Intervista ad Agostino Zanotti (ADL Zavidovici)



Intervista ad Agostino Zanotti (ADL Zavidovici)
 
a cura di Francesco Lauria
http://francescolauria.blog.tiscali.it
 
1)Come nasce il rapporto tra Brescia e Zavidovici? 

Da un legame di amicizia, l’amicizia nata tra alcuni
ragazzi di Brescia e altri provenienti da Zavidovici
che si erano fermati in Val Trompia per fare i taglia
legna. Un legame d’amicizia iniziato prima della
dissoluzione della Jugoslavia che non si è fermato nei
momenti difficili del conflitto. E’ stato attraverso
loro che è arrivato, verso la fine del ’92, al
Coordinamento Bresciano Iniziative di Solidarietà, un
associazione pacifista che raggruppava persone e
associazioni impegnate nell’aiuto umanitario,
l’appello disperato delle autorità di Zavidovici . Una
richiesta d’aiuto nella quale ci chiedevano di dare
ospitalità in Italia ad alcune famiglie di donne
vedove di guerra con i loro figli. Io facevo parte di
questa associazione e insieme decidemmo di accogliere
questo grido d’aiuto. 

2)Il suo impegno è stato rafforzato dai tragici fatti
di Gorni Vakuf nel 1993 in cui morirono tre suoi
compagni. Qual è il suo rapporto con la Bosnia? 

L’eccidio del 29 maggio 1993 segna un punto di non
ritorno per me. Il crimine di guerra commesso da “
Paraga” segna la mia vicenda personale, quella delle
famiglie delle vittime e anche la storia del pacifismo
italiano. Guido Puletti, Sergio Lana e Fabio Moreni,
cadono sotto i colpi di una banda paramilitare legata
all’ Armija, allo scoppiare del conflitto
croato-musulmano, durante una missione umanitaria che
aveva come scopo l’arrivo in Italia delle donne e dei
bambini di Zavidovici. A quella missione, oltre a me ,
partecipava anche Cristian Penocchio. Da allora mi
sono impegnato, per quanto era nelle mie possibilità,
nel far conoscere la storia di Guido, Sergio e Fabio,
nel costruire , insieme a tanti altri amici, un
percorso di giustizia e verità affinché i responsabili
di quel crimine venissero arrestati e nel rafforzare
l’impegno umanitario verso le vittime del conflitto
bosniaco. 
Ogni volta che attraverso il confine della Bosnia si
rinnova il ricordo di quella tragedia e ogni volta si
rafforza la convinzione che quel crimine mi ha, ci ha,
avvicinato in modo profondo alle tante vittime della
guerra. Questo “ legame di sangue” è sostenuto anche
dalla caparbia volontà nel costruire percorsi di Pace
che possano, intrecciando le singole storie personali,
disegnare uno spazio comune di convivenza, giustizia e
democrazia. 
La Bosnia per me rappresenta un incontro. L’incontro
con una “ terra di mezzo” tra oriente e occidente, con
una cultura ove convivevano varie etnie e religioni,
con donne e uomini e con i loro saperi. L’incontro con
la guerra, il dolore , la distruzione. Questo incontro
che si rinnova in ogni viaggio è il punto di partenza
per costruire rapporti di comunità. 

3)Come si è arrivati alla nascita dell'Ambasciata per
la Democrazia Locale e dell'ADL poi? 

