Fw: [marea-news] Fw: Missione Oggi dicembre 2003 - 3



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<redazione at megachip.info>; "Lidia MENAPACE" <llidiamenapace at virgilio.it>;
"Il Manifesto/A/Redazione MANIFESTO" <sred at ilmanifesto.it>;
"Controilrazzismo/Anna" <controilrazzismo at yahoo.it>; "Clorofilla/Redazione"
<redazione at clorofilla.it>; "Circolo Dossetti" <giustizia at libero.it>;
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Sent: Sunday, December 21, 2003 11:46 AM
Subject: [marea-news] Fw: Missione Oggi dicembre 2003 - 3


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From: "Missione Oggi (by way of Carlo Gubitosa <c.gubitosa at peacelink.it>)"
<missioneoggi at saveriani.bs.it>
Sent: Thursday, December 18, 2003 5:51 PM
Subject: Missione Oggi dicembre 2003 - 3

Missione Oggi dicembre 2003

L'OPINIONE


AFGHANISTAN: NELLA MORSA
DEI SIGNORI DELLA GUERRA
INTERVISTA A ZOYA

Mentre le agenzie di stampa hanno ritirato in massa i loro inviati da Kabul,
Rawa (Revolutionary association of women of Afghanistan) è tornata nella
capitale afgana. Per lavorarci, clandestinamente. Ecco cosa racconta una di
loro.

Siamo tuttora nella morsa dei fondamentalisti e dei signori della guerra,
gli stessi che fra il 1992 e il 1996 si macchiarono di crimini orrendi.

Chiunque scriva contro questo governo e i signori della guerra, rischia la
morte e solo nel migliore dei casi l'arresto. Le prigioni non sono mai state
così piene di giornalisti come oggi.

Nella provincia di Herat, solo dalle tasse del passaggio di frontiera con l'
Iran, il signore della guerra Ismail Khan riceva oltre un milione di dollari
al giorno.

Il mio sogno è di vivere, magari anche un solo giorno, ma senza
fondamentalismo. Vorrei che le nuove generazioni potessero crescere in un
Paese moderno, civile.

  "Una giornata che non dimenticherò mai: il 28 aprile 1992. Stavo facendo
colazione con la nonna, quando la radio annunciò che i mujahiddin, superate
le loro divisioni interne, avevano occupato Kabul. Anziché gioire per la
sconfitta dei russi, la nonna mi disse che un male nuovo e peggiore avrebbe
oppresso il Paese". Così racconta Zoya, 24 anni, una militante di Rawa
(Revolutionary association of women of Afghanistan). La sua infanzia è
costellata di violenze e lutti: entrambi i genitori furono uccisi per mano
fondamentalista in quegli anni; e il suo presente - fra il Pakistan, dove si
rifugiò a 16 anni, e l'Afghanistan, dove continua a vivere e lavorare
clandestinamente - è nel segno della militanza politica. Questa, oggi, la
porta a denunciare: "Molti in Occidente parlano di 'liberazione dell'
Afghanistan da parte degli Stati Uniti. Purtroppo, le cose non stanno così.
Siamo tuttora nella morsa dei fondamentalisti e dei signori della guerra,
gli stessi che fra il 1992 e il 1996 si macchiarono di crimini orrendi".
Ecco l'intervista che ci ha rilasciato.

