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rassegna stampa: ESSELUNGA, SI MUOVE BANCA INTESA



a cura di ALtrAgricoltura Nord Est
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tratto da "Corriere della sera" - 2 dicembre 2004"
ESSELUNGA, SI MUOVE BANCA INTESA
Vertice con Caprotti. I timori di Palazzo Chigi sulla grande distribuzione
Esselunga, Coin, la parte non alimentare della Rinascente: quel che resta
della grande distribuzione, se si esclude Coop Italia, è in vendita e a
comprare si stanno candidando gli stranieri, ai quali sono già state cedute
le reti Standa, Giesse e la parte alimentare di Rinascente.
Al momento, Esselunga è la catena che sembra destinata a passare di mano con
maggior rapidità.
Si tratta di un gruppo con 118 punti di vendita e 13.500 dipendenti in grado
di fatturare 4 miliardi.
Con un basso indebitamento, Esselunga realizza 330 milioni di margine
operativo lordo e 120 di utile nell'esercizio 2003.
Le sue origini risalgono al 1957 quando venne fondata la Supermarkets
Italiani da Nelson Rockefeller assieme alle famiglie Brunelli, Caprotti e
Crespi.
Ora l'intero capitale è controllato da Bernardo Caprotti, che, a 82 anni,
appare sempre più propenso a vendere per garantire un futuro all'azienda
anche fuori dalla cerchia familiare.
Il prezzo atteso non è stato reso noto, ma le valutazioni degli esperti
oscillano tra i 3 e i 4 miliardi di euro. Tra i possibili acquirenti si è
fatto il nome del colosso americano Wal Mart.

La prospettiva preoccupa il governo, perché una parte molto rilevante del
made in Italy è fatta di generi alimentari e di prodotti per la casa e la
persona, merci tipiche dei supermercati.
Silvio Berlusconi conosce bene Caprotti, che, fra l'altro, ha sostenuto fin
dall'inizio Forza Italia.
Ma soprattutto, da ex proprietario della Standa, il premier sa bene quanto
la piccola e media impresa fornitrice rischi di essere penalizzata dalle
politiche di acquisto decise oltre frontiera, in particolare dai francesi di
Carrefour e Auchan, già largamente presenti lungo la penisola.

Risolvere il problema non è facile. In Italia, la grande distribuzione non è
mai riuscita a raggiungere dimensioni internazionali un po' a causa della
protezione concessa dai governi e dagli enti locali ai piccoli negozi, che
assicurano un importante serbatoio di consensi elettorali e un tratto
caratteristico delle comunità urbane, specialmente nei centri storici, e un
po' perché la grande distribuzione non ha avuto proprietà all'altezza della
sfida. In particolare, i gruppi maggiori sono stati considerati un mero
investimento di diversificazione da parte di grandi gruppi industriali come
Fiat, Ferruzzi, Benetton o Fininvest che avevano altre priorità.

Evitare il passaggio in mani estere di Esselunga e delle altre grandi
imprese del settore, pertanto, comporta non soltanto il reperimento delle
risorse necessarie a pagare le attuali proprietà venditrici, ma anche la
costruzione di nuovi modelli di gestione e di sviluppo.
In questo quadro, sul fronte Esselunga, si è mossa Banca Intesa.
L'amministratore delegato, Corrado Passera, avrebbe manifestato a Bernardo
Caprotti la disponibilità della maggior banca italiana a scendere in campo
nel caso arrivasse davvero alla vendita.
Tra le ipotesi illustrate anche a Palazzo Chigi si sta facendo strada sempre
di più l'idea di scorporare gli immobili dall'azienda commerciale.
Caprotti potrebbe spuntare tra i 2 e i 3 miliardi per l'azienda, mentre gli
immobili potrebbero essere ceduti per un valore di poco più di un miliardo.
Per l'azienda Intesa dovrebbe costruire una soluzione, anche attraverso un
investimento diretto e con il contributo di altri investitori tra i quali,
si dice, il fondo di private equity Clessidra, guidato da Claudio Sposito.
Gli immobili, invece, potrebbero andare a operatori del settore o forse
anche alla stessa famiglia Caprotti che avrebbe un miliardo e più di euro in
condizione di rendere più o meno il 7%, perché questi sono gli affitti di
ipermercati e supermercati.

La soluzione dell'emergenza Esselunga, tuttavia, sarebbe solo un primo passo
verso la costruzione di un operatore nazionale capace di tenere testa alla
concorrenza internazionale.
Per avere la dimensione adeguata, probabilmente, bisognerà integrare altre
catene private di media dimensione oppure arrivare al matrimonio con Coop
Italia, che rimane pur sempre il primo gruppo del Paese.
Ma questi saranno i problemi del dopodomani.
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