Gli americani hanno fatto la cosa necessaria (buttare
giù Saddam) nel modo sbagliato (errori del dopoguerra, inutilizzo dei
funzionari baathisti) , per motivi sbagliati (interessi economici e
politici) .... il conto delle vittime comunque è in attivo...meno morti
per la situazione attuale che non quelli fatti da Saddam ogni anno (erano
una media di 50.000 contro alcune migliaia attuali)... inoltre le attuali
problematiche Sunniti-Sciiti, anche con un crollo interno per esempio
facendo crollare il sistema aiutando l'opposizione (cosa
difficilissima) ci sarebbero state comunque, e crollando il sistema
difficilmente si sarebbe arrivati ad una costituzione e un governo che
comunque adesso è democratico. è anche vero che che sono interessi
economici e politici che hanno fatto sì che gli altri stati europei non
siano intervenuti subito (i contratti di Francia e Germania). Se
l'intervento fosse stato fatto congiuntamente si sarebbero coinvolti
anche gli altri stai arabi... certo le vittimi sono sempre tante e le
guerre sempre dolorose per tutti. L'analisi che segue è molto bella e
arriva da gornali di sinistra che sempre più vedono che a volte non
c'è alternativa alla guerra quando ci sono di mezzo dei dittatori
terribili.
Non c’era e non c’è alternativa |
|
|
L’unica strategia per il
nuovo medio oriente è quella
democratica
| |
Ieri è arrivato
l’Independent, una specie di Unità inglese, a spiegarci l’ovvio e cioè che
le guerre non sono passeggiate. Il caos iracheno lo dimostra, ma lo
dimostrava anche il più virulento trentennio guerrafondaio di Saddam,
privo com’era, peraltro, del percorso di pacificazione politica avviato a
Baghdad e legittimato dal voto popolare. Il giornale londinese, pensando
di fare chissà quale scoop, ha sbattuto in prima pagina quattro
conservatori americani e uno inglese favorevoli alla guerra in Iraq, ma
oggi più o meno pentiti. La scelta dei personaggi non è delle più felici:
William Buckley e George Will sono sempre stati scettici dell’idea di
esportare la democrazia. Andrew Sullivan confessa la sua ingenuità e
denuncia gli errori di Bush, ma non nega le ragioni della guerra e non
crede che sia stato sbagliato abbattere Saddam e promuovere la democrazia.
Richard Perle è uno di quei neocon che fin dal primo giorno della guerra
ha criticato la gestione del dopoguerra. I lettori del Foglio sanno molto
bene che sono stati i neoconservatori a chiedere, da subito, le dimissioni
di Rumsfeld, giudicato colpevole di aver inviato poche truppe e di aver
condotto le operazioni postbelliche in modo non coerente con la dottrina
democratizzatrice della Casa Bianca. (A chi si entusiasmerà per
l’Independent è consigliabile piuttosto la lettura, nella rivista
laburista Progress, del saggio sui “combattenti per la libertà” che hanno
destituito Saddam, scritto dall’intellettuale di sinistra Oliver Kamm).
L’unico dei cinque davvero pentito è Francis Fukuyama, sebbene nel suo
libro espiatorio non abbia fornito un’alternativa alla cacciata manu
militari di Saddam. Se davvero si vuole essere onesti sull’intera vicenda
irachena, il punto è esattamente questo: qual era l’alternativa? Non è una
domanda autoassolutoria di un giornale che ha sostenuto le ragioni
dell’intervento. E, alla lettera, il cruccio che anche un politico
contrario alla guerra in Iraq come Piero Fassino si è posto al Congresso
del suo partito. Qual era l’alternativa, al di là di slogan vuoti come ci
vuole “una politica preventiva”? In Iraq c’era la guerra da ben prima che
sbarcassero i marines. Dopo 13 anni di risoluzioni Onu, un lustro di
sanzioni, i quotidiani scontri aerei sui cieli del Kurdistan e un paio di
bombardamenti clintoniani, come si sarebbe potuto fermare, se non con le
armi, un regime golpista e fascista, torturatore delle maggioranze etniche
interne, sterminatore degli arabi delle paludi, invasore di due paesi
confinanti, alleato con l’islam radicale, finanziatore del terrorismo
musulmano, reo di aver aperto fosse comuni, massacrato col gas e
sospettato di volersi dotare di armi di sterminio per conquistare il mondo
arabo e distruggere Israele? Di nuovo: qual era l’alternativa, a parte
girarsi dall’altra parte? Nonostante gli errori e malgrado le
difficoltà, la strategia di diffusione della democrazia garantita dai
carri armati è l’unica in campo. Come alternativa non c’era la pace, ma la
guerra con i carri armati guidati da Saddam.
|
|