Benetton e Famiglia Cristiana



In arrivo dal Coordinamento Lombardo Nord/Sud del mondo.

Francesco Castracane

Allego una lettera che come Coordinamento Lombardo Nord/Sud del mondo
abbiamo scritto a Famiglia Cristiana che ha scelto Benetton come sponsor. Ci
trovate piu' o meno lo "stato dell'arte" di quello che sappiamo sull'azienda
veneta (anzi ci sarebbe da aggiungere una nuova pronuncia del Giuri'
dell'Istituto di autodisciplina pubbliciataria). Se vi fanno domande su
Benetton o sapete di qualche gruppo/ong che sta pensando di farsi finanziare
(non e' una cosa remota, Arci, ICS e Assopace l'hanno fatto), fate girare
questa lettera.
Ciao.
Ersilia

Coordinamento lombardo Nord/Sud del mondo
c/o ACLI settore pace/sviluppo/immigrazione
Via della Signora, 3 - 20123 Milano
tel.02/38002691- 02/26140345-fax 02/ 38002691 e mail: clnsm at bigfoot.com

Spett.le
FAMIGLIA CRISTIANA
Periodici San Paolo Srl
Via Giotto 36
20145 Milano

All'attenzione del direttore Don Antonio Sciortino
Ogg.: Benetton e il calendario 2004 di Famiglia Cristiana
Milano, 3.2.2004
Gentile Don Antonio Sciortino,
Come ogni anno, i nostri familiari abbonati a Famiglia Cristiana ci hanno
fatto dono del calendario allegato alla rivista, che troviamo utile e comodo
perché di piccolo formato.
Facciamo parte di un gruppo di consumo critico, Coordinamento Lombardo
Nord/Sud del mondo, e ci ha fatto dispiacere trovare quest'anno fra i
finanziatori dell'iniziativa editoriale, dedicata al tema della solidarietà,
un'azienda che sappiamo godere di una fama immeritata di impegno sociale,
che anche Famiglia Cristiana le riconosce, la Benetton Group.
Non c'è immagine patinata realizzata per una buona causa che possa
convincerci della buona fede dell'azienda di Treviso su temi quali la pace,
la lotta alla fame, la moralità, il rispetto delle comunità locali, della
cultura. Ecco perché:
-         Pace: non ci risulta sia mai stata smentita la notizia apparsa su
La Repubblica del 27 febbraio 2003 secondo cui la nave italiana "Strada
Gigante", che trasportava materiale bellico in Iraq per conto delle forze
armate britanniche in preparazione della guerra, sarebbe di proprietà di una
compagnia armatrice nella quale Benetton ha una partecipazione di oltre il
44%.
-         Lotta alla fame: la multinazionale veneta sarebbe di maggior aiuto
alla lotta contro la fame se, al posto di associare senza impegno il suo
nome al Programma alimentare della Fao, decidesse di corrispondere a chi
lavora per lei in ogni parte del mondo salari in linea con il costo della
vita. Dall'indagine: "Wearing thin: the state of pay in the fashion
industry, 2000-2001" condotta dall'organizzazione inglese Labour Behind the
Label (www.cleanclothes.org),  Benetton risulta essere, fra le aziende
censite, una delle meno attente alla questione salariale nei paesi di
delocalizzazione. Riferirsi costantemente ai minimi legali locali, come fa
Benetton, significa mantenere consapevolmente intere comunità al disotto
della soglia di povertà.
-         Moralità e valore sociale: volgarità a sfondo erotico sono il filo
conduttore di molte campagne Sisley, il marchio con cui Benetton, smessa la
maschera dell'agnello, veste la pelle del lupo. Il messaggio pubblicitario
di Sisley "Nothing to add" ha incontrato nel novembre 2002 la censura del
Giurì dell'Istituto dell'autodisciplina pubblicitaria, che vi ha ravvisato
la violazione degli art. 1 (lealtà pubblicitaria), 9 (violenza, volgarità,
indecenza), 10 (convinzioni morali, civili, religiose e dignità della
persona) e così si è espresso: "Il Giurì reputa che sia grave la
responsabilità di chi l'ha confezionata [la campagna pubblicitaria] e del
mezzo che l'ha diffusa: la pubblicità dei prodotti Sisley è davvero a senso
unico proprio in quanto è polarizzata su temi generalmente erotici che
producono un forte impatto soprattutto sul target giovanile al quale è
diretta. Su questo metodo, che viene applicato con perseveranza, in
dispregio di tutte le pronunce ormai numerose di questo medesimo organo
giudicante, il Giurì richiama l'attenzione dei mezzi [di comunicazione]
affinché interrompano una scelta metodologica di comunicazione così
esasperata e nociva".
Sul valore sociale delle campagne Benetton nutre forti dubbi anche il
Coordinamento italiano a sostegno di Rawa (associazione delle donne
afghane), che ha chiesto all'azienda di Treviso il ritiro delle immagini
delle donne afghane dalla campagna pubblicitaria "Food for life", lanciata
per il Programma alimentare mondiale, denunciando come foto e didascalie
veicolino informazioni false sull'emancipazione femminile sotto il nuovo
governo afghano.
