Il
Bilderberg riunito: cosa deciderà per noi?
Maurizio
Blondet - 06/06/2006 Tratto da
"La Padania"
Anche quest’anno James Tucker è
riuscito a sapere dove e quando si riunirà il gruppo Bilderberg: nel lussuoso
albergo Brook Street Resort, appena fuori Ottawa, dall’8 all’11
giugno.
Tucker è un giornalista dell’American Free Press e ha dedicato la
vita a carpire qualche segreto del Bilderberg, il segretissimo consesso dei
potenti euro-americani.
A questo club esclusivo, fondato nel 1954 dai
Rockefeller e da Bernardo d’Olanda per fare affari nell’ambito della NATO (il
principe Bernardo fu coinvolto nello scandalo Lockheed) si accede solo per
inviti.
Gli invitati sono un centinaio o poco più fra i maggiori capitalisti,
banchieri e miliardari vari dell’Occidente, con il loro seguito di servitori di
lusso: ossia politici, analisti strategici, sindacalisti di
riferimento.
Ogni anno
si trovano in un posto diverso, guardato da un muro impenetrabile di guardie
private. Regolarmente, apre il convegno la regina d’Olanda, Beatrice.
Alla
fine, nessun comunicato stampa.
I giornalisti non sono
graditi.
Salvo qualcuno, gradito a lorsignori perché
tiene la bocca chiusa.
David Rockefeller, membro permanente del Bilderberg,
ringraziò questo tipo speciale di giornalisti muti nel ‘91 con queste parole:
«ci sarebbe stato impossibile sviluppare il nostro progetto per il mondo se
fossimo stati sotto i riflettori mediatici in tutti questi anni».
Ma grazie
agli eletti amici della stampa, aggiunse, «il mondo oggi è più sofisticato e
preparato ad avanzare verso un governo mondiale. La sovranità sovrannazionale di
banchieri mondiali ed un’èlite intellettuale è preferibile
all’autodeterminazione praticata nei secoli passati».
Questi
rari giornalisti che non scrivono una riga sul convegno, poi, diventano
regolarmente direttori di grandi quotidiani.
Come Martin Wolf, direttore del
Financial Times.
O come furono per anni Ugo Stille (Il Corriere della Sera) e
Arrigo Levi ( La
Stampa ).
Belle carriere che vengono dalla qualità più
apprezzata da lorsignori: non dare al pubblico le notizie.
Ma
andiamo avanti.
Che cosa deciderà quest’anno il Bilderberg riunito in
Canada?
Vale la pena di chiederselo.
L’anno scorso, riuniti a
Rottach-Egern in Germania, i 120 miliardari auspicarono un sostanzioso aumento
del petrolio: misteriosamente, da allora, il barile è passato da
40 a 70
dollari.
E ci è andata ancora bene: Henry Kissinger in quella sede raccomandò
un rincaro di 150 dollari.
La cosa non stupisce, perché le petrolifere stanno
facendo un sacco di quattrini dal rincaro, e gli interessi petrolieri sono molto
ben rappresentati al Bilderberg: dai Rockefeller (Exxon) all’olandese Jeroen van
der Veer (Shell) a Franco Bernabè, vicepresidente del gruppo Rotschild per
l’Europa.
Sicchè quest’anno il Bilderberg discuterà come risolvere «il
problema dell’America latina»: specificamente, di quel Chavez ed Evo Morales che
hanno nazionalizzato il petrolio in Venezuela (dove i Rockefeller hanno parecchi
pozzi) e in Bolivia.
Danno un
cattivo esempio, che potrebbe essere seguito da altri capi sudamericani.
E un
cattivissimo esempio da Nestor Kirchner, presidente dell’Argentina: ha smesso di
pagare i debiti al Fondo Monetario, e il Paese scoppia di salute.
Si discuterà sicuramente anche del problema-Iran e di come
«sistemarlo».
Questione non facile: già nel 2003, sull’invasione dell’Iraq,
si produsse una frattura fra i soci europei e quelli americani del
Bilderberg.
Si discuterà molto dell’Europa.
Di come
fare ingollare agli europei la costituzione europea confezionata dal socio
Bilderber Giscard D’Estaing e bocciata dalle opinioni pubbliche.
Ma è stato
il Bilderberg a creare questa Europa dei burocrati, e non vuole lasciare il
lavoro a metà. Come disse nel 2005 Zbigniew Brzezinsky, ex consigliere della
sicurezza nazionale USA e membro influentissimo del Bilderberg, si tratta di
continuare ad assicurare che «l’Europa occidentale resti in larga misura un
protettorato americano».
Disse anche che l’Europa «deve risolvere il problema
causato dal suo sistema di redistribuzione sociale», ossia dai sistemi sanitari
a pensionistici.
Bisogna abolirli, e sostituirli con più «flessibilità» e
privatizzazioni.
Questo vi dice qualcosa?
