Multiculturalismo e Islam: la Sharia contro le costituzioni
europee
di Samir Khalil Samir, sj
www.asianews.it
I problemi in Olanda e Danimarca.
L'esempio della Gran Bretagna: decenni di multiculturalismo hanno
portato a ghetti, chiusure e radicalismo delle comunità islamiche.
Sempre penalizzate le donne. Essere cittadini europei implica avere dei
doveri di integrazione. Terzo articolo di una serie.
Beirut (AsiaNews) – L'ideologia del multiculturalismo, cioè della
tolleranza cieca verso qualunque cultura e tradizione, sta distruggendo
l'Europa e bloccando ogni sviluppo in meglio dell'Islam. Una condanna di
tale posizione è venuta da parte dell'intellettuale somala e deputata
Ayaan Hirsi Ali, che, minacciata di morte da musulmani per la sua difesa
dei diritti delle donne, stanca del multiculturalismo europeo, ha
lasciato l'Olanda per andare in America lavorare a Washington
all'istituto di ricerca "American Enterprise Institute". Essa ha
accusato l'Olanda di troppa acquiescenza, di favorire l'immobilità delle
comunità musulmane e perfino di farsi conquistare dall'Islam e dalla
legge islamica.
Nel lasciare spazio alla Sharia c'è il rischio di un conflitto con le
costituzioni europee. Un fatto interessante avviene in Danimarca, un
paese all'avanguardia nella multiculturalità. Qui è nato un nuovo
partito, il Siad, che fa questa proposta: chi cita versetti coranici
contrari alla costituzione danese, deve essere punito perchè la
costituzione è superiore a tutte le altre leggi.
E citano l'art. 67-69 della Costituzione danese che dice:
"Autorizziamo la libertà di culto, purché esercitata dentro il quadro
delle leggi danesi senza disturbare l'ordine pubblico".
Tutto questo è un chiaro segno che si comincia a riflettere sul
possibile contrasto che esiste tra le costituzioni dei Paesi europei e
alcune leggi del Corano. Anche in Danimarca,
sull'argomento esistono due tendenze: quella "di sinistra", o dei
buonisti, che vuole rispettare la cultura degli altri dicendo che la
nostra non è assoluta, o suggerendo che dobbiamo tollerare e dare un po'
di tempo affinché i musulmani siano in grado con il tempo di fare questo
passo; quella che non ammette deroghe, per cui chi non è capace di
integrarsi, è meglio che vada a vivere altrove.
Ma il caso più significativo e problematico è quello della Gran
Bretagna: qui, dopo decenni di multiculturalismo, le comunità islamiche,
invece di integrarsi e di convivere, si stanno sempre più rinchiudendo
in un ghetto, e stanno emergendo atteggiamenti fondamentalisti,
pericolosi per tutta la società.
Scuola statale e morale islamica
L'associazione più rappresentativa dei musulmani britannici, il
Consiglio musulmano di Gran Bretagna, ha chiesto che sia riconosciuto il
diritto dei musulmani di applicare nella scuola statale la morale
islamica. Il testo – un documento di 72 pagine – è stato presentato al
governo e reso pubblico il 21 febbraio scorso, a nome di 400mila giovani
musulmani che frequentano le scuole pubbliche nel Paese. Essi chiedono
che il governo accetti le rivendicazioni di genitori e bambini musulmani
in nome di una preoccupazione per la fede.
I musulmani partono dal loro concetto di pudore e dicono:
a) le studentesse hanno diritto di portare il velo o il hijab [non
parlano però del niqab];
b) hanno diritto di non partecipare alle lezioni di educazione
fisica, perché l'islam vieta il contatto tra i sessi in pubblico, perché
si rischia di esporre anche in parte qualche nudità delle donne, vietata
dalla sharia.
Essi esigono anche la separazione dei sessi nella scuola; il rifiuto
della danza; l'educazione sessuale (che è affare della famiglia e non
della scuola); disegni e libri di anatomia non devono rappresentare gli
organi genitali. Per quanto riguarda poi la fede e la storia, chiedono
una revisione di tutto il sistema d'insegnamento in nome della morale
islamica.
Il ministero dell'educazione non ha ancora risposto in modo
ufficiale, ma ha già detto che questa lista di richieste provocherà un
passo indietro riguardo alla tolleranza che c'era.
Britannici o musulmani
La tendenza alla chiusura – frutto del multiculturalismo! – si
manifesta anche ad un altro livello. Il 19 febbraio scorso, un sondaggio
pubblicato sul Sunday Telegraph, mostra che il 40 % dei
musulmani britannici è favorevole all'introduzione della sharia. Ciò
manifesta la radicalizzazione di una folta parte della comunità islamica
nel Paese. Il 60 % si sente estraneo alla società britannica e reputa
necessario e normale condurre un modo di vita retto dall'etica islamica
più radicale.
