Il caso Guolo - Guerra santa per via
legale
Magdi
Allam
In America la chiamano «Jihad by court»,
la Guerra santa islamica per via legale. In Italia il fenomeno è stato
denunciato da due docenti universitari studiosi dell'islam, Renzo Guolo,
di cui ilPmha chiesto il rinvio a giudizio, e Stefano Allievi, condannato
in primo grado, entrambi denunciati da Adel Smith, auto-elettosi
presidente della sedicenteUmi(Unione dei musulmani d'Italia). Per entrambi
l'accusa è di oltraggio alla religione, basata sul teorema che se si
offende Smith si diffama l'islam. E ad entrambi va la mia più totale
solidarietà. Sulla Repubblica di ieri, Guolo parla di una «via
giudiziaria» all'islam, di un «uso strumentale della tutela penale della
religione a scapito della libertà di opinione», di «querele a raffica che
funzionano come efficace strumento di interdizione per quanti operano nel
campo dell'informazione e della ricerca». Guolo giustamente rileva che
«occorrerebbe cautela nell'avallare accuse che bollino qualcuno come
"diffamatore dell'islam"», per la «possibilità che qualcuno invochi un
giorno tale etichetta come una specie di legittimante "certificazione doc"
a conferma delle proprie intenzioni non troppo pacifiche». Un eufemismo
che sta per il rischio di incorrere nella condanna a morte proferita dai
terroristi islamici nei confronti degli infedeli, degli apostati o
comunque dei «nemici dell'islam». Lo scorso febbraio sul sito http://
213.215.194.151/petition_allievi, era stato pubblicato l'appello di
Allievi in cui critica così la condanna in primo grado: «Credo si tratti
di un precedente gravissimo proprio sul piano dei principi, che mette in
causa la libertà di ricerca accademica e di manifestazione delle proprie
opinioni, incluso il diritto di critica, e si configura come un pesante
atto di censura, anche preventiva, per coloro che ancora vorranno
occuparsi liberamente di questi temi». In questo contesto è del tutto
apprezzabile l'intervento di Giuseppe Giulietti dei Ds, portavoce di
Articolo 21, in cui denuncia «la via disciplinare alla comunicazione »,
rilevando che «troppo spesso, le denunce e le richieste di altissimi
risarcimenti si stanno trasformando in armi improprie per chiudere la
bocca ai giornalisti ed autori». Bene. Fa veramente piacere che anche in
Italia ci si accorga del fatto che si è scatenato il terrorismo dei
taglia-lingua, ancor più insidioso e di gran lunga più pericoloso di
quello dei taglia-gola. Un terrorismo che si è imposto grazie
all'ignoranza e all'ingenuità di un Occidente che ha accreditato come
autorità islamiche degli impostori che non hanno alcuna legittimità né sul
piano dogmatico né su quello democratico. Che si avvale di una rete di
avvocati i quali, consapevolmente o meno, finiscono per rendersi
ideologicamente collusi. E che riesce a far breccia nell'ordinamento
giuridico iper-garantista dell'Occidente che, accecato dal più assoluto
relativismo cognitivo e valoriale, tende a legittimare l'interpretazione
radicale dell'islam, consolidando il potere degli estremisti, e ad
adottare la tesi della natura reattiva del terrorismo, giustificandolo e
nobilitandolo quale «resistenza ». Ciò che invece non va bene è che si
ignori la dimensione globalizzata della «Guerra santa islamica per via
legale», una strategia terroristica adottata dai taglia-lingua per
sottomettere al loro potere i musulmani e non all'interno dell'insieme
dell'Occidente. Ecco perché questa legittima battaglia di libertà non deve
essere fatta solo nei confronti di Smith che, diciamolo pure, è un pesce
piccolo e un bersaglio facile da neutralizzare. Sono anni che io e molti
intellettuali musulmani laici e liberali, mobilitati in prima linea contro
l'estremismo e il terrorismo islamico, siamo sommersi dalle denunce dei
taglia-lingua dei Fratelli Musulmani che ci hanno condannato amorte. E
spiace prendere atto che proprio coloro che oggi scoprono di essere
vittime di un arbitrio e invocano solidarietà, sono di fatto schierati
dalla parte dei carnefici di altre vittime che si battono per il diritto
alla vita e alla libertà di tutti.