Re: «Il velo legge di Dio» La guerra scoppia in tv



Premetto che ho sempre stimato Magdi Allam, però mi sembra un tantino esagerato in questo caso! Sei sicuro della fonte dalla quale lo hai tratto? Puoi dirci da dove hai tratto questo articolo?

Mi chiedo perchè bisogna a tutti i costi cercare sempre uno scontro con il diverso,
Ricordo a tutti e invito tutti i lettori ad andare indietro di qualche annetto nella cultura italiana, prima che arrivasse questo pericolosissimo Islam con questa pericolosissima pretesa di imporre il velo alle donne. Se riuscite a farlo in maniera obiettiva scoprirete che anche le donne italiane senza islam erano obbligate a portare il velo. Certo il velo era diverso da quello delle donne musulmane, ma c'era. Era semplicemente la cultura italiana di qualche decennio fa a farglielo portare, che mano a mano nell'arco di decenni si è sviluppata e probabilmente è maturata ed emancipata, e così come non esiste più il velo, esiste la possibilità di fare vedere le gambe anche sopra le caviglie e le ginocchia ecc...

"Prendano atto che il velo è lo strumento principale di penetrazione sociale dei Fratelli musulmani perché porta alla sottomissione della donna e alla formazione di una «comunità islamica» forgiata dalla sharia. Mobilitiamoci pertanto per salvaguardare il diritto delle musulmane a non portare il velo, per sostenere una maggioranza di musulmane che oggi è sostanzialmente laica e liberale, per difendere l’Italia dall’ideologia oscurantista e totalitaria che si nasconde dietro al velo. Prima che sia tardi."

...Possibile che tutto quello che è Islam deve essere visto come terroristico, oscurantista, macabro ecc...???? Anche sulla questione del velo? Se lo vogliono portare che lo portino! Non credo siano in molti della mia generazione a ricordare la nonnna, se non adirittura la mamma, senza il velo, per non parlare del fatto che la nostra grande civiltà democratica cristiana ancora impone l'obbligo del velo ai propri ordini religiosi femminili.

Sono d'accordo nel condannare un atteggiamente da parte di un imam decisamente deplorevole nei confronti della parlamentare di alleanza nazionale, ma sinceramente il timore che il velo sia una minaccia, mi sembra del tutto esagerato. Arriverà anche per loro, forse nella prossima generazione, dopo che i loro figli avranno studiato e vissuto nella società italiana, la consapevolezza che il velo può tranquillamente non essere indossato, e le ragazze si comporteranno come le nostre future coetanee italiane.
E come adesso le ragazze cattoliche italiane si distinguono anche nel modo di vestire più sobrio, anche allora ci saranno le loro pari mussulmane, qualcuna più "fedele" di altre che ancora vorrà portarlo.



Scienza per l'uomo ha scritto:
«Il velo legge di Dio» La guerra scoppia in tv
 
«Lei è un’ignorante, è falsa», peggio ancora «lei semina l’odio, è un’infedele ». L’accusa pesantissima, che in termini coranici si traduce con la condanna a morte, è diretta all’onorevole Daniela Santanchè di An. A scagliarla è Ali Abu Shwaima, imam della moschea di Segrate, appena conclusa una già rovente puntata di «Controcorrente» negli studi milanesi di Sky sulla questione cruciale del velo islamico. Nel corso della trasmissione condotta da Corrado Formigli e andata in onda venerdì sera, la Santanchè aveva sostenuto che «il velo non è un simbolo religioso, non è prescritto dal Corano».
Ciò in risposta all’affermazione della giovane Asmae Dachan, figlia del presidente dell’Ucoii (Unione delle comunità e organizzazioni islamiche in Italia), secondo cui «il velo è un atto di fede come la preghiera e l’elemosina, è un fattore di adorazione di Dio». La replica di Abu Shwaima è stata impietosa eminacciosa: «Non è vero che nel Corano non ci sia l’obbligo del velo. Io sono un imam e non permetto a degli ignoranti di parlare di islam. Voi siete degli ignoranti di islam e non avete il diritto di interpretare il Corano ». Successivamente, rivolto all’altra ospite negli studi di Sky a Roma, Dunia Ettaib, rappresentante dell’Unione delle donne marocchine in Italia, tenacemente contraria al velo, Abu Shwaima ha sentenziato con un italiano approssimativo (quasi la dimostrazione della difficoltà di integrarsi per un integralista che risiede da circa 40 anni nel nostro Paese ma che coltiva l’ambizione di convertire gli italiani all’islam): «Il velo è una legge che Dio ha mandato. È Dio che lo dice, l’uomo non può negarlo. Se uno crede nell’islam lo segue. Senza essere uno che non crede, di dire che non lo deve portare».
A questo punto Dunia chiede lumi (questo scambio di battute non è però andato in onda): «E quelle che non portano il velo non sono musulmane?». Secca la risposta di Abu Shwaima: «Il velo è un obbligo di Dio. Quelle che non credono in questo non sono musulmane». Quindi le musulmane che non portano il velo sarebbero delle miscredenti e delle apostate, altra accusa che si trasformerebbe nella condanna a morte. È un nuovo episodio che dovrebbe spingere gli italiani a guardare in faccia la realtà per quella che è e non per quella che immaginano che sia o sperano che diventi, partendo dal vissuto dei suoi protagonisti e affrancandosi dai filtri ideologici, culturali e religiosi che portano alla mistificazione della realtà. E la questione del velo islamico va considerata per il significato che le danno coloro che in Italia si ergono a rappresentanti dei musulmani. Prendiamo atto del fatto che Abu Shwaima, autodesignatosi imam della moschea di Segrate, nonché «emiro del Centro islamico di Milano e Lombardia», è sia fondatore e membro del «Consiglio dei saggi» d e l - l’Ucoii, sia responsabile della Da’wa, ovvero della propaganda islamica, della Fioe (Federazione delle organizzazioni islamiche in Europa), che è la cornice unitaria delle organizzazioni affiliate ai Fratelli musulmani nel nostro continente.
Prendiamo atto del fatto che Asmae Dachan è portavoce dell’Admi (Associazione delle donne musulmane in Italia), creatura dell’Ucoii. Ebbene per entrambi il velo è un obbligo islamico, con la conseguenza esplicita della condanna, implicitamente anche a morte, delle donne che non lo indossano o si schierano contro il velo perché sarebbero delle infedeli, miscredenti e apostate. Questa è la realtà di cui dovrebbero finalmente rendersi conto i politici di sinistra e di destra che hanno legittimato il velo islamico sulla base del «buonsenso» (una versione islamicamente corretta di equidistanza o equivicinanza tra il velo integrale e il capo scoperto), o se ne sono addirittura innamorati perché sarebbe esteticamente bello, i magistrati che hanno accreditato nel nostro codice laico con una sentenza definitiva il velo come una prescrizione islamica, i religiosi cattolici che dicono sì al velo islamico purché non si metta in discussione il sì al crocifisso nella sfera pubblica, le donne italiane che risultano indifferenti alla sorte delle musulmane.
Prendano atto che il velo è lo strumento principale di penetrazione sociale dei Fratelli musulmani perché porta alla sottomissione della donna e alla formazione di una «comunità islamica» forgiata dalla sharia. Mobilitiamoci pertanto per salvaguardare il diritto delle musulmane a non portare il velo, per sostenere una maggioranza di musulmane che oggi è sostanzialmente laica e liberale, per difendere l’Italia dall’ideologia oscurantista e totalitaria che si nasconde dietro al velo. Prima che sia tardi.
Magdi Allam
22 ottobre 2006