Ci può dare una sua opinione riguardo all'attuale governo afgano?
L'attuale governo afgano - per intenderci quello in carica dopo la
cosiddetta "guerra al terrorismo" da parte delle forze americane - aveva
suscitato molte speranze tra la gente comune. Questa ne aveva avuto
abbastanza di quello talebano e delle massicce violazioni che l'avevano
caratterizzato. Si sperava che il nuovo esecutivo avrebbe portato la
democrazia e il rispetto dei diritti delle donne; o che almeno l'Afghanistan
sarebbe stato finalmente ripulito della presenza fondamentalista. Ma dagli
ultimi rapporti che abbiamo ricevuto da Kabul, risulta che la situazione non
è poi molto diversa della precedente. Molti in Occidente e nei media
governativi afgani parlano di "liberazione dell'Afghanistan" da parte degli
Stati Uniti. Purtroppo, però, non siamo stati liberati. Siamo tuttora nella
morsa dei fondamentalisti e dei signori della guerra.
Non c'è libertà di parola. Di recente, è uscito un rapporto di Human Rights
Watch: ricostruisce con precisione una lunghissima serie di rapine, stupri,
minacce nei confronti di giornalisti spesso incarcerati e torturati.
Chiunque scriva contro questo governo e i signori della guerra, rischia la
morte e solo nel migliore dei casi l'arresto. Le prigioni non sono mai state
così piene di giornalisti come oggi. Rawa, che è un'organizzazione
nonviolenta, ancora non può lavorare in Afghanistan. Talvolta vorremmo solo
denunciare quanto avviene, e non ci è permesso. I servizi segreti sono molto
attivi nei confronti di leader dell'opposizione, degli intellettuali.
Eppure qualcosa è cambiato?
Sì. Il fatto che le scuole e le Università oggi abbiano riaperto alle
bambine e alle ragazze è positivo. Ma questo avviene solo a Kabul ed è
strettamente legato alla presenza delle truppe dell'Isaf (la Forza
internazionale di assistenza per la sicurezza, decisa dalla comunità
internazionale a Bonn nel dicembre 2001, ndr). Quando queste lasceranno l'
Afghanistan, siamo sicure che i fondamentalisti si risentiranno liberi di
compiere crimini simili a quelli compiuti fra il 1992 e il 1996. La gente
non può dimenticare quelle violenze; e che gli stessi signori della guerra
siano oggi nuovamente al potere, purtroppo, non fa certo ben sperare: ogni
notte ci si aspetta di essere derubati o uccisi nella propria casa. Non c'è
alcuna sicurezza, libertà di parola; si temono gli stupri, le intimidazioni.
E Hamid Karzai? È un vero capo di Stato, o un burattino nelle mani degli
americani?
Karzai è solo nominalmente a capo del governo. Il vero potere è nelle mani
dei signori della guerra dell'Alleanza del Nord. Mentre Kabul sembra tornata
alla normalità (ma non lo è) con scuole e Università aperte, il resto del
Paese è più che mai stretto nella morsa fondamentalista: nelle province del
nord, dell'est e dell'ovest, in questi ultimi sei mesi oltre otto scuole
femminili sono state attaccate; di conseguenza, molti genitori hanno smesso
di mandarci le loro figlie, per non correre il rischio di stupri, matrimoni
forzati, ecc. L'educazione è dunque debole in tutto l'Afghanistan, ad
esclusione della capitale. E la sicurezza è una chimera: persino alcune
operatrici sanitarie straniere recentemente sono state stuprate; come lo
continuano ad essere molte donne afgane, all'interno delle loro case. Sono
violenze, queste, che di rado vengono denunciate. Lo stupro continua,
infatti, ad essere un'onta per la famiglia e dunque si cerca di sotterrare
la cosa. Ma sia Rawa che Human Right Watch confermano nei loro rapporti
questo stato di cose.
Come esercitano il potere i vari signori della guerra?
Ognuno di loro ha sovranità su un'area specifica. Questa funziona come uno
Staterello con proprie finanze, un proprio esercito, una propria polizia,
ecc.; l'autorità dello Stato centrale viene assolutamente ignorata, perché
il potere è nelle mani locali. Essi hanno partiti, supporti anche finanziari
da parte di Paesi stranieri.
Ad esempio, nella provincia di Herat, solo dalle tasse del passaggio di
frontiera con l'Iran il signore della guerra Ismail Khan riceva oltre un
milione di dollari al giorno. Per non parlare dei finanziamenti che gli
arrivano dall'estero. Questo è solo uno dei tanti signori della guerra che
oggi governano l'Afghanistan.
Quali Paesi li sponsorizzano?
  Soprattutto gli Stati Uniti e la Gran Bretagna. Segue l'Iran che per
adesso
sostiene solo uno dei questi signori della guerra, e l'Arabia Saudita che
