Guerra all'Iraq era tutto un imbroglio



 http://www.unita.it/index.asp?SEZIONE_COD=EDITO&TOPIC_TIPO=E&TOPIC_ID=26323
di Siegmund Ginzberg

Della «pistola fumante» non c'è traccia. Ma di fumo tanto da affumicare
mezzo mondo. George W. Bush e Tony Blair sono sempre più insistentemente
chiamati a spiegare (l'uno dalla stampa, se non dall'opinione pubblica
americana, già convinta del contrario dalle tv di Rupert Murdoch, l'altro
anche dal Parlamento britannico) perché ci hanno venduto una guerra per
disarmare Saddam Hussein delle sue armi proibite quando già gli risultava
che molto probabilmente non le aveva più.
Inizialmente avevano preso la faccenda sottogamba.
Autorevoli opinionisti avevano cominciato a spiegare che, visto com'è andata
la guerra, che si fosse fatta per il motivo addotto o per un motivo
inventato deliberatamente non faceva più grande differenza. I sondaggi li
confortavano ampiamente in questo senso. Secondo quello della Gallup per la
Cnn e Usa Today il 79% degli americani riteneva che la guerra fosse
giustificata anche se non si trovava alcuna prova di presenza di armi di
distruzione di massa in Iraq, solo il 19% riteneva che ci fosse bisogno di
qualche «prova». Che non venissero fuori era un pochino imbarazzante, ma non
più di tanto, e comunque non di fronte ai loro elettori. Dei dubbi degli
altri non gli poteva importare meno. Era passato, se non proprio
inosservato, come realistica constatazione di come vanno le cose di questo
mondo che la 75th Exploitation Task Force, mandata nell'Iraq liberato per
trovare la pistola fumante se ne fosse tornata a casa senza concludere
nulla. Potevano permettersi di prenderla alla leggera. Il capo del Pentagono
Donald Rumsfeld aveva tranquillamente detto, parlando al prestigioso forum
del Council on Foreign Relations di New York che era ben possibile «che
Saddam Hussein avesse deciso di distruggere (le armi proibite) prima
dell'inizio del conflitto». Il suo numero due, l'ideologo dei falchi
neo-conservatori Paul Wolfowitz, aveva tagliato corto con un argomento
ancora più cinico, e probabilmente molto più vicino al vero: in
un'intervista alla rivista Vanity Fair aveva detto chiaro e tondo, come se
la cosa fosse la più normale al mondo, che la faccenda delle armi di
distruzione di massa era un «pretesto burocratico» per fare la guerra («La
verità è che, per ragioni che hanno molto a che fare con la burocrazia del
governo Usa, ci siamo concentrati come motivazione centrale sulla questione
su cui fra tutte tutti potevano trovarsi d'accordo, quella delle armi di
distruzione di massa», suona il testo).