E’ il
programma di governo promosso da un preciso gruppetto di politici nel mondo e in
Italia.
Naturalmente, i grandi giornali - diretti da direttori cooptati come
abbiamo visto - vi diranno che il Bilderberg non decide le sorti del mondo, che
è solo un forum di discussione tra ricchi
benintenzionati.
Sarà.
Ma Tucker fa notare la regolarità
magica di certe belle carriere politiche.
Bill Clinton fu invitato alla
riunione del Bilderberg che si tenne in Germania nel 1991.
Nel 1992, ebbe la
nomination come candidato presidenziale; qualche mese dopo, eccolo presidente
degli Stati Uniti.
Tony Blair fu invitato al Bilderberg in Grecia nel
‘93.
Nel ‘94, spontaneamente, i laburisti inglesi lo scelgono come capo del
partito; e nel ‘97 diventa primo ministro: primo tipo di socialista
ultraliberista.
Un altro socialista, il francese Lionel Jospin, fu invitato
al Bilderberg nel 1996.
L’anno
seguente diventò capo del governo francese e lo è stato fino al 2002.
Come
Michel Rocard, membro assiduo del Bilderberg, e primo ministro dal 1988 al
1991.
O come Paul Wolfowitz, viceministro USA al Pentagono.
Nel 2005 è
stato invitato a parlare al Bilderberg, e poche settimane dopo - miracolo - è
diventato capo della Banca Mondiale.
La lista non è completa.
L’amico
giornalista Tucker (un giornalista che dà le notizie, e quindi non fa carriera)
ci fa notare che Romano Prodi fu invitato alla riunione del Bilderberg in
Portogallo nel giugno del 1999: a settembre dello stesso anno, è diventato
presidente della Commissione europea.
Il nostro Prodi non è solo un invitato
al convegno dei miliardari.
È stato addirittura, negli anni ‘80, un membro
dello «steering committèe», ossia dell’importantissimo ufficio del Bilderberg
che definisce i temi delle discussioni segrete e gli inviti da
diramare.
Sicché è
molto istruttivo anche solo vedere quali italiani sono stati membri di questo
«steering committèe», il comitato-guida.
Umberto e Gianni Agnelli ne hanno
fatto parte fino alla morte.
E così molti personaggi dell’ambiente Fiat: da
Renato Ruggiero, poi elevato alla presidenza del WTO, l’Organizzazione Mondiale
del Commercio, il poliziotto del governo mondiale e della globalizzazione, a
Paolo Zannoni, vicepresidente Fiat (membro del committèe nel 1989) a Stefano
Silvestri dell’Istituto Affari Internazionali, influente centro-studi finanziato
dagli Agnelli.
Per finire - non c’è da stupirsi - con Mario Monti, bella
carriera giocata fra il pubblico e il privato, dalla Banca Commerciale Italiana
alla Goldman Sachs alla Commissione Eruopea, ed oggi nel governo della
cosiddetta «sinistra».
La
sinistra dei capitalisti alleati agli zapateros.
Altri noti italiani sono
invitati al Bilderberg, più o meno regolarmente.
Anche questa lista spiega
molte cose.
Diamola qui, con l’avvertenza che può essere
incompleta.
Alfredo Ambrosetti, presidente del gruppo Ambrosetti e fondatore
del Forum di Cernobbio, che è un Bilderberg in piccolo, dove le direttive del
Bilderberg vengono notificate ad una platea un poco più vasta e un poco più
italiana.
Franco
Bernabè, vicepresidente della Rothschild Europe, che è stato anche
rappresentante speciale per la ricostruzione dei Balcani (un sacco di soldi) su
mandato Confindustria.
Emma Bonino: convocata al Bilderberg nel ‘97, e
diventata commissaria europea.
Giampiero Cantoni, presidente della Banca
Nazionale del Lavoro.
Innocenzo Cipolletta, direttore generale
Confindustria.
Mario Draghi (poteva mancare?) e Paolo Fresco, successore di
Romiti alla poltrona suprema della Fiat, già vicepresidente della General
Electric, sezione europea.
Nella lista troviamo anche Rainer Masera,
dell’IMI.
Marco Tronchetti Provera.
E persino Walter Veltroni, invitato
una sola volta, quand’era direttore de L’Unità.
Dimentichiamo forse
qualcuno?
Ah, ecco: Tommaso Padoa Schioppa, il gran banchiere europeo, uno
degli inventori dell’euro, eurocrate al cento per cento, ed oggi nostro
ministro, spontaneamente scelto da Prodi per renderci più economici davanti alla
competizione mondiale.
Un bel governo: un po’ Bilderberg e Goldman Sachs, un
po’ Diliberto e Bertinotti.
Uniti nella lotta coi banchieri
internazionali.
Maurizio Blondet
Da
«La Padania»
http://www.disinformazione.it/bilderberg6.htmhttp://www.disinformazione.it/bilderberg6.htm