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Scudi Umani + Iraq Peace Team (Fw: notizie dal ponte n 4/5)
- Subject: Scudi Umani + Iraq Peace Team (Fw: notizie dal ponte n 4/5)
- From: "posta at unponteper.it \(by way of MN PA\)" <pxp at interfree.it>
- Date: Sat, 8 Mar 2003 00:35:52 +0100
-----Messaggio Originale-----
Da: posta at unponteper.it A: NONVIOLENCE LIST Data invio: venerdì 7 marzo 2003 13.08 Oggetto: [non-violence] notizie dal ponte n 4/5 *Scudi Umani *Iraq Peace Team SCUDI UMANI Gli "scudi umani" stanno diventando un grattacapo per Washington. Gli Stati Uniti hanno ammonito l'Iraq a non collocare civili in siti militari nel tentativo di impedire un attacco, dicendo che l'impiego di "scudi umani" rappresenterebbe un crimine contro l'umanità punibile dopo ogni guerra. L'argomento è stato affrontato sia dal Segretario Usa alla Difesa, Donald Rumsfeld, che dal Capo degli Stati Maggiori Riuniti, il generale dell'aviazione Richard Myers, il giorno dopo l'arrivo a Baghdad di circa 100 attivisti partiti da Londra, i quali hanno intenzione di posizionarsi nelle vicinanze di potenziali obiettivi dei bombardamenti nel tentativo di impedire gli attacchi. L'impiego di "scudi umani" "è una pratica che rivela disprezzo per le norme dell'umanità, le regole del conflitto armato, e, mi si dice, la legge, la pratica e la fede dell'Islam", ha dichiarato Rumsfeld durante una conferenza stampa al Pentagono il 19 febbraio. "Collocare scudi umani" - ha aggiunto - "non è una strategia militare, è assassinio, una violazione delle leggi dei conflitti armati e un crimine contro l' umanità, e sarà trattato come tale. Coloro che seguono gli ordini [di Saddam NdR] di impiegare scudi umani pagheranno un prezzo pesante per le loro azioni". Dello stesso avviso il generale Myers, il quale ha detto che usare non combattenti - anche coloro che si offrissero volontari - per proteggere potenziali obiettivi militari "potrebbe essere considerato un crimine di guerra in ogni conflitto". Un ammonimento che aveva già rivolto all'Iraq il 15 gennaio. La questione comunque sembra davvero destare una certa preoccupazione a Washington. Il generale che dovrebbe guidare la guerra - Tommy R. Franks, comandante del US Central Command - ha dichiarato il 26 febbraio all'Associated Press, dal suo quartier generale di Camp as Sayliyah in Qatar, che le forze americane e alleate non potrebbero garantire la sicurezza dei civili che si posizionassero intenzionalmente come "scudi umani" contro un attacco a obiettivi iracheni. "Faremo del nostro meglio per evitare vittime fra i non combattenti ma, ve lo dico, non ci riusciremo al 100%", ha dichiarato. Una posizione condivisa dal ministro della difesa britannico Geoff Hoon, anch'egli in Qatar, che nella stessa conferenza stampa ha detto ai giornalisti: "Non è detto che terremo necessariamente conto dei cosiddetti scudi umani". "Vorrei sottolineare a voi la necessità che chiunque stia contemplando questo genere di azione torni a casa piuttosto che fare il gioco di Saddam Hussein", ha aggiunto. E la campagna del Pentagono non si ferma. Lo stesso 26 febbraio è stato diffuso un rapporto della CIA sull'uso degli "scudi umani" (Putting Noncombatants at Risk: Saddam's Use of 'Human Shields'), secondo il quale, fra l'altro, gli iracheni avrebbero collocato installazioni militari nelle vicinanze di scuole, moschee, magazzini di generi alimentari, e aree residenziali in numerose aree popolate. Attualmente sono più di 100 i volontari internazionali che si trovano a Baghdad con l'intenzione di proteggere le infrastrutture civili da eventuali attacchi: tra loro anche un gruppo di italiani. Il contingente più numeroso - partito da Londra a fine gennaio - è arrivato nella capitale irachena alla metà di febbraio, dopo un lungo tragitto via terra che ha toccato vari paesi europei, e poi la Turchia e la Siria. Il coordinatore, Ken Nichols O'Keefe, è un ex-marine che ha combattuto nella guerra del Golfo, rinunciando successivamente alla cittadinanza americana per "disgusto" nei confronti della politica Usa. (Vedi il suo "diario", pubblicato sul quotidiano britannico The Independent, il 25 febbraio 2003). I primi gruppi di attivisti si sono già posizionati presso installazioni civili: presso la centrale elettrica di Baghdad sud - un impianto che venne colpito da sei bombe nel 1991 e tuttora opera solo a metà della sua capacità di prima delle guerra - presso un impianto per la lavorazione e lo stoccaggio