pure vuole prendere parte al gioco. Ci sono insomma vari Paesi che hanno
forti interessi economici, politici e geostrategici in Afghanistan.
Quanti sono i signori della guerra oggi in Afghanistan?
È difficile dire esattamente quanti siano. Il nostro ministro della Difesa,
il generale Mohammed Fahim, fra i signori della guerra è uno dei più
spietati criminali. La gente lo teme, perché quello che ha fatto fra il 1992
e il 1996 è qualcosa che non si può né dimenticare, né perdonare. Altro
caso: il dottor Abdullah, nostro ministro degli Esteri, è anche lui un
signore della guerra. Il presidente Karzai è un sequestrato, nella mani dei
signori della guerra che hanno il potere di decidere per lui.
Rawa ha mai cercato un contatto personale con il presidente Karzai?
L'opinione di Rawa e della nostra gente a proposito di Karzai è questa: non
è un signore della guerra, non è un fondamentalista; le sue mani non sono
macchiate di sangue. All'inizio, quando approdò all'incarico di presidente,
aveva una certa popolarità: era il solo a parlare dei diritti delle donne e
di democrazia. Ma lentamente ha perso credibilità. E la gente s'è resa conto
che non stava disarmando, ad esempio, i signori della guerra.
Senza un effettivo disarmo, non si può essere ottimisti circa il futuro dell
'Afghanistan: non si può pensare che le elezioni possano essere realmente
democratiche, o che la nuova Costituzione possa funzionare. Nulla potrà
cambiare, finché Karzai stesso non imporrà la consegna degli enormi
quantitativi di armi che ci sono ancora in giro. E la gente vede che il
presidente è invece uno incline al compromesso con i signori della guerra.
La stessa Rawa non ha aspettative nei confronti di questo governo.
I crimini commessi in Afghanistan fra il 1992 e il 1996, oltre a quelli di
cui si sono macchiati successivamente i talebani, sono destinati a rimanere
impuniti? In che stato versa la giustizia?
Questo è stato uno dei primi progetti di Rawa: vogliamo trascinare chiunque
si sia macchiato di crimini contro l'umanità davanti ad un Tribunale penale
internazionale. È una grande vergogna per la comunità internazionale, che i
maggiori responsabili oggi ricevano milioni di dollari in aiuti, anziché un
giusto processo. È un grande insulto nei confronti della popolazione afgana,
il cui sangue è stato (e continua ad essere) versato. Da anni siamo
raccogliendo testimonianze su testimonianze di violazioni e siamo pronte ad
andare in tribunale. Ma, dal punto di vista finanziario, Rawa non ha le
forze per sostenere tutto questo da sola. Durante i nostri viaggi all'
estero, cerchiamo dunque la collaborazione di avvocati occidentali disposti
a collaborare a qualsiasi livello.
Uno dei più potenti signori della guerra afgani, fra l'altro implicato nell'
assassinio di Meena (la fondatrice di Rawa, ndr) a Quetta, in Pakistan, il 4
febbraio 1987, è il leader del partito Hizb-i Islami (un partito islamico
radicale dominato dall'etnia Pashtun), Gulbuddin Hekmatyar. A che punto è la
raccolta di prove a suo carico?
Gulbuddin Hekmatyar non è solo responsabile dell'assassinio di Meena, ma
anche dell'uccisione di migliaia di intellettuali, politici, scrittori,
persone che amavano la libertà. A Peshawar, in Pakistan, che all'epoca era
un importante centro del terrorismo, egli gestiva prigioni segrete, camere
di tortura. Le sue mani grondano di sangue. Nel 1992, quando era ancora al
potere (sarà premier nel 1993, sotto il presidente Burhanuddin Rabbani; e si
dimetterà per combattere l'antico rivale l'anno successivo, ndr), aveva già
sulla coscienza la morte di 50mila afgani. Fra questi c'è il nome della
nostra fondatrice, Meena, il cui assassinio fu organizzato con l'aiuto del
Kgb.
Com'è percepita la presenza americana in Afghanistan da parte della gente
comune e degli intellettuali?
All'inizio alcune di noi pensavano davvero che gli americani fossero venuti
per liberarci. Ma presto è apparso chiaro che gli Stati Uniti non avevano
alcun vero interesse in questo senso. Avevano, al contrario, interessi
economici e politici in relazione alla posizione geostrategicamente
importante del nostro Paese nell'area asiatica. In particolare, erano gli
oleodotti e i gasdotti in via di completamento ad apparire preziosi agli
occhi di Washington.
Una delle ragioni fondamentali per la presenza americana in Afghanistan,
resta la volontà di punire una loro "ex creatura", Osama Bin Laden, agente
della Cia negli anni della guerra fredda.
