Bambini lavoratori: intervento di Tiziana Valpiana



Vi invio un intervento di Tiziana Valpiana. Saluti Alessia Berardinelli.

"Da 3 settimane una nave fantasma -noleggiata da un misterioso 'uomo
d'affari'- con 250 bambini schiavi a bordo viaggia nel Golfo di Guinea:
dovrebbe essere questo a mio avviso il tema centrale, forse unico, di una
campagna elettorale troppo urlata e rissosa su temi francamente irrilevanti
e di piccolo cabotaggio. ..."




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Da 3 settimane una nave fantasma -noleggiata da un misterioso 'uomo
d'affari'- con 250 bambini schiavi a bordo viaggia nel Golfo di Guinea:
dovrebbe essere questo a mio avviso il tema centrale, forse unico, di una
campagna elettorale troppo urlata e rissosa su temi francamente irrilevanti
e di piccolo cabotaggio.
L'unica domanda degli elettori, l'unico programma elettorale delle forze
politiche dovrebbe essere in quale modo salvare quei bambini, quali
politiche, quali scelte economiche intendono praticare per cancellare dal
mondo -dal mondo del terzo millennio!- la schiavitù.
Ma l'imbarbarimento quotidiano del nostro vivere civile ci ha forse ormai
assuefatti anche a notizie terribili e inaccettabili come questa, relegata
in poche righe su quotidiani che straripano invece di pezzi di colore sulle
gite 'fuori porta' di Pasquetta e sull'ingente e consueto consumo di uova
di Pasqua, incuranti del fatto che, per procurarci quel cacao, bambini di
nemmeno 10 anni vengano venduti dalle loro misere famiglie del Benin e
degli altri Paesi dell'Africa Centro-Occidentale per 15 dollari, rivenduti
ai trafficanti del Gabon, della Costa d'Avorio, del Camerun per 350 per
essere costretti a lavorare in schiavitù per 12-15 ore al giorno nelle
piantagioni di cacao e canna da zucchero.
Si fa presto a commuoversi (sinceramente questa volta, forse perché si
tratta di bimbi neri così lontani da noi, mi sembra non lo si faccia poi
nemmeno molto!) davanti a notizie come questa, così come unanime era stata
nel '95 l'indignazione di fronte all'assassinio da parte della 'mafia dei
tappeti' di Iqbal Mashi, piccolo lavoratore pakistano che 'da grande'
avrebbe voluto fare l'avvocato per difendere i milioni di bambini che in
tutto il mondo lavorano in condizioni di schiavitù e che con il suo 'Fronte
di liberazione dal Lavoro Minorile Forzato' era riuscito a far chiudere
decine di fabbriche di tappeti.
Iqbal, proprio come i bambini del Benin destinati a lavorare per produrre
per noi ricchi il cioccolato, era stato venduto dai genitori a quattro anni
e legato per sei anni al telaio a tessere quei tappeti che, proprio perché
annodati da dita bambine, maggiormente ricerchiamo, paghiamo, utilizziamo
per rendere più lussuose le nostre case...
All'indomani del suo assassinio mille voci sdegnate si erano levate
proclamando i diritti dei bambini e l'impegno a stroncarne la schiavitù e
il Parlamento, che dovrebbe fare fatti non proclami, si era impegnato a
fare una legge.  Rifondazione Comunista aveva proposto la costituzione di
un Comitato di sorveglianza per la certificazione di conformità delle
aziende alle convenzioni internazionali, una sorta di marchio doc il cui
criterio fosse la  qualità del lavoro, sottoponendole a monitoraggi
indipendenti per garantire il rispetto dei diritti fondamentali dei
lavoratori e salari ovunque sufficienti a coprire il costo della vita degli
operai adulti e delle loro famiglie. Il Parlamento si era invece orientato
su un'altra strada, adottando una norma basata sulla volontarietà delle
imprese e sul senso di responsabilità dei consumatori, proponendo un
'marchio sociale volontario' che le aziende avrebbero potuto apporre sui
propri prodotti che escludano con sicurezza ogni forma di lavoro minorile.
Un'impostazione che non avrebbe fatto uscire un solo bambino dalla
schiavitù, perché è evidente che solo le aziende che già oggi non
utilizzano lavoro minorile avrebbero chiesto il marchio volontario, ma che
avrebbe almeno messo in grado quei consumatori che non vogliono essere
complici, di scegliere beni per la cui produzione non è stato impiegato
lavoro di bambini. Pur valutando criticamente l'impostazione 'blanda' del
provvedimento, privo di cogenza per la previsione del marchio su base
volontaria, ma considerandolo un primo piccolissimo e incerto passo sulla
strada giusta, negli ultimi giorni della legislatura, dopo un lungo iter
parlamentare al Senato e nelle Commissioni della Camera in cui era stato
possibile l'apporto di tutti, ci apprestavamo a votare a favore di una
norma che tutte le forze politiche in teoria si erano dette d'accordo ad
approvare, quando il Polo, presentando centinaia di emendamenti, ne ha
dichiarato la fine per l'impossibilità concreta di analizzarli prima dello
scioglimento delle Camere.
L'odissea disperata dei bambini del Benin e l'infanzia rubata di milioni di
loro coetanei nei Sud del mondo non sono una maledizione divina, ma il
frutto diretto di comportamenti e di scelte politiche a favore di un
capitalismo che divora umanità e natura.
I processi di modernizzazione del capitalismo, la competitività totale
delle merci e delle politiche neoliberiste, la globalizzazione dei mercati
hanno portato una sempre più profonda la povertà, peggiorando le condizioni
di vita dei più poveri e aumentandone il numero: nel XVIII secolo il
divario fra paesi ricchi e poveri era di 2 a 1, nel 1965 di 30 a 1, ora di
70 a 1 (fonte UNDP -Agenzia delle Nazioni Unite per lo sviluppo-). E noi
ogni giorno, anche comprando una maglietta o un tappeto, facendo benzina,
acquistando la macchina, il caffè o il cioccolato (tanto più dopo che un
voto del Parlamento Europeo ha autorizzato l'uso di una minore percentuale
di cacao, impoverendo ulteriormente il mercato e 'spingendo' alla ricerca
di manodopera sempre più a basso costo) , 'votiamo' a favore di questo
sistema di sfruttamento e di dominio, ci comportiamo come pedine complici
di un sistema che segue una sola logica, quella del profitto, e una sola
regola, quella del capitale, in cui il lavoratore -adulto o bambino- non è
che un'insignificante variabile. Se davvero intendiamo opporci allo stato
di cose presente e lottare contro un  'modello di sviluppo' in cui la
situazione di sfruttamento diviene sempre più drammatica, come ci
testimoniano gli ignari bambini del Benin e le loro famiglie, la commozione
ipocrita, l'indignazione inefficace e la denuncia di bandiera vanno
accompagnate da un impegno in prima persona contro chi in nome del profitto
è disposto a passare su qualsiasi valore. Altrimenti domani, quando
finalmente la squallida e avvilente vicenda di questi schiavi bambini
terminerà in qualche porto e potremo finalmente conoscere i loro squallidi
trafficanti, potremmo scoprire che il loro volto spregevole è quello di
ognuno di noi.




On. Tiziana Valpiana




15.4. 2001 Pasqua di Resurrezione