[Date Prev][Date Next][Thread Prev][Thread Next][Date Index][Thread Index]
rassegna stampa: Decreto COESISTENZA, AIAB: O SI MODIFICA IL DECRETO O L'AGRICOLTURA BIOLOGICA RISCHIA DI SCOMPARIRE
- Subject: rassegna stampa: Decreto COESISTENZA, AIAB: O SI MODIFICA IL DECRETO O L'AGRICOLTURA BIOLOGICA RISCHIA DI SCOMPARIRE
- From: "Altragricoltura" <altragrico at italytrading.com>
- Date: Fri, 10 Dec 2004 17:24:28 +0100
a cura di AltrAgricoltura Nord Est
-----------------------------------
tratto da "Bioagricoltura Notizie" - 10/12/04
Decreto COESISTENZA, AIAB: O SI MODIFICA IL DECRETO O L'AGRICOLTURA
BIOLOGICA RISCHIA DI SCOMPARIRE
"Se non verranno apportate drastiche modifiche al Decreto legge sulla
coesistenza si rischia di far scomparire l'agricoltura biologica e di
mandare in crisi un settore che nel suo complesso ha più occupati della
FIAT." E' questo, in estrema sintesi, l'allarme di AIAB, Associazione
Italiana Agricoltura biologica, lanciato oggi nel corso dell'audizione per l
'esame del decreto legge sulla coesistenza tra colture transgeniche,
convenzionali e biologiche presso la Commissione agricoltura della Camera.
"Stiamo parlando di un settore economico di rilievo nella produzione di
qualità dell'agroalimentare italiano", prosegue Andrea Ferrante,
vicepresidente di AIAB, "con grandi margini di crescita, a meno che non
venga stroncato da decisioni che gli impedirebbero non la coesistenza ma
addirittura l'esistenza stessa. L'agricoltura biologica non può e non vuole
utilizzare OGM ed i consumatori quando acquistano un prodotto da agricoltura
biologica si aspettano di non trovare OGM. Quello che abbiamo ottenuto con i
pesticidi, ossia la totale assenza nei prodotti bio, dobbiamo essere in
grado di garantirlo anche per gli OGM. Ma con questo decreto, così come
impostato, è impossibile. Per AIAB, il decreto è lacunoso in termini di
coesistenza tra colture, di sanzioni per chi non rispetta la legge e per il
riferimento riferimento alla Raccomandazione della Commissione di luglio
2003 che di fatto vuole di fatto equiparare il prodotto da agricoltura
biologica a quello convenzionale rispetto all'etichettatura, ammettendo di
fatto la contaminazione del prodotto finale fino alla soglia dello 0,9. Chi
fosse interessato può leggere l'intervento tenuto durante l'audizione alla
Commissione Agricoltura della Camera di Andrea Ferrante, vicepresidente dell
'AIAB. (AIAB)
------------
DEFINIZIONE DI AGRICOLTURA BIOLOGICA E RUOLO DELLE AZIENDE AGRICOLE
BIOLOGICHE
L'agricoltura biologica è un modello di sviluppo sostenibile per le campagne
italiane, che affonda le sue radici nel metodo di produzione biologico, a
sua volta basato sui principi di salvaguardia e valorizzazione delle
risorse, rispetto dell'ambiente, del benessere animale e della salute di chi
consuma. Un modello, quindi, capace di indirizzare in senso ecologico i
comportamenti degli operatori e dei cittadini e, in particolare, il loro
approccio al metodo di produzione e al consumo.
L'agricoltura biologica rimette al centro delle decisioni aziendali il
produttore, cui è affidata la gestione del territorio in un compito che
esalta il ruolo di utilità sociale dell'azienda agricola e integra quello di
operatore economico. Per questa ragione l'agricoltore deve poter percepire
un giusto reddito ed ottenere il riconoscimento, attribuito dalla
collettività, per un'attività che ha un forte legame positivo con il
territorio e che rispetta le chiare regole sancite dalle norme del metodo di
produzione biologico.