Poi, di fronte all'accumularsi delle rivelazioni, anche loro hanno dovuto
ricredersi e correggere un po' il tiro. È venuto fuori che non solo non vi
era traccia dei 25.000 litri di antrace, 38.000 litri di tossine al
botulino, 500 tonnellate di gas sarin, mostarda e agenti nervini, delle
30.000 testate capaci di inviarle a destinazione, tantomeno delle atomiche
che lamentavano come mancanti all'inventario, ma sapevano benissimo che non
c'erano. Insomma, che quando Rumsfeld diceva (in gennaio) che «non ho il
minimo dubbio che hanno attualmente armi biologiche e chimiche» e il
vicepresidente Cheney diceva (in marzo) «riteniamo che (Saddam) abbia
ricostituito di fatto armi nucleari», esageravano - se vogliamo usare un
eufemismo- di proposito. In una serie di articoli documentatissimi,
(l'ultimo pubblicato ieri col titolo «No smoking gun»), il Financial Times
di Londra, che certo non è un giornale di sinistra o pacifista, ha fornito
particolari agghiaccianti su come sia maturato il grande inganno e come sia
stata costruita la tavolino la grande spaccatura transatlantica, e tra le
«vecchia» Europa del no alla guerra e la «nuova» Europa amica senza se e
senza ma dell'amministrazione Bush. Viene fuori che lo stesso Colin Powell
era così poco convinto delle «prove» che avrebbe presentato tanto
eloquentemente all'Onu, che ad un certo punto aveva gettato in aria i
rapporti che gli venivano presentati, urlando: «Non potete rifilarmi questa
spazzatura». Il Guardian ha riferito che Powell e il suo omologo britannico
Jack Straw si erano scambiati in una conversazione privata i dubbi sulle
«prove» che si accingevano a presentare. Dalla Cia e dall'intelligence
britannica sono venute «soffiate» sulle pressioni che avevano ricevuto per
presentare le cose in modo gradito alla Casa Bianca, Pentagono e a Downing
street. «La guerra ci è stata venduta sulla base di quel che veniva
descritto come attacco preventivo, colpire Saddam prima che lui potesse
colpire noi, ma è chiaro ora che tanto per cominciare Saddam non aveva nulla
con cui colpirci», il modo in cui chiede spiegazioni al premier Blair il suo
ex ministro degli Esteri Robin Cook, dimessosi proprio per i dubbi sulla
guerra. Di «armi di sparizione di massa», parla acidamente il settimanale
americano Time.
Ora corrono ai ripari, cercano di spiegarsi, sono venute meno le ironie e la
strafottenza della prima ora. Cia e Pentagono si stanno sbracciando a
dichiarare che non hanno subito ed esercitato «pressioni» per esagerare la
minaccia. Bush in visita in Europa anziché dire «non rompetemi», come faceva
sostanzialmente finora, ha dichiarato alla tv polacca che le armi proibite
si troveranno certamente, anzi, meglio, «le abbiamo già trovate». «Abbiamo
trovato laboratori biologici (si riferisce a un paio di rimorchi che
potrebbero, ma potrebbero anche non essere serviti a questo)... Sono
illegali. Sono contro le risoluzioni delle Nazioni unite. E ne troveremo
altri col passare del tempo. Quelli che dicono che non abbiamo trovato
strumenti o armi proibite, sono in errore, le abbiamo trovate...».
Una visione «realistica» della politica mondiale può benissimo giungere alla
conclusione che gli Stati uniti non avevano affatto bisogno della scusa
delle armi proibite per fare la guerra all'Iraq (anche se questo specifico
casus belli gli faceva comodo quando puntavano ad un'autorizzazione
dell'Onu). Avevano altri seri motivi (anche se non sarebbe male cercare di
capire quali: il «cambio di regime»? l'esempio da dare per ridisegnare la
mappa del Medio Oriente? La vendetta per l'11 settembre, visto che Osama non
riescono a beccarlo? Lezioni da dare a Russia, Cina e altri?). Un
intellettuale francese, Emmanuel Todd, aveva evocato per spiegare la
strategia americana la favola del lupo e dell'agnello di La Fontaine: il
lupo snocciola una scusa dopo l'altra, poi si mangia l'agnello solo perché
lo vuole e lo può fare (non è accecamento anti-americano, l'argomento
ritorna, in altri modi, in molti commenti sulla stampa Usa). Saddam non era
certo un agnello. Le armi proibite ce le aveva, e le ha anche usate in
passato. Non le ha usate stavolta, e non è incoraggiante doversi porre il
trilemma: perché non gli conveniva?, perché non le aveva più?, o perché le
ha date a qualcuno di ancora meno raccomandabile? Gli Stati Uniti non sono
il lupo.
Ma possibile che Bush e Blair non si rendano conto che da uno come Saddam è
accettabile, anzi scontato, che mentisse, ma non dai governanti della più
antica e più solida democrazia occidentale?