Un altro elemento che emerge è la distanza di queste persone dalla
società britannica. Alla domanda "Cosa sentite rispetto alle vittime dei
conflitti nel mondo?" la risposta è stata "compassione", "solidarietà" e
anche "ira" di fronte ai conflitti che toccano il Kashmir, la Palestina,
l'Iraq, l'Afghanistan. In pratica: essi si sentono vicini più ai
musulmani che alla Gran Bretagna, la quale in alcuni di questi paesi è
protagonista dei conflitti.
Dal punto di vista sociologico si deve dire che essi provengono da
Pakistan, Bangladesh e India, appartengono a famiglie tradizionali, ma
occorre sottolineare anche che essi sono in Gran Bretagna da almeno due
generazioni. Mi sembra ovvio che le reazioni al 9/11, anziché creare più
solidarietà mondiale attorno all'idea di lotta al terrorismo, ha invece
radicalizzato i musulmani che si sono solidarizzati fra loro per
difendere i correligionari.
L'11 settembre ha creato o rafforzato, in tutto il mondo islamico,
una crisi d'identità : l'islam e i musulmani sono messi in questione. Di
fronte a questa situazione, c'è chi riflette per discernere ciò che deve
essere rivisto nell'insegnamento e nell'atteggiamento islamico, e c'è
chi reagisce con chiusura e aggressività per affermare con più forza la
radicale diversità dell'islam di fronte alla cultura circostante. Questo
secondo atteggiamento è tipico di molti giovani della seconda o terza
generazione, che non si riconoscono totalmente né nella tradizione
islamica né in quella occidentale (pur avendola perfettamente
assimilata).
Ad ogni modo, questa inchiesta e le richieste sulla scuola mostrano
che in Gran Bretagna i musulmani si identificano sempre più con la loro
religione, più che con la società e la cultura del luogo.
Il pudore per i maschi e la
cittadinanza
I problemi sollevati dai musulmani, per esempio quelli di Gran
Bretagna, sono reali. Esiste un problema di etica nella società, e
dunque nella scuola. Un liberalismo esagerato, che consente ai giovani
tutto, in particolare sul piano sessuale, col motivo che devono imparare
a fare le loro scelte, non è certo accettabile né per la comunità
musulmana, né per la comunità cristiana, né per la comunità umana tout
court. Da qui ad impedire i contatti tra ragazzi e ragazze, o a impedire
l'insegnamento di tutto ciò che è legato alla sessualità, c'è molta
differenza. Qui non si tratta più di etica, ma di costumi e tradizioni,
e questo non è più accettabile. In ogni paese vanno osservate le norme
di quel paese, non quelle dei paesi di alcuni genitori !
Inoltre, ci si domanda perché, trattandosi di rapporti tra i sessi, è
sempre la donna che deve essere nascosta o "osservare il pudore" come si
dice ancora. Il pudore, se è una virtù – è lo è di fatto –, vale per il
maschio come per la femmina. E siccome il pudore sembra essere più
spontaneo nelle femmine, si dovrebbe piuttosto imporlo ai maschi ! In
altri termini, pur con le migliore intenzioni, i musulmani tendono a
confondere le usanze con l'etica. Le usanze sono legate a determinati
gruppi (etnici, geografici, religiosi ...) e non valgono per la società
civile nazionale. L'etica detta dei principi validi per ogni persona
umana, indipendenti dal sesso e dalla religione, e perciò merita di
essere difesa e si lotta per difenderla. É ora che tutti impariamo a
difendere un'etica rispettosa della persona umana, cominciando ad
insegnarla e praticarla a scuola, per tutti. Quanto a provvedere un
trattamento particolare per un determinato gruppo, in nome della loro
diversa cultura, questa è una deformazione di ciò che dovrebbe essere
"l'autentico multiculturalismo", che impara a valutare le culture altrui
e a migliorare la propria grazie a questo confronto.
Dietro a questo problema c'è la domanda: che significa la
cittadinanza ? E' una carta, comoda da acquistare perché da dei vantaggi
e pochi obblighi ? Oppure è una realtà profonda, frutto di una scelta
ragionata, che può esigere anche grossi sacrifici culturali ?
Ancora : qual è l'identità di un cittadino italiano di origine
egiziana o marocchina o cinese o albanese ? Se è egiziana, marocchina,
cinese, albanese, allora mi domando che senso ha aver richiesto ed
ottenuto la cittadinanza? Non è forse per approfittare dei vantaggi che
offre il nuovo Paese, e poi tornare a vivere nel Paese di nascita o dei
genitori? In questo caso io sono solo uno sfruttatore. Ma se significa
una scelta cosciente, che implica dei cambiamenti d'atteggiamento, col
desiderio di costruire con gli altri concittadini una società più giusta
ecc., allora sì merito la cittadinanza. Penso che la società debba
aiutare ognuno a fare queste scelte ponderate, aiutando e facilitando
questo sforzo d'integrazione.