L'agricoltura biologica garantisce l'affermazione della sovranità
alimentare, restituendo un ruolo decisionale alle comunità locali che
individuano in questo metodo il modello agro-ecologico volto a garantire il
proprio diritto ad esercitare il controllo sulle proprie risorse, per
un'alimentazione sana ed equa per tutti.
L'agricoltura biologica, in quanto modello di sviluppo sostenibile, non
riguarda solo la produzione alimentare, ma influisce su tutti i processi di
produzione legati ai prodotti di origine agricola: dal tessile alla cosmesi,
dalla detergenza alla floro-vivaistica e alla produzione di energia
rinnovabile, fino a tutti i servizi che l'azienda può offrire, quali
ristorazione, ospitalità, informazione, formazione.
IL RUOLO DELLE AZIENDE BIOLOGICHE:
Realizzano prodotti sani e buoni per chi li consuma e per l'ambiente in cui
sono prodotti;
Valorizzano e conservano la biodiversità vegetale ed animale di interesse
agricolo, faunistico e botanico, anche grazie alle loro infrastrutture
ecologiche;
Valorizzano e promuovono gli aspetti paesaggistici dello spazio rurale
italiano;
Hanno un effetto diretto per la riduzione delle emissioni dei gas di serra,
ed aumentano la capacità di assorbimento dei sistemi agrari di CO2;
Possono essere luogo di produzione di energia da fonti rinnovabili: acqua ,
vento, sole, gas;
Promuovono l'agricoltura sociale favorendo l'integrazione nel mondo del
lavoro delle categorie svantaggiate;
Applicano e promuovono relazioni contrattuali nel mondo del lavoro
concordate tra le parti sociali e basate sui principi etici e sociali;
Promuovono i consumi locali e la filiera corta, e non danno luogo a
sovrapproduzioni sussidiate che favoriscono il dumping alimentare nei Paesi
del Sud del mondo;
Promuovono un modello di sviluppo equo e sostenibile praticabile in tutto il
mondo, un modello che afferma la sovranità alimentare di ogni popolo e
comunità.
DIMENSIONI DEL SETTORE
L'agricoltura biologica è oggi un settore trainante dell'agricoltura
italiana, nonostante le scelte di politica agricola non abbiano sostenuto
adeguatamente il settore. Da quando l'A.B. si è affermata, tutto il settore
agricolo parla con più convinzione di qualità, tipicità e certificazione. L'
Italia è la prima Nazione europea per numero di operatori e per superficie
coltivata, con oltre 1 milione di ettari, pari all'8 % della SAU certificata
secondo il Reg CEE 2092/91.
L'ultimo censimento del settore ci dice che questo è composto da 50.000
operatori di cui: 45.000 aziende agricole 5.000 aziende di trasformazione 17
Organismi di certificazioni autorizzati dal Ministero dell'Agricoltura ad
operare nel settore che sono quasi esclusivamente legati al settore della
certificazione biologica. Ci sono 156 ditte di dimensioni nazionali,
regolarmente inscritte al registro dei fertilizzanti per l'agricoltura
biologica gestito per il Ministero dall'ISNP, che producono 2102
fertilizzanti per l'agricoltura biologica. Non meno del 30% di queste sono
imprese specializzate per i fertilizzanti organici, tanto che la stessa
Confindustria gli dedica un settore specifico all'interno di
Assofertilizzanti. Molti dei prodotti sono realizzati con materie seconde,
dal momento che l'A.B. è l'unico settore in grado di valorizzarle (ex FURSU,
residui dell'industria alimentare, residui di macello….). A queste vanno
aggiunte le deiezioni animali, quali le polline, che altrimenti
costituirebbero un ulteriore aggravio in termini di smaltimento per le
discariche urbane. A queste si aggiungono almeno altre 30 ditte di
importanza nazionale che producono mezzi tecnici per la difesa delle colture
e diverse officine meccaniche che progettano e producono macchinari
innovativi per il settore (ex pirodiserbo, erpici strigliatori).
