico queste olimpiadi invernali e con la destra si intascano i soldi di una azienda che ha le armi nel suo core business». Nella premessa della carta di intenti del Toroc si legge, tra le altre cose, che «è fermo intento del comitato organizzatore far sì che i giochi olimpici diventino sempre più un'occasione per educare alla pace, alla tolleranza, alla giustizia, alla libertà, alla solidarietà e all'uguaglianza fra popoli e individui». La presenza di Finmeccanica tra gli sponsor suona dunque decisamente stonata. Legambiente contesta anche il fatto che «dopo essersi vantati di voler promuovere l'eticità delle Olimpiadi 2006 si è velocemente passati all'accettare anche soldi che vengono da produttori di armi». Eppure la carta d'intenti è davvero un documento per molti versi all'avanguardia. Si parla di tutela dei minori, di sostenibilità e ambiente, di integrità e trasparenza. A riguardo di quest'ultimo punto la carta dice che «va posta la massima attenzione alla gestione della grande mole di lavori che fino al 2006 aumenterà l'occupazione in alcuni settori, specialmente nell'edilizia, ed attirerà nel territorio numerose piccole e medie imprese di ogni settore. Occorre vigilare - si legge ancora - sul rischio che l'elevato giro d'affari possa stimolare la partecipazione di persone ed imprese che agiscano nell'illegalità cercando di trarre ingiusto profitto dalla manipolazione dei flussi occupazionali, fra i quali l'immigrazione, spesso soggetta a discriminazioni, trattamenti illegali e prevaricazioni». Eppure proprio questo è accaduto e accade in molti cantieri olimpici. La Fillea ha denunciato (senza trovare risposte) la situazione di diffusa illegalità nei cantieri. Dove il caporalato è una realtà nemmeno troppo circoscritta così come il lavoro nero. E dove proprio i lavoratori stranieri di cui si preoccupa la carta (che sono oltre il 50% degli occupati nei cantieri olimpici) sono i più sfruttati.
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