-         Comunità locali: Benetton è proprietaria di 900 mila ettari di
terreno nella Patagonia argentina, acquistati a prezzi irrisori, dove alleva
greggi di pecore per la lana. Quei luoghi però non erano disabitati, ci
vivono infatti da sempre le comunità indigene mapuche, ora confinate in
riserve o costrette ad abbandonare le loro terre. Ogni tanto qualche
famiglia immiserita, ma decisa a sopravvivere, torna ad occupare un
fazzoletto di quella che solo fino a pochi anni fa era la sua terra. Il
risultato immediato è lo sgombero violento, come è accaduto nell'ottobre
2002 alla famiglia Nahuelquir-Curiñanco, a cui la polizia, intervenuta per
difendere i diritti di proprietà di Benetton, ha sequestrato i beni e fatto
demolire l'abitazione. La famiglia è stata denunciata dai Benetton per
usurpazione. Altri indigeni mapuche sono stati rinviati a giudizio per aver
partecipato a un blocco stradale nella tenuta della multinazionale con lo
scopo di attirare l'attenzione sulla loro condizione. Altre otto famiglie
sono attualmente in attesa di sgombero, la loro unica colpa è di vivere in
una località che lo stato del Chubut, d'accordo con l'impresa italiana,
vuole destinare a villaggio turistico lungo il tracciato di una antica linea
ferroviaria.  Le comunità locali denunciano inoltre la recinzione di terre e
lo sbarramento dei passaggi che conducono ai corsi d'acqua.
-         Cultura: sullo sfregio inferto al patrimonio artistico della città
di Monza, riferisce la rivista "Medioevo" ("Tesori perduti. In nome della
legge", di Filippo Cartosio, n. 6, 2002, p. 6): "Monza era deserta e
soffocata dalla canicola, il 23 agosto del 2000, quando la ditta che aveva
in appalto la costruzione del più grande negozio Benetton italiano sbriciolò
a colpi di martello pneumatico la Casa della Luna Rossa, l'edificio ritenuto
più antico di Monza, che sorgeva nel cuore del centro storico, in via
Lambro. Il suo nome era dovuto alla presenza su una trave di un fregio con
la luna rossa, simbolo dell'antica Modoetia Longobarda, la città di
Teodolinda. Unica colpa del cadente manufatto quattrocentesco (con alcuni
muri del Trecento rivelati proprio dalla demolizione) era quella di trovarsi
eccessivamente a ridosso del cantiere di Benetton. L'azienda tessile veneta
aveva infatti acquistato tutta l'area, compresa la storica casa "a sporto"
abbandonata da 25 anni. La demolizione venne spiegata, a cose fatte, come
"intervento urgente di smontaggio per preservare l'intero edificio dal
crollo". Secondo Benetton, infatti, le vibrazioni avrebbero prodotto crepe
tali da giustificare l'immediato intervento "conservativo". In realtà
distruttivo, come poterono constatare il giorno dopo sindaco, assessori,
conservatore del duomo e giornalisti, nonché decine di monzesi sconcertati".
E' certamente colpa delle istituzioni pubbliche non aver posto sotto tutela
un edificio di valore storico, ma è altrettanto vero che laddove c'è sete di
profitto senso civico e coscienza storica diventano zavorra inutile. Lo
dimostrano, oltre al caso specifico, le tante presenze deturpanti di grandi
negozi e megastore nelle più  belle piazze d'Italia (vedi per esempio il
contestato negozio Benetton alla Fontana di Trevi).
Vorremmo infine ricordare che nel 2002 il gruppo Benetton è stato oggetto di
una campagna di boicottaggio da parte del Coordinamento Valdostano Contro il
Ritorno dei TIR che imputava all'azienda, azionista di riferimento della
Società Italiana Traforo Monte Bianco attraverso la finanziaria Edizione
Holding, di aver esercitato un'azione di pressione nei confronti dei governi
italiano e francese che avrebbe avuto il risultato di raddoppiare il
passaggio di mezzi pesanti attraverso il tunnel, dopo la riapertura del
traforo chiuso in seguito al grave incidente causato da un camion, contro la
volontà delle popolazioni locali.
Ci dispiace continuare a vedere aziende come Benetton Group menzionate in
qualità di partner finanziatori di iniziative editoriali come quella di
Famiglia Cristiana in virtù di non meglio definiti meriti sociali,
nonostante le denunce pubbliche, ampiamente note e facilmente disponibili,
che dimostrano il contrario, o che comunque segnalano zone d'ombra che
sarebbe consigliabile approfondire. La scelta di un'azienda sponsor per una
rivista che si rivolge alle famiglie non è un fatto banale in quanto
equivale a un invito, sia pure indiretto, ai propri lettori ad accordare
fiducia a una certa marca per i propri acquisti. Ci auguriamo di aver dato
un contributo affinché il prossimo anno Famiglia Cristiana possa compiere
scelte di partnership economica differenti.
Cordiali saluti.
p. Coordinamento Lombardo Nord/Sud del mondo
Ersilia Monti
Amalia Navoni