Nella distribuzione dei prodotti da agricoltura biologica sono coinvolti
1000 negozi specializzati e le aree dedicate al biologico nella GDO.
Riguardo alla commercializzazione infatti , i prodotti biologici sono
presenti in tutti i punti vendita della Grande Distribuzione Organizzata che
rappresenta oltre il 50% del mercato, seguito dal canale di vendita dei
Negozi specializzati (oltre il 30%) e la vendita diretta in azienda che
rappresenta il 10% del mercato per i prodotti biologici e coinvolge
soprattutto aziende di piccole e medie dimensioni. Altri canali di consumo
dei prodotti bio sono la ristorazione scolastica. Il mercato al consumo dei
prodotti biologici in Italia è stimato per il 2002 pari 1,4 miliardi di
euro, con un'incidenza sui consumi alimentari domestici del 2% circa. Si
tenga conto, inoltre, che secondo alcune stime il potenziale produttivo
biologico italiano, così come quantificato precedentemente, non è
interamente destinato al mercato interno ma, oltre ad essere utilizzato
ampiamente per l'alimentazione animale, circa il 33% sarebbe inviato verso i
mercati esteri ( circa 400 milioni di Euro) ed un 10% circa sarebbe immesso
sul mercato senza certificazione. In questo volume di affari non viene
conteggiata la ristorazione collettiva che oggi si aggira sui 250.000 pasti
quotidiani. Gli occupati del settore sono stimati intorno ai 200.000.
Questi numeri devono far riflettere.
Stiamo parlando di un settore economico di rilievo nella produzione di
qualità dell'agroalimentare italiano, con grandi margini di crescita, a meno
che non venga stroncato da decisioni che gli impedirebbero non la
coesistenza ma addirittura l'esistenza stessa. Un settore che è all'
avanguardia nei sistemi di certificazione e tracciabilità richiesti oggi dal
consumatore in grado di fornire un alto valore di sicurezza alimentare ed un
altra serie di benefici ambientali di pubblica utilità, già menzionati. Un
settore che già esiste ma che richiede forti finanziamenti in ricerca per
affinare i metodi di produzione, trasformazione, certificazione e di
orientamento di politica agraria.
Un settore di avanguardia dell'agricoltura italiana, che ci fa essere
attualmente i primi al mondo per numero di operatori e come valore della
produzione e terzi per superficie agricola interessata ( primi in Europa e
dietro soltanto a Australia e Argentina).
L'agricoltura biologica come fenomeno planetario, inoltre, è in totale
controtendenza rispetto alla permanente riduzione dei prezzi dei prodotti
agro-alimantari sul mercato mondiale. Sono infatti gli unici che attualmente
crescono come testimoniato dal rapporto tecnico della FAO approvato alla
riunione del Comitato tecnico del Commercio (CCP) nella sua riunione del
2004. (Roma, 2004).
Questo settore come da Reg. CEE 2092/91 non può e non vuole utilizzare OGM
ed i consumatori quando acquistano un prodotto da agricoltura biologica si
aspettano di non trovare OGM , così come fino ad oggi siamo stati in grado
di garantire con i pestici,in cui abbiamo un limite di presenza pari 0,01
ppm, ovvero la rilevabiltà minima data dagli attuali strumenti di analisi.
Per gli OGM, a nostro avviso, il discorso deve essere lo stesso ed il limite
consentito deve essere quello della rilevabilità, ovvero non ci devono
essere.
Altri hanno parlato dell'inutilità degli OGM per il sistema agrario italiano
e ci associamo alle loro considerazioni, qui vorremmo solo sottolineare che
l'assenza di OGM nel prodotto finale non è opinabile per noi e tutto il
settore può continuare ad esistere solo se possiamo garantire che il nostro
prodotto non è contaminato.
