L'urlo e il furore



L’urlo e il furore

Sembrava la scena di uno di quei vecchi film; di quei bellissimi film in cui
si esibivano star hollywodiane del calibro di Grant o Wayne. Già, il mitico
west. Una di quelle pellicole viste e straviste milioni di volte  sugli
schermi psichedelici di madre televisione. Questa volta però il tutto non è
stato condito con salatini, patatine, bibite e quant’altro. Il passato di
verdure del vecchio west è stato tranciato, mozzato, decapitato dallo
scoppio di una bomba. Le persone purtroppo non hanno potuto più esclamare
per l’ennesima volta la loro stima e garbo nei confronti di ancestrali divi.
L’idolatria è stata spodestata dagli Urli di Londra, dal Furore dell’
integralismo islamico. Mentre in Scozia, tra una portata e l’altra si
discuteva paradossalmente di povertà, il fanatismo ha agito ancora, dopo New
York, Madrid, Iraq, Indonesia ecc…aggiungendo alla propria lista la
neo-capitale mondiale dopo l’assegnazione dei giochi olimpici. L’entusiasmo,
i festeggiamenti sono durati poco.

Tony Blair. E’ stato il personaggio chiave di questi giorni e lo sarà per
tutto il semestre di presidenza inglese. Ci tiene a ritagliarsi il ruolo di
colui il quale riuscirà a riunire l’Europa politica e economica. Le
difficoltà e gli ostacoli sono enormi. Il primo già incontrato è stata la
costituzione europea. Il secondo può rappresentarlo l’Italia la quale
rischia, con la sua crisi economica, di diventare il ‘sud’ d’Europa. Nel
frattempo, il primo ministro inglese aveva portato a casa i giochi olimpici
a discapito dei francesi, un grande punto in suo favore per rilanciare una
forma di campagna elettorale europea. Ma le ombre su di lui rimangono. Primo
fra tutti la sua posizione nel conflitto irakeno. L’appoggio agli Stati
Uniti è costato caro ad una 50 e più di innocenti quel 7 luglio. A questo
punto Blair oltre all’Europa deve essere in grado di trascinare fuori dal
collasso anche un’Inghilterra che solo pochi minuti prima, sembra sul punto
di instaurare un nuovo Eden.
“Siamo più forti, vinceremo” queste sono state le grosse parole inviate dal
primo ministro ai terroristi. Parole che rilanciano Blair e tutti i popoli
civilizzati in una guerra in cui non si combatte a viso aperto. Eppure c’è
gente che non lo ha ancora capito

G8.La conferenza dei potenti della terra sarà un altro disastro? Un’altra
formalità? Aspettare per credere. Certo, gli attentati non ci volevano. Ma
se i Big avevano già deciso che non c’era niente da fare, poco cambia. Anzi,
gli attentati sono stati un’ottima occasione per spostare l’attenzione dell’
opinione pubblica. I problemi rimangono comunque. Il clima, il quale sarà il
nucleo delle discussioni il prossimo anno a casa Putin, è profondamente
dilaniato da posizioni dilanianti. Bush con il suo accento texano, dovrebbe
finirla di pensare ai suoi interessi e a quelli degli americani che lui così
inconsciamente e sbagliatamene si arroga. Valli a capire gli americani. L’
Italia, del resto, avrebbe poco da fare se non appoggiare in forma
diplomatica-strategica gli USA. I soldi non piovono dal cielo.

Europa. Il destino dell’Europa è appeso ad un filo. Dopo la disfatta della
costituzione, la serie di attentati, le rivendicazioni più o meno accentuate
delle identità nazionali, il raggiungimento di un’unità politica ed
economica sembra ancora essere rimandata. Eppure, tra meno di mezzo secolo,
l’Europa dovrà fare i conti con la nuova superpotenza cinese, con la sua
economia, con la sua politica, con la sua cultura. E chi più ne ha più ne
metta.

Italia. Rischia il tracollo economico. L’euro l’ha salvata da un nuovo caso
Argentina. L’immagine invece è ormai persa da anni. L’ultimo atto leghista
in parlamento è la conferma di come questo paese non abbia ancora chiaro il
suo obiettivo. Al G8 non aveva molto da dire. Pardon, da fare. Perché a
parole siamo tutti bravi a inventar balle. I grandi temi come povertà e
clima, energie pulite richiedono soldi e ricerca. La classica utopia
italiana degli ultimi anni.

Islam ed estremisti. Londra: ultimo atto guerra in Irak. La globalizzazione
del terrore sta sfociando nell’odio razziale. Il rischio è sempre il solito:
l’erba per un fascio. Mentre il mondo islamico moderato rigurgita gli
attentati, in internet appaiono altri comunicati, in cui vengono citati i
nuovo obiettivi dei kamikaze: Danimarca, Polonia, Italia. La guerra al
terrore è irriducibile ad un confronto in trincea nel vecchio stile del ’44.
Bisogna trovare altre soluzioni. E alla svelta.

Africa. Il live 8 doveva trasformarlo nel tema più importante e scottante
del G8. Ma gli attentati hanno cambiato tutto. Da anni sono in circolo idee
e soluzioni. La cancellazione del debito di una manciata di paesi poveri è
stato un nobile gesto, ma inutile. Ben presto il debito li incalzerà ancora.
Sono necessarie manovre economiche, come l’abbattimento del protezionismo
europeo, e politiche, che permettano a questi paesi di innalzare il reddito
medio, le condizioni di salute e il livello di istruzione. Le parole spese
sono troppe. Peccato che non siano soldi.

L’ultima considerazione da fare è rivolta ancora una volta alla guerra. La
serie di attentati hanno tramutato l’atto di ritiro delle truppe dall’irak
in una vile azione di codardia, invece che di una sana forma di
autoconservazione, difesa e salvaguardia dei diritti e delle vite di persone
innocenti. Ground Zero.Russel square. King’s Cross. Edgware Road. Liverpool
Street. Moorgate. Aldagate East. Dove saranno le prossime?


																Davide Marzorati