La stessa cosa è successa con i talebani. Poche settimane prima della loro
fine, gli Stati Uniti avevano dato 43 milioni di dollari al loro governo
(fra l'altro già internazionalmente condannato). L'America si è limitata a
sostituire l'appoggio ad un governo fondamentalista con un altro. Se avesse
davvero desiderato la liberazione dell'Afghanistan, non si sarebbe mai
appoggiato all'Alleanza del Nord, di cui la nostra gente ha una paura
persino maggiore dei talebani. L'abbiamo già sperimentata fra il 1992 e il
1996; la mentalità è la stessa, forse la dose d'ipocrisia è addirittura più
alta. Si sono rasati - niente più barbe lunghe - e ora indossano vestiti
occidentali, ma le idee sono identiche.
Rawa ritornerà ad operare in Afghanistan?
Siamo già tornate a Kabul e in tutte le province dell'Afghanistan. Ma
lavoriamo clandestinamente. Del resto, anche sotto il regime talebano era
così: la nostra era una presenza generalizzata, ma invisibile. Oggi
organizziamo corsi di alfabetizzazione nelle scuole, nelle Università;
vogliamo fornire alle donne gli strumenti dell'educazione e della
consapevolezza. È uno dei progetti basilari di Rawa. Finché le donne non
saranno educate, non conosceranno i loro diritti e quindi non saranno in
grado di resistere nella dura lotta che si prospetta. Educare una donna
significa "armarla" contro il fondamentalismo.
Dunque siamo presenti, ma nascoste. Oggi in Afghanistan non c'è alcuna
libertà per i partiti politici e soprattutto per un'organizzazione come la
nostra, che espone i signori della guerra (in particolare quelli con
incarichi governativi) e l'Alleanza del Nord a livello internazionale. Rawa
ha documentato i crimini più efferati, che sono stati commessi da questa
gente. Quindi ci temono e contrasteranno sempre le nostre attività, dentro e
fuori il Paese. Abbiamo un ospedale ad Islamabad, un'unità sanitaria mobile
e scuole femminili in vari campi profughi di Peshawar (Pakistan).
Che cosa succederà in Afghanistan nei prossimi mesi?
La gente parla di ricostruzione, di elezioni, di una nuova Costituzione,
ecc. Tutto ciò, aggiungo io, avverrà all'ombra delle armi dei signori della
guerra. Di conseguenza, le elezioni non potranno essere libere; e i diritti
della popolazione non saranno tutelati. Sul breve periodo, è impossibile
essere dunque ottimisti.
Quali dovrebbero essere oggi le priorità?
Le urgenze restano queste: il disarmo delle varie fazioni; il blocco dei
finanziamenti da parte dei Paesi stranieri ai fondamentalisti di turno, che
oggi sono più forti che mai. Non mancano i soldi, oggi in Afghanistan,
nemmeno per la ricostruzione. Solo che sono nelle mani sbagliate. La
comunità internazionale dovrebbe, da un lato, premere per l'apertura di
processi, in Tribunali penali internazionali, riguardanti i crimini contro l
'umanità commessi nel periodo 1992-1996 (oltre che sotto il governo
talebano); dall'altro, dovrebbe sostenere tutte le forze democratiche che
tentano di operare in Afghanistan. Altrimenti la libertà, la democrazia e
soprattutto la laicità - importantissima, vista la strumentalizzazione dell'
islam che è stata fatta in questi anni -  qui non vedranno mai la luce.
Sta emergendo qualche nuovo leader politico sulla scena afgana?
No. Lo stesso Karzai, oggi presidente, lavorava come funzionario della
multinazionale petrolifera Unilocal (società americana che poco prima della
guerra era in trattativa per costruire un oleodotto e gasdotto attraverso l'
Afghanistan, ndr). Rappresentava gli Stati Uniti a Kabul. Era un loro uomo
di fiducia. Poi, improvvisamente, si è proposto come leader politico alla
nostra gente. Che credibilità può avere?
Tuttavia, ci sono molti piccoli movimenti democratici che cominciano a
funzionare oggi in Afghanistan. Hanno tante idee, ma troppi pochi soldi per
potersi imporre sulla scena.
Che cosa sogna per sé e per l'Afghanistan?
Da quando sono nata, non ho mai visto la libertà in Afghanistan. Ho
sperimentato solo crimini, una brutalità senza fine, sangue versato. Il mio
sogno è di vivere, magari anche un solo giorno, ma senza fondamentalismo.
Vorrei che le nuove generazioni potessero crescere in un Paese moderno,
civile.

A cura di ALESSANDRA GARUSI

Per chi volesse approfondire, è uscito recentemente il libro Zoya: la mia
storia (Zoya con John Follain e Rita Cristofani, Sterling & Kupfer editori,
Milano 2002, pp. 210, 14,50 euro).



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