COMMENTI SUL D.L. 279/2004
Come potete vedere significa che questo decreto, a seconda di come viene
implementato, determina l'esistenza o meno di un settore che nel suo
complesso ha più occupati della FIAT.
Noi siamo sicuri che il Parlamento vorrà dare garanzie sufficienti a questo
settore perché non crediamo che in una complessa situazione economica come
quella in cui ci troviamo e tanto più nel settore agro-alimentare, si voglia
mettere a repentaglio l'esistenza di un simile settore. Soprattutto quando
il resto dell'agricoltura italiana è in grave crisi e continua a perdere
addetti, cosa che verrà ancor più accentuata nei prossimi anni per la
competizione in quantità ed anche in qualità dei nuovi entrati in UE. In
base a quanto sopra detto analizziamo nel dettaglio il D.L. 279/04.
A) Piani di coesistenza
I piani di coesistenza vengono rinviati ad una Comitato dove le parti
interessate non ci sono, e gli esperti da coinvolgere che saranno nominati
potrebbe rappresentare tutti gli stessi interessi di chi vuole ad ogni costo
introdurre colture GM nel nostro Paese.
Ad oggi non esistono studi credibili che garantiscano l'efficacia di piani
di coesistenza. La ricerca in merito è molto indietro (basti pensare che i
sistemi analitici per la determinazione degli OGM sono tuttora poco
affidabili).
Non sono accettabili dal settore biologico studi approssimativi che stimano
distanza cautelative molto ridotte che garantirebbero soglie entro lo 0.9%
di contaminazione, perché l'A.B. non deve contenere OGM. Basta guardare sui
siti internet per verificare che negli stessi USA, vengono proposte e
attuate distanze di 1000 mt. tra campi GM e campi OGM Free, perché loro per
primi, fautori degli OGM, si preservano dalla strada del non ritorno perché
fanno i conti con il mercato che non li vuole. Solo per il Mais la
bibliografia parla di 200 mt come possibile raggio d'azione del polline a
causa del vento. Questo significherebbe aree di rispetto di oltre 12 ha (r x
r x 3,14). Una distanza improponibile per il panorama agricolo italiano che
ha una media aziendale di 6,5 ha la gran parte dei quali neanche accorpata.
Ma si provi per esempio ad attuare anche una riduzione del 50% ed applicarla
in Pianura Padana, per esempio nel cremonese, dove si produce gran parte del
mais italiano e si vedrà che in quelle condizioni la coesistenza è
impossibile. Se poi vogliamo parlare di impollinazione incrociata a carico
degli insetti, affermati etologi/entomologi consulenti del MIPAF, riportano
che le sole api agiscono per almeno 3 Km. Inoltre, in un'ottica di
espansione dell'agricoltura GM,che vuole andare ben oltre Mais e Soia,
qualcuno ci spieghi chi sarà in grado di controllare le numerose essenze
spontanee compatibili con le piante coltivate.
Riteniamo assolutamente lacunoso e fuorviante il richiamo alle "Buone
pratiche agricole" come elemento fondante per i piani di coesistenza e
questo è una ulteriore dimostrazione dello stato di confusione in cui ci si
trova. Riteniamo invece che si debba mantenere e rafforzare quanto previsto
dalle normative sementiere nazionali in merito all'introduzione di semente
transgenica e la sua coltivazione e quindi ad esse fare esplicito
riferimento. Nel nostro settore già oggi, in una situazione in cui gli OGM
non sono coltivate in Italia, riscontriamo grandi criticità nel garantire i
mangimi OGM free, a testimoniare la complessità di garantire filiere
separate. Riteniamo quindi assolutamente insufficiente l'indicazione di una
moratoria fino al 31/12/2005, perché è assolutamente impossibile che in meno
di un anno siano messi a punti metodi di assoluta garanzia per il settore
per evitare ogni forma di contaminazione. Serve molto più tempo e mentre noi
siamo un settore forte già esistente le colture GM non rappresentano
attualmente nessun interesse commerciale, quindi non capiamo perché in
mancanza di lavori scientifici adeguati ed un sistema di controllo adeguato
si voglia mettere a repentaglio tutto il settore.
