Nella guerra in corso in Medio Oriente l'Iran sembra essersi
dato alla latitanza. E il mondo sembra essersi dimenticato del regime
nazi-islamico che persegue il sogno dell'atomica e della distruzione di
Israele. Era il «most wanted» fino al 12 luglio scorso. Il giorno in cui
l'Onu si sarebbe dovuto esprimere sul rifiuto iraniano di accettare
l'offerta dell'Unione Europea di aiuti per sviluppare il nucleare civile
in cambio della rinuncia ai programmi bellici.
Con un deciso
orientamento a imporre sanzioni, nel generale convincimento che
l'avventurismo nucleare della teocrazia degli ayatollah costituisse la più
seria minaccia alla sicurezza e alla stabilità internazionali. Guarda
caso, sempre il 12 luglio, il braccio terroristico dell'Iran in Libano,
l'Hezbollah, con un'incursione in territorio israeliano, uccidendo otto
soldati e sequestrandone due, ha provocato la deflagrazione della guerra.
Raccogliendo e amplificando la portata di un conflitto già innescato il 25
giugno da Hamas, anch'esso sul libro paga dell'Iran, con un attentato
terroristico in territorio israeliano costato la vita a due soldati e il
rapimento di un terzo.
Così, come d'incanto, la minaccia iraniana
sembra essere passata in secondo piano e il grande burattinaio del
terrorismo di Hamas e dell'Hezbollah si è defilato nelle retrovie della
guerra. Limitandosi a tuonare focose dichiarazioni contro il «nemico
sionista» e il «genocidio dei popoli libanese e palestinese». A foraggiare
i suoi burattini con razzi e missili, offrendo assistenza logistica sul
terreno e aiuti umanitari agli sfollati, vittime di una guerra da esso
stesso ispirata.
Piaccia o meno, l'Iran ha già incassato un primo
successo da questa guerra. Non è più il «most wanted». Perché il mondo non
può permettersi contemporaneamente il peso di due conflitti planetari. Va
da sé che il regime iraniano ha tutto l'interesse a sostenere
massicciamente da dietro le quinte Hamas e l'Hezbollah, al fine di
protrarre il più a lungo possibile una spirale di violenza che potrebbe
risucchiare altri Paesi arabi, a cominciare dalla Siria. Per poi spaccare
il fronte sciita in Iraq, accrescendo le quotazioni della fazione
oltranzista di Moqtada al Sadr (che ha già annunciato la disponibilità a
inviare oltre un migliaio di combattenti in Libano) alimentando
ulteriormente il caos e favorendo la penetrazione iraniana. Si
realizzerebbe così il vecchio sogno dell'imam Khomeini, l'esportazione
della rivoluzione islamica a partire dal corridoio sciita che dall'Iran
arriva in Libano, transitando per l'Iraq e avvalendosi della complicità
della minoranza alawita al potere in Siria. Saldandosi con le mire
egemoniche del tandem Khamenei- Ahmadinejad che sognano di sottomettere
alla loro influenza l'insieme del Medio Oriente facendo leva sul possesso
dell'atomica e sulla guida della guerra tesa a distruggere Israele. A chi
avesse dei dubbi sulla fondatezza della strategia iraniana, che consideri
attentamente l'atteggiamento dei Paesi arabi usualmente definiti moderati,
Egitto, Arabia Saudita e Giordania. Che hanno subito condannato l'attacco
terroristico dell'Hezbollah del 12 luglio e denunciato le mire iraniane,
che hanno accettato di partecipare alla Conferenza di Roma per creare un
fronte comune con l'insieme della comunità internazionale. Purtroppo alla
Conferenza di Roma non solo l'Iran, al pari della Siria, erano assenti, ma
mancava anche Israele. Tutti non invitati.
Messi tutti sullo
stesso piano. Con una differenza fondamentale. Se l'Arabia Saudita assume
un atteggiamento di equidistanza o equivicinanza tra l'Iran e Israele, è
un segnale di «discontinuità» (continuando nel politichese in voga
oggigiorno) rispetto alla sua tradizionale politica. Ma se lo fa l'Unione
Europea, la sua posizione rischia di essere equivocata come un sostanziale
avallo alla strategia terroristica e destabilizzante dell'Iran.
Ebbene,
il regime nazi-islamico iraniano esiste e trama dietro le quinte. Si è
defilato contando anche sulla nostra tendenza istintiva, di fronte alle
immagini di morte e distruzioni, a condannare genericamente la violenza e
a lanciare altrettanto generici appelli alla pace. Ma è lui il grande
burattinaio di Hamas e dell'Hezbollah. E' lui il principale incendiario
della guerra. Non permettiamo che la faccia franca e che il Medio Oriente
cada sotto le grinfie di burattinai e burattini del
terrorismo.
Magdi Allam