Pampers, UNICEF e pannolini



-- Messaggio originale --
From: "Alberto Atzori" <a.atzori at unicef.it>
To: <tessclaudia at virgilio.it>
Cc: "Donatori" <donatori at unicef.it>
Subject: Pampers, UNICEF e pannolini
Date: Tue, 29 Apr 2003 13:08:09 +0200


Gentile signora Tessaro,

rispondiamo alla Sua e-mail dell'11 aprile con un ritardo dovuto, come
potrà immaginare, alle urgenze imposte dall'emergenza umanitaria in Iraq.

Abbiamo letto con attenzione la Sua lettera, contenente informazioni
peraltro in larga parte già in nostro possesso. L'UNICEF presta molta
attenzione al dibattito sugli aspetti etici del consumo e alle elaborazioni
dei movimenti ambientalisti e consumeristici italiani e stranieri, che
possono contribuire fattivamente a influenzare in senso positivo la
globalizzazione in atto.

Nello specifico, dobbiamo farle presente che l'UNICEF non promuove l'uso
del pannolino usa e getta. I nostri kit igienici, distribuiti soprattutto
nelle situazioni di emergenza (come accade attualmente in Iraq, Afghanistan
e in numerosi altri paesi) contengono esclusivamente pannolini (diapers o
napples) lavabili, al 100% in cotone, misura standard 70x70. Inoltre, nei
suoi programmi di educazione igienico-sanitaria per le comunità nei Paesi
in via di sviluppo l'UNICEF promuove l'emancipazione dal pannolino non
appena il bambino inizia a camminare, per rendere più agevole ed
economicamente meno onerosa l'attività materna/paterna. Da un punto di
vista pratico ed ecologico, infatti, anche il pannolino riutilizzabile ha
un impatto non indifferente in realtà in cui è difficoltoso procurarsi
l'acqua (e la legna o il carbone per riscaldarla) per lavare adeguatamente
il pannolino usato.

Naturalmente il Suo messaggio spazia ben oltre questo tema, ma in questa
sede non abbiamo modo di diffonderci su ognuno dei punti, assai importanti,
da Lei sollevati. Teniamo tuttavia a sottolineare che le nostre partnership
con il mondo delle imprese fanno parte di una strategia di coinvolgimento e
raccolta fondi che l'UNICEF persegue sia per ovvie ragioni concrete (a
differenza di quasi tutte le altre agenzie ONU, non abbiamo diritto a fondi
obbligatori di natura governativa, quindi dobbiamo garantire i progetti
tramite la continua ricerca di fonti di finanziamento presso cittadini,
governi, aziende e associazioni) sia per un disegno di ben più ampio
respiro, ispirato al Global Compact (Patto globale) lanciato in questi anni
da Kofi Annan e dall'ONU. L'obiettivo che ci si pone oggi è di convincere
le imprese ad assumere responsabilità e oneri nella risoluzione dei
problemi globali, andando oltre certe prese di posizione e semplificazioni
ideologiche che, di fatto, finiscono per avere come unico effetto la loro
astensione dai propri doveri nei confronti della società.

Ciò non significa rinunciare a monitorare, criticare e condannare i
comportamenti lesivi dei diritti umani, sindacali e ambientali nel mondo
della produzione e della commercializzazione di beni e servizi, attività
che l'UNICEF conduce da sempre mediante suoi parametri. Ad esempio,
l'UNICEF continua a mantenere un atteggiamento di condanna nei confronti
delle multinazionali che violano il Codice internazionale sul latte in
polvere, che sfruttano illegalmente la manodopera minorile, che trafficano
in armi, tabacco o alcoolici, ecc.

Naturalmente, possiamo non trovarci tutti d'accordo sulla larghezza di tali
parametri: per noi, ad esempio, la circostanza da Lei citata riguardo il
sostegno della Procter & Gamble alla campagna elettorale di George W. Bush
non costituisce elemento rilevante nella scelta di attivare o meno una
partnership che permetterà all'UNICEF di salvare migliaia di vite di
bambini grazie al potenziamento dei Centri nutrizionali terapeutici in
Repubblica Democratica del Congo. Ciò perché quella valutazione è di natura
puramente politica (e dunque di per sé opinabile, al di là della
oggettività che ciascuno di noi tende ad attribuire alle proprie
convinzioni), e non si traduce direttamente in effetti negativi sulla
salute e sui diritti dei bambini.

Diverso è il discorso se si considera negativo qualsiasi legame con
qualunque soggetto dell'economia mondializzata. In questo caso, tutte le
organizzazioni umanitarie e di sviluppo (quelle dell'ONU come quelle non
governative, incluse quelle note per l'orientamento politicamente
"aggressivo") incorrerebbero a pieno titolo nel suo malevolo augurio di
"una pessima raccolta fondi consumistica", dato che tutte fanno ampio
ricorso alle partnership commerciali e al cause-related marketing con
grandi imprese o con la grande distribuzione.

E' ovvio che la ricerca di un maggiore coinvolgimento delle imprese implica
anche il tentativo di influire positivamente su certi comportamenti che
esse pongono in essere, al fine di evitare che tutto si risolva in un
"lavaggio automatico" dell'immagine (più che della coscienza). L'obiettivo
dell'UNICEF e delle Nazioni Unite è di porre le fondamenta per un mondo più
equo e solidale: in questa azione contiamo di avere al nostro fianco
soprattutto coloro che desiderano lavorare per i medesimi obiettivi -
movimenti, associazioni, sindacati, individui. L'unica alternativa che
scorgiamo è quella di un mondo dominato dall'arbitrio del più forte, si
tratti di Stati o multinazionali, e un progressivo scadimento della
cooperazione allo sviluppo a mero "rattoppamento" di situazioni di
emergenza, di corpi mutilati e di macerie da ricostruire.

Con la speranza di avere almeno in parte risposto alla Sua richiesta di
informazioni, La saluto cordialmente


Alberto Atzori
Direzione Attività Culturali e di Comunicazione
Comitato Italiano per l'UNICEF
Via V.E.Orlando, 83
00185 - Roma
Tel. ++39 (0)6 47809211
Fax ++39 (0)6 47809270
email: a.atzori at unicef.it
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