B) Sanzioni
Risulta assolutamente inadeguata l'articolato sulle sanzioni a carico di chi
non rispetti le norme dettate dai futuri piani di coesistenza. Si deve
mantenere quanto previsto dall'attuale legge sementiera n.212/01 e collegate
e quindi mantenere una responsabilità penale oltre che civile.
Il meccanismo sanzionatorio previsto dal decreto è inutile e di fatto
inefficace. La contaminazione per il biologico significa la non
certificabilità del prodotto, cioè un danno economico altissimo per cui è
impensabile non contemplare assicurazioni obbligatorie per chi può essere
causa di tale danno e risarcimenti certi per chi rischia di vedere
vanificato il suo sforzo produttivo.
Questo livello di sanzioni NON garantisce affatto il settore e va
esattamente nella direzione opposta di quello che vorrebbe fare il decreto.
C) Riferimento alla Raccomandazione della Commissione di luglio 2003
Sbagliato è l'inserimento nel decreto di un riferimento esplicito alla
Raccomandazione della Commissione. E' un'offesa all'intelligenza umana
emanare una norma perché forse un'altra potrebbe cambiare, sarebbe come
condannare a morte un colpevole di omicidio perché c'è una proposta di legge
sull'introduzione della pena di morte e forse un giorno cambierà anche la
nostra costituzione in merito.
Siamo quindi assolutamente contrari all'inserimento nel decreto del
riferimento alla Raccomandazione della Commissione sia per i motivi già
enunciati da altri relatori sia perché è fortemente penalizzante per il
settore; infatti la Raccomandazione vuole di fatto equiparare il prodotto da
agricoltura biologica a quello convenzionale rispetto all'etichettatura,
ammettendo di fatto la contaminazione del prodotto finale fino alla soglia
dello 0,9. Tutti gli esperti di Marketing ascoltati concordano che questa
sarebbe una scelta suicida perché il consumatore associa il prodotto
biologico ad un prodotto TOTALMENTE esente da OGM ed ottenuto senza l'
utilizzo di materiali OGM o da essi derivati.
D'altronde questa è la linea che anche il Ministero delle Politiche Agricole
e Forestali sta portando avanti in sede del Consiglio Agricolo e quindi
sarebbe gravemente contraddittorio affermare da una parte che il prodotto
Biologico deve essere esente da OGM e poi con questo decreto introdurre una
norma a livello nazionale che prevede l'accettazione di un livello di
contaminazione fino allo 0,9, dando fede a quanto previsto dalla
Raccomandazione.
D) Contaminazione delle sementi biologiche
E' evidente che l'attuale versione del D.L. non garantisce né l'industria
sementiera biologica nè i produttori che autoproducono la semente aziendale,
che è un mezzo tecnico obbligatoriamente esente da OGM. Non garantire le
filiere sementiere biologiche e convenzionali OGM free ( per il regime di
deroga si possono usare in agricoltura biologica anche sementi
convenzionali, purche OGM free) impedirebbe la produzione nazionale e
aggrava ulteriormente la dipendenza dall'estero della produzione sementiera.
L'assenza di semente OGM free impedisce di fatto al settore di esistere.
GIUDIZIO COMPLESSIVO
Il testo attuale non garantisce il settore e se non emendato opportunamente
arrecherà un danno grave ed irrecuperabile all'Agricoltura biologica
italiana. Considerato che questo decreto nasce per garantire ai nostri
produttori di continuare a produrre senza il rischio di essere contaminati,
lo riteniamo assolutamente contraddittorio e nocivo per un sano sviluppo
dell'agricoltura biologica in Italia che, ripetiamo, è oggi uno dei più
dinamici e promettenti settori dell'agro-alimentare italiano di qualità,
nonostante le distrazioni in materia di politica agricola che questo
Parlamento e anche questa commissione ha avuto verso il settore.