Dal 1992, dopo la marcia dei 500 a Sarajevo alla quale
molti di noi avevano partecipato, sino al 1995 insieme
agli amici del Coordinamento Bresciano Iniziative di
Solidarietà avevamo costruito l’impegno di solidarietà
con la Bosnia su due direttrici: l’invio di generi
umanitari e l’accoglienza in famiglia dei profughi
dalla exYugoslavia. In questo percorso ci avevano
sostenuto diverse municipalità bresciane, cremonesi,
un paese della Sardegna, la città di Alba e alcune
realtà toscane oltre a gruppi locali di volontariato.
Eravamo così riusciti a inviare diverse tonnellate di
aiuti umanitari e ad accogliere circa 220 persone. Il
modello dell’accoglienza è stato molto innovativo.
Intorno alla famiglia ospitata si raccoglieva una rete
di sostegno fatta di persone e autorità locali per
fornire ai profughi il massimo sostegno possibile. In
questo modo le vicende della guerra entravano
direttamente nelle case e nei paesi attraverso il
racconto diretto dei profughi. 
Alla fine del 1995 , dopo gli accordi di Dayton, era
importante dare alla rete che si era consolidata con
l’esperienza “ dell’emergenza” e all’azione di
cooperazione decentrata che si era messa in atto, un “
corpo istituzionale “ che potesse sviluppare
ulteriormente il ruolo politico della solidarietà. Era
necessario unire volontariato locale, enti locali e
sede europea. L’incontro con Rosita Viola, che aveva
appena terminato un corso con Papisca all’interno del
quale aveva avuto notizie del progetto delle
Ambasciate sorto in sede di Consiglio d’Europa, ci ha
permesso di evolvere la nostra azione di cooperazione
decentrata verso un progetto di cooperazione
permanente e stabile come quello delle ADL. 
Nel 1996, dopo una lungo discussione all’interno della
nostra rete, ci costituiamo in associazione di secondo
livello con quattro soci fondatori: L’associazione
Comuni Bresciani, la Provincia di Cremona, la città di
Alba e il Coordinamento Bresciano. Nello stesso anno
riceviamo dall’organismo europeo delle ADL,
costituitosi già nel 1993 con una apposita
risoluzione, lo status di ADL e apriamo la nostra sede
di ambasciata a Zavidovici. L’inaugurazione avverrà
nell’aprile del 1997. 

4)Qual è l'incidenza dell'ADL sulla società bresciana,
come funziona il rapporto con i partners istituzionali
e non? 

Il rapporto con il territorio bresciano si sviluppa su
diversi livelli a seconda dei settori di attività. La
rete di sostegno si allarga e si stringe in
riferimento ai progetti in corso. Le scuole, le
municipalità, il sindacato, gli imprenditori, le
università, i gruppi teatrali o musicali, singoli
cittadini rappresentano la rete di supporto alle
nostre attività. 
L’associazione ha, ovviamente , i propri organi
istituzionali all’interno dei quali il rapporto tra
società civile e istituzioni, un binomio non così
netto, è ben bilanciato. 
Il coinvolgimento attivo dei singoli gruppi e
istituzioni che costituiscono l’ADL è uno degli
obbiettivi prioritari che ci poniamo in continuazione.
L’esistenza di una rete di soggetti così ampi sia nel
senso della territorialità , Alba, Cremona e Brescia,
che in quello della sua eterogeneità, da gruppi di
giovani agli assessori comunali, rende l’aspetto della
comunicazione e del livello decisionale, democrazia
interna, punti critici per la nostra associazione. 

5) A dieci anni dalla fine della guerra quali sono le
possibili evoluzioni del progetto dell'ADL Zavidovici
e delle ADL in generale? 

L’obbiettivo prioritario delle ADL, singole o come
associazione, è quello di rafforzare i legami tra i
cittadini dell’Europa secondo un approccio inclusivo e
non espulsivo; contrapporre alla logica dell’Europa
dei mercati quella dell’ Europa dei cittadini,
insistendo nell’affermazione di una politica della
solidarietà per contrastare “ l’economia della
politica”. Per questo le ADL hanno bisogno di essere
supportate da una reale rete locale di cittadini,
affinché l’incontro delle comunità sia effettivamente
l’incontro e l’intreccio dei diversi saperi. Le ADL,
così come l’associazione, si trovano continuamente in
bilico tra le politiche istituzionali che tendo a
riproporre le politiche governative e le spinte di
cambiamento che provengono dalla società civile e dai
sui movimenti, questo è legato all’origine del
progetto e alla sua storia. Il futuro delle ADL sta
proprio in questo, nel riuscire a evolversi tenendo
sempre presente le motivazioni iniziali per cui sono
state istituite. Le ADL hanno senso di esistere se
sono in grado di mettere in campo processi
partecipativi all’interno dei quali le donne e gli
uomini coinvolti si sentano adeguatamente coinvolti,
percorsi partecipati attraverso i quali costruire la
narrazione di una Europa solidale e sostenibile. 
Il compito più difficile spetta all’associazione delle
ADL perché soggetto più esposto istituzionalmente, ma
va sostenuto attraverso l’azione quotidiana delle
singole ADL e la loro capacità di aggregare i
territori. La “ politica “ dell’ALDA dovrà sempre di
più rappresentare la politica delle ADL altrimenti il
rischio di un “ corto circuito “ tra un locale e
generale sarà evidente e deleterio per il futuro del
progetto. 



	

	
		
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