Somalia: rischio Sharia è più concreto



Somalia: rischio Sharia è più concreto PDF Stampa E-mail
martedì 13 gennaio 2009

corti_islamiche_somalia.jpgL'esercito dell'Etiopia lascia la Somalia, come annunciato più volte. L'ennesimo scontro a colpi di mortaio contro i miliziani islamici degli "al Shabaab" ha lasciato sul terreno altri 11 civili, così che i 3000 soldati di Addis Abeba hanno deciso di abbandonare la più importante base di Mogadiscio, iniziando il ritiro verso nord. Una mossa accolta con gioia, da centinaia di somali scesi per strada, sparando colpi e inneggiando al proprio popolo, nonché razziando e saccheggiando la base militare.

E mentre il lungo serpentone di carri blindati e di tank cominciava ad attraversare il Paese, si sono verificati nuovi scontri armati a Gurael, nel cuore della Somalia, con lanci di razzi e colpi di mortaio. In tre giorni di combattimenti i morti sarebbero circa 50 morti, rimasti sul terreno dopo gli scontri tra due milizie islamiche.

Finisce così un'incursione avviata dal 2006, che aveva l'obiettivo di sbaragliare le Corti islamiche, che avevano nel giro di pochi mesi, due anni fa, fatto fuggire i signori della guerra e preso possesso della Somalia.

Così, dopo un accordo raggiunto tra il Governo Transitorio federale e la parte moderata delle Corti islamiche nel novembre scorso a Nairobi, l'Etiopia ha dato il via all'operazione di rientro, dopo cinque anni di morti e attentati, senza che la popolazione somala avesse visto reale beneficio dall'occupazione da parte del nemico storico.

Con il ritiro delle truppe etiopiche si acuisce l'incertezza: sul terreno restano solo 3500 soldati ugandesi e burundesi che l'Unione africana ha spedito sul posto undici mesi fa. Ma sia Kampala che Bujumbura hanno fatto sapere nei giorni scorsi di non essere disposti a restare ancora, perché temono di rimanere impantanati in un Paese allergico ad ogni missione di pace. I due stati hanno chiesto altri cinquemila soldati di rinforzo, e in caso contrario lasceranno la Somalia nel giro di un mese.

Come se non bastasse, l'Unione africana non ha più soldi, e da tempo non è più in grado di finanziare altre missioni, prova ne sia, la richiesta d'aiuto all'Onu. Provano a venire a capo della situazione gli Usa, che avrebbero già pronta la bozza di una risoluzione che chiede l'invio di una forza di pace di altri 6000 caschi blu, ma non è un mistero che il segretario generale Ban Ki-Moon sia contrario, convinto che che la Somalia sia troppo pericolosa per poter investire in una missione internazionale.

La situazione paradossale di festa in Somalia nasconde così l'empasse politico che consegna una soluzione piuttosto confusa. Molti pensano adesso che l'assenza delle truppe di Addis Abeba accelererà il processo di pace, che da 18 anni è strozzato da una lunga e drammatica guerra civile: il rilancio di un governo somalo, meno legato a forze straniere, è possibile però soltanto se la forza delle Corti Islamiche sarà placata.

In particolare, è il dominio degli al Shabaab ( "i giovani"), legati ad al Qaeda, ormai padroni di gran parte della Somalia, a far temere il peggio. Sono stati loro, tra l'altro, gli estremisti islamici, a combattere una guerra lunga almeno 23 mesi, che ha provocato, secondo fonti Onu, 16mila morti, e più di un milione di profughi. Ed è loro merito (o colpa) se l'Etiopia è arretrata, difendendosi disperatamente. Adesso, i propositi delle milizie islamiche, che vogliono riportare l'ordine in questo inferno, sono preoccupanti, se è vero che vogliono riportare la sharia, la legge islamica.

Nelle zone già sotto il loro controllo sono state spente le tv, chiusi i piccoli cinema dove i somali amano andare nelle ore più calde, imporre il velo ad una popolazione femminile tradizionalmente laica. Con una loro vittoria, la Somalia si trasformerebbe nel nuovo avamposto di al Qaeda nel Corno d'Africa, completando islamizzazione del Corno covata da tempo dai fanatici dell'Islam.

ALESSANDRO CHIAPPETTA
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