di riso e grano nella zona nord della città, e presso la raffineria di al Dura, anch'essa colpita durante la guerra, e che malgrado sia ancora piuttosto malconcia, raffina 60.000 barili al giorno di petrolio: combustibile di vitale importanza per i trasporti pubblici, il riscaldamento, gli ospedali di Baghdad. I rapporti con le autorità irachene però sembra non siano proprio idilliaci. Il rifiuto da parte di queste alle richieste dei gruppi di volontari di dislocarsi presso ospedali e scuole, da un lato, unito alla delusione per i numeri non proprio significativi rispetto alle esigenze del compito, hanno convinto già un primo gruppo - composto in prevalenza di inglesi, a rientrare a casa. E coloro che sono rimasti in Iraq starebbero "riconsiderando" la loro strategia. Per ulteriori informazioni e aggiornamenti: www.humanshields.org IRAQ PEACE TEAM Una delegazione di 23 pacifisti dell'Iraq Peace Team - il gruppo di attivisti organizzato dall'associazione Voices in the Wilderness che con delegazioni a staffetta è presente dal settembre 2002 in Iraq - si è recata nella zona smilitarizzata nel sud del paese, lungo il confine con il Kuwait, dove ha installato una "Tenda della Pace" e fatto un digiuno di quattro giorni. L'intenzione era di inviare un messaggio sia ai militari americani al di là del confine che agli americani contrari a una guerra all'Iraq. "Speriamo con tutto il cuore che il nostro messaggio ai 90.000 soldati americani già dispiegati in Kuwait e ai pacifisti che si trovano negli Stati Uniti possa aiutare a impedire una guerra", dice la dichiarazione di intenti letta durante una conferenza stampa a Baghdad da Charlie Liteky, 72 anni, di San Francisco, un decorato della guerra del Vietnam. Preghiamo perché ciascuno di voi, dice il testo, rivolgendosi ai militari e ai marinai americani, possa tornare presto "alla propria famiglia e ai propri cari senza dovere partecipare agli orrori della guerra". Riconosciamo "che siete stati messi in una posizione piena di ansia e di pericolo, per la quale condividiamo la responsabilità. Riconosciamo che siete in questa posizione perché in patria non siamo noi a governarci - ma siamo invece governati da una minoranza che decide su questioni di guerra e di pace nell'interesse di pochi, non dei molti. La nostra democrazia inadeguata ci ha portato in passato a impantanarci in situazioni mortali, e ora sull'orlo di un altro conflitto che può essere descritto solo come una tragica guerra dell'impero". L'appello ai militari è quello di umanizzare gli iracheni ".le persone comuni che popolano le città e i villaggi del paese, che lavorano nei negozi e nei ristoranti, vanno a scuola, praticano la loro religione, celebrano compleanni, matrimoni e funerali; che, come gli innocenti in ogni guerra subiranno le maggiori sofferenze - e che sono praticamente identici alle nostre famiglie in patria, specialmente nel loro desiderio di pace". Fu proprio il generale e presidente Dwight Eisenhower - proseguono gli attivisti - a dirci: "Ricordate che tutti i popoli di tutte le nazioni vogliono la pace. Solo i loro governi vogliono la guerra". Vi chiediamo, nostri concittadini, pensare con la vostra testa e il vostro cuore e di fare la cosa giusta". Ai pacifisti e a tutti coloro che negli Usa il 15 febbraio hanno marciato per la pace viene poi rivolto un appello perché questo "giorno storico di protesta non sia la fine dei nostri sforzi, ma solo l' inizio": l'appello a un "un massiccio, sit-down preventivo per la pace" da farsi in tutti gli Stati Uniti come unico modo per evitare una guerra e un disastro umanitario in Iraq . Il movimento per la pace - conclude la dichiarazione, citando le parole del rev. Daniel Berrigan - "otterrà successo solo quando mostrerà lo stesso coraggio per la pace che i soldati mostrano per la guerra". ----------------------------------------------------------- "Un ponte per..."ONG - via della Guglia 69/A 00186 ROMA - tel.066780808 - Fax 06/6793968 e-mail: posta at unponteper.it - web: www.unponteper.it Per iscriverti alla mailing list dell'associazione scrivi un' e-mail vuota all'indirizzo info-unponteper-subscribe at yahoogroups.com - Se desideri effettuare una sottoscrizione ai progetti dell'associazione clicca qui per donazioni con carta di credito Questo è un messaggio della NL - Nonviolence List http://it.groups.yahoo.com/group/non-violence/ non-violence-subscribe at yahoogroups.com |
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