Intervista ad Andrea Rossini (ADL Zavidovici).



Intervista ad Andrea Rossini (ADL Zavidovici).
 
1) Potrebbe raccontarmi come è cominciata l'avventura
di delegato dell'Adl di Zavidovici?

Io lavoravo dal 1992 prima a Milano e poi a Brescia
nei campi di accoglienza per i profughi della ex
Jugoslavia aperti dalle amministrazioni comunali, che
ospitavano soprattutto famiglie rom provenienti da
quella regione.
Finita questa  esperienza, che è durata cinque anni,
mi sono fermato per un anno di specializzazione in
diritto e politica internazionale presso l’ISPI, a
Milano. A Brescia nel frattempo ero entrato in
contatto con il progetto Zavidovici, che continuava
dagli anni della guerra in Bosnia Erzegovina,
partecipando all’inaugurazione della Ambasciata della
democrazia locale nell’aprile del 1997. Nel 1998 ho
deciso di stabilirmi a Zavidovici dove ho prima
affiancato Rosita Viola di Cremona, la precedente
delegata dell’ADL, e nel 1999 sono divenuto delegato
ufficiale. Direi che quindi si è trattato di una serie
di incontri casuali all’interno di un quadro non
proprio casuale…
 
2)Come si è evoluta in questi anni l'area in cui opera
l'ADL?

All’inizio la presenza internazionale sia a livello
istituzionale che di ONG era molto più consistente di
oggi. Nel tempo abbiamo visto poi un progressivo
trasferimento delle diverse organizzazioni verso altre
aree della regione o del mondo. Per quanto riguarda la
questione dei ritorni, all’epoca se ne parlava, ma si
trattava di movimenti molto limitati, le uniche
presenze consistenti erano quelle degli sfollati
interni della stessa nazionalità che era maggioritaria
nel cantone di Zenica Boboj, quella bosniaco
musulmana. A Zavidovici c’erano moltissimi sfollati
che provenivano dalla Bosnia orientale, in particolare
da Srebrenica.
Tra le municipalità di Zavidovici (a maggioranza
musulmana) e quella confinante di Zepce (in prevalenza
croato-bosniaca) avvenivano ritorni in maniera
limitata ma abbastanza continua. In generale veri e
propri ritorni di minoranze cominciarono ad avvenire
più tardi, tra il 2000 ed il 2001.
Tra Zavidovici e Maglaj c’era invece una presenza
significativa di mujaheddini in una comunità locale 
(Bocinje) che ovviamente ostacolava il ritorni dei
serbi in quei paesi sul lato destro della Bosnia.
Oggi gran parte di queste situazioni si sono evolute,
e il movimento dei ritorni è piuttosto evidente.
Restano inalterato invece gravi problemi dal punto di
vista economico, Che portano le persone rifugiate
all’estero a rimanere fuori del paese. (quelli che
possono fare una scelta di questo tipo)), e in
generale a mantenere una costante spinta migratoria.
Dal punto di vista economico la struttura produttiva
si articolava intorno a grandi combinat industriali. 
L’acciaieria di Zenica impiegava migliaia di operai,
ma quasi tutte le città del cantone erano cresciute
intorno ad un enorme combinat statale, erano delle
città-fabbrica. A dieci anni dalla fine della guerra
la situazione dei Kombinat non è mutata gran che, vi è
stato ovviamente un fortissimo ridimensionamento della
produzione, e quasi tutti sono in una attesa mitica
della priviatizzazione e do una acquisizione da parte
di un partener straniero di , ciò che è avvenuto
recentemente ad esempio per le acciaierie di Zenica,
sui cui effetti staremo a vedere.
 
3)Quali sono i compiti e le difficoltà da affrontare
per un delegato di una ADL?

Soprattutto la difficoltà di dover rappresentare sul
piano locale una rete composta da livelli molto
diversi di organizzazione e lavoro.
La rete dell’ADL comprende gruppi locali di
associazionismo e volontariato e gruppi più
strutturati coinvolti nella cooperazione
internazionale, inoltre vi è il livello degli enti
locali, e delle organizzazioni internazionali, in
particolare il Consiglio d’Europa.
E’ difficoltoso mantenere un linguaggio che sia
comprensibile a tutti.
I compiti fondamentali del delegato sono rappresentare
la rete dell’ADL in loco, gestire i progetti in corso
e progettarne di nuovi, leggere la realtà locale e
cercare di allargare la rete a tutti i soggetti
interessati ad una esperienza di scambio e di
cooperazione decentrata.

4)Qual è il rapporto con le istituzione locali e
stranieri?

Il rapporto con i partners stranieri non italiani,
belgi e scozzesi è stato, dopo gli entusiasmi
iniziali, molto difficile. Brescia, Cremona, Alba sono
stati invece comuni e società civili coinvolti fin
dall’inizio che hanno mantenuto rapporti molto forti
con l’associazione di supporto all’ADL, che è partners
leader del progetto. Vi è stato uno scambio continuo e
devo dire che anche i rapporti con le amministrazioni
locali italiane  non sono sostanzialmente cambiati
neppure in conseguenza di eventuali mutamenti del
colore politico delle giunte.

5) Lei è delegato europeo dell'ALDA: come funziona
questo organismo? Vi sono aspetti da migliorare?

L'ALDA rappresenta il quadro all’interno del quale si
incontrano e confrontano tutte le varie ADL, che sono
esperienze anche piuttosto diverse tra loro.
Rappresenta la evoluzione di una rete che all’inizio
era gestita direttamente dal congresso dei Poteri
Locali e Regionali del Consiglio d’Europa. Una volta
all’anno ci incontriamo in una assembra generale,
preparata da vari incontri intermedi del comitato
direttivo dell’Associazione. Si tratta di un comitato
sufficientemente rappresentativo sia dei partners
leader delle ADL che dei vari soci. Stante la
complessità di tale esperienza, io ritengo che si sia
trovato un buon equilibrio e che anche gli aspetti
legati alla comunicazione, esterna ed interna,
funzionino bene. In generale, data anche la mia
esperienza personale, credo che la priorità vada
sempre data in termini di rappresentanza che di potere
decisionale a chi sta sul “campo". Devo dire peraltro
che le singole esperienze di ADL hanno sempre
mantenuto un grande grado di autonomia e possono
decidere in ogni momento se per far parte oppure no di
eventuali programmi comuni all’intera rete. D'altro
canto se non ci fosse l'ALDA credo che saremmo tutti
molto più isolati






	

	
		
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