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I: attentato ai militari italiani: perché chiediamo il ritiro
- Subject: I: attentato ai militari italiani: perché chiediamo il ritiro
- From: "Gabriele" <gabrizap at tiscali.it>
- Date: Thu, 13 Nov 2003 21:26:08 +0100
----- Original Message ----- From: Alessandro Marescotti <a.marescotti at peacelink.it> To: <pace at peacelink.it>; <news at peacelink.it> Sent: Wednesday, November 12, 2003 4:19 PM Subject: attentato ai militari italiani: perché chiediamo il ritiro > Dopo il gravissimo attentato ai militari italiani in Iraq ecco qualche > valutazione di massima. > > > 1) OCCUPAZIONE. Per quanto i militari italiani abbiano tentato di svolgere > un'azione dal profilo umanitaro, essa era - come è noto - collocata nel > mezzo di una occupazione militare Usa a seguito di una guerra illegale e > condannata da gran parte dell'opinione pubblica mondiale e nazionale. > > 2) RISCHI. Il movimento per la pace ha lottato fino all'ultimo per > scongiurare l'intervento armato in Iraq. Non abbiamo condiviso l'intervento > italiano dopo l'occupazione. E non solo perché ritenevamemo profondamente > sbagliata la guerra ma anche perché eravamo consapevoli degli enormi rischi > a cui venivano esposti i militari italiani. I rischi della missione > militare italiana era talmente alti che nazioni come la Francia o la > Germania non avevano mandato neanche un militare. > > 3) FAMILIARI. Ci batteremo per il loro ritiro dando voce e sostegno alle > legittime preoccupazioni delle loro famiglie. > > 4) PARLAMENTARI. I parlamentari favorevoli a prolungare questo tipo di > missione militare italiana diano prova di coerenza costituendo una > delegazione permanente presso i corpi militari in prima linea e andando a > staffetta in Iraq a verificare i livelli di sicurezza. > > 5) EROISMO. Il giorno 24 settembre 2003 sul sito di PeaceLink avevamo > pubblicato un editoriale in cui scrivevamo: "Martino riformato, Bossi > esonerato, Berlusconi congedato dopo il Car. Alcune informazioni sulla > carriera militare di chi vuole mantenere i soldati italiani in Iraq a > rischio della loro vita". Riportavamo informazioni tratte dal Corriere > della Sera (del 7/11/2001). Che cosa diceva il Corriere? Il ministro della > Difesa Antonio Martino a suo tempo non ha fatto il militare: fu riformato > per "ridotte attitudini militari". Il presidente del Consiglio Silvio > Berlusconi ha fatto solo pochi giorni di Car (Centro addestramento reclute) > e poi è ritornato a casa: non ha avuto neanche il tempo per scattarsi una > foto col fucile in mano da inserire nella sua biografia illustrata, quella > distribuita a tutti gli italiani per le elezioni. Il ministro Umberto Bossi > invece era "nipote di inabile" e ha saputo sfruttare una vecchia leggina. > Queste informazioni parlano da sole e sono un eloquente commento circa la > buona fede di ogni appello all'eroismo che dovesse provenire dai suddetti > esponenti di governo al fine di mantenere in Iraq i militari italiani. > > 6) ONU. Occorre che l'Onu - anche su spinta dell'Europa - approvi una > risoluzione che sancisca la fine dell'illegittima occupazione militare Usa > e il pieno passaggio in tempi rapidi della sovranità nelle mani del popolo > iracheno, coadiuvati da caschi blu che non appartengano ad alcuna nazione > che abbia partecipato all'attuale guerra. > > 7) TERRORISMO. Questa è forse l'unica strada ragionevole e realistica da > percorrere per contenere il terrorismo, isolarlo all'interno della stessa > società irachena e costruire una prospettiva nuova per la regione. > > 8) INCATTIVIMENTO. Insistere ancora nell'occupazione Usa è catastrofico. Il > ritiro dei militari italiani costituirebbe una forte spinta anche al > disimpegno Usa. Eviteremo sia ai soldati americani sia ai civili iracheni > nuove sofferenze. Al contrario si assisterà ad un inutile incattivimento in > questa guerra che gli Usa hanno ormai perso. > > Alessandro Marescotti - PeaceLink > > >
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