Sfogo di un coltivatore diretto





venerdì 3 settembre 2004
Corriere di Romagna Edizione di: CESENA


Politiche lungimiranti per salvare l'agricoltura

Riceviamo e pubblichiamo -La crisi dell'ortofrutta è entrata in un tunnel da
dove difficilmente se ne uscirà. In merito vorrei intervenire sia come
produttore peschicolo che come comune cittadino. Al verificarsi di un
problema in tanti, forse troppi, lo vorrebbero risolvere all'indomani, ma
poi dopo qualche tempo se ne dimenticano. Perché, ad esempio, il Comune di
Cesena, in occasione delle grandinate di luglio, in Consiglio ha votato all'
unanimità l'intenzione di promuovere interventi a favore delle zone colpite
e poi si è zittito? Perché subito non si è pensato di azzerare l'Ici sui
terreni interessati?Si parla spesso di superproduzioni, di concorrenza
estera, di contrastare il fenomeno con la qualità. Perché non si comincia a
parlare di superqualità, il che significa una serie di interventi
strutturali. Perché non cominciare con il togliere il calibro C dal mercato
e da metà luglio pure il calibro B, visto che dal punto di vista
organolettico gustativo sono decisamente molto scarsi? Ci sarebbe meno
produzione da vendere ma tanta più qualità. Perché non spiegare al
consumatore che quel che fa buona una pesca non è il colore ma il sapore?
Perché non richiedere una raccolta più scalare, portando ai mercati frutti
con grado brix elevato al posto di pesche col sapore di barbabietola?
Perché, vista la sovrapposizione (vera o presunta che sia), non si comincia,
come lo si fa già per uva, barbabietola, latte, ecc., a contingentare le
produzioni con vincoli precisi?Perché non si fa un elenco varietale adatto
ad ogni territorio (precoci in collina, tardive nella bassa, ecc.) per poi
eliminare nell'arco di tre, quattro anni le varietà non più ben
commerciabili? Siccome il governo vuole sopprimere l'Irap, perché, nel caso
accada, la Regione non trasforma quell'1,9‰ in fondo assicurativo per le
calamità come le grandinate e le gelate?Di altra natura invece è il discorso
del prodotto destinato all'industria di trasformazione. E' vero che il
prezzo lo determina il rapporto fra domanda e offerta, ma sicuramente nel c'
è un qualcosa che non funziona. Adesso si pagano pesche e nettarine 3/4
centesimi, nel 2003 si era arrivati anche a 20 centesimi. Marmellate o
succhi siano calati di prezzo? O pensate che calino tra poco? State
freschi.A questo punto perché, vista l'eresia del prezzo di quest'anno, i
coltivatori, le associazioni dei produttori e le cooperative, tutti insieme,
non si decide di lasciare il prodotto sulle piante o per terra? O non si può
fare perché si pesterebbero i piedi a qualcuno? Fra l'altro, il discorso del
prodotto per l'industria andrebbe affrontato diversamente. Forse in tanti
non lo sanno, ma all'industria vanno le pesche peggiori, anche raccolte da
terra. Pesche ancora molto verdi, pesche con il baco dentro e a volte anche
un po' marce. Quindi non fosse altro per una questione di igiene, anche se
il calore sterilizza, perché non impiantare varietà adatte all'industria,
raccolte sane sulla pianta, con buon grado zuccherino e naturalmente un
prezzo remunerativo (di 30-40 centesimi) stipulato per contratto come per le
barbabietole? La conseguenza sarebbe certamente il calo delle pesche
destinate al mercato fresco.Giorni fa ho letto un articolo su un giornale
che indicava nel 20 pere cento la diminuzione del prezzo alla produzione,
certi articoli non si possono scrivere sulla scrivania del proprio ufficio,
ma appoggiati magari sul cofano di un trattore in campagna, visto che la
diminuzione reale si aggira dal 75 all'80 per cento. Un'altra cosa che
vorrei sottolineare è la scarsa informazione di tutti i media, tv in
particolare. Vi ricordate i sette euro al chilo delle zucchine dell'anno
passato, furono ricordati forse decine e decine di volte; i 25 centesimi
delle pesche di quest'anno (alla produzione) quante volte?Dimenticavo forse
uno dei mali principali di questa crisi dell'ortofrutta. Visto il prezzo di
20-30 centesimi al produttore, visto il prezzo al dettaglio che va da 1 euro
fino a 2,5 euro e più, sicuramente c'è da ricercare quale sia la parte
marcia della filiera, o più probabilmente pensare alla solita massima: ci
sono persone che vogliono lavorare poco per guadagnare molto, a fronte di
tante altre che debbono lavorare molto per guadagnare poco.

Mauro Merloni coltivatore diretto









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