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(Fwd) In Kossovo le cose strane sono normali
- Subject: (Fwd) In Kossovo le cose strane sono normali
- From: "Davide Bertok" <davide at bertok.it>
- Date: Tue, 10 Aug 2004 19:42:55 +0200
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------- Forwarded message follows ------- Date forwarded: Tue, 10 Aug 2004 19:16:40 +0200 Date sent: Tue, 10 Aug 2004 19:13:36 +0200 Subject: In Kossovo le cose strane sono normali From: "ibrizie\@libero\.it" <ibrizie at libero.it> To: "news" <news at peacelink.it> Forwarded by: news at peacelink.it Send reply to: news at peacelink.it [ Double-click this line for list subscription options ] 6/8/2004 In Kossovo le cose strane sono normali; in questi giorni, per esempio, la corrente elettrica c’e’ solo poche ore al giorno; uno dei tanti prodigi della democrazia occidentale importata con le bombe nel 1999. Qui a Gorazdevac, enclave serba difesa da soldati italiani e rumeni, che molte volte hanno le idee poco chiare, il tempo scorre lento e annoiato. I lavori nei campi, che un tempo scandivano la vita contadina, sono molto limitati, andare troppo lontani puo’ essere pericoloso specialmente dopo il 13 agosto dell’anno scorso quando due ragazzi del paese, Ivan e Panto, sono stati uccisi e cinque feriti mentre facevano il bagno al fiume. La gente vive in una doppia prigione: quella creata dalla situazione, ossia fuori da qui e’ pericoloso essere serbi e quella creata da quelli che ti guardano storto se cerchi di contattare uno dall’altra parte. Gli albanesi poco distanti vivono anche loro in prigione, una prigione un po’ piu’ grande dove i confini del Kossovo diventano sempre ! piu’ impraticabili, da poco tempo nemmeno piu’ la Bosnia i Herzegovina fa passare i kossovari muniti di passaporto UNMIK con stampigliato sopra il simbolo delle Nazioni Unite. Un’altra prigione per gli albanesi e’ quella che li fa passare per Gorazdevac e far finta di non conoscere vecchi amici per paura che altri albanesi li vedano e li possano accusare di “famigliarizzare con il nemico”. Tutte queste prigioni constringono le amicizie a racchiudersi dietro un alone di segretezza. M., per esempio, passa attraverso vie secondarie e poco vigilate per andare a trovare il suo amico D. dentro l’enclave. P. mi manda in avan scoperta a vedere se il suo vecchio amico albanese, che da poco e’ tornato dalla Norvegia, e’ disposto ad andarlo a trovare per un caffe’. C’e’ anche chi per vedere la sorella, che ha sposato un albanese cinquant’anni fa e che abita a soli due chilometri, e’ costretto a mobilitare una scorta armata sperando che i parenti albanesi della sorella le permettano di! vederla. In mezzo a q¿In quel giorno E. stava cercando di sop! ravviver e alla calura estiva, il suo spirito era ottimista e il suo orto curato. Due raffiche falciano due ragazzi al fiume altri cinque sono feriti. Nel villaggio c’e’ subito molta confusione e lui nella foga carica uno dei sopravissuti in macchina per portarlo all’ospedale. La sua macchina ha la targa serba, non c’e’ tempo da perdere, si parte con lui ci sono due parenti del ferito. La confusione e la tensione sono alte, uno dice vai a destra l’altro a sinistra, lui va destra pensando di andare verso l’ospedale militare che pero’ da poco e’ stato trasferito. La strada passa in mezzo al mercato, all’andata fila tutto liscio, ma poi si deve tornare indietro perche’ l’ospedale non c’e’. La scorta si perde e dun tratto la macchina brontola e si spegne: la benzina e’ finita. La gente si accalca attorno alla macchina e forse qualcuno comincia a prenderla a calci. La folla e’ tanta e i poliziotti che sono poco distante non riescono a controllare la situazione. Qualche cosa rompre i vetri della macchina, E. riceve un pugno in faccia e, ad un tratto, arriva un sasso. La reazione istintiva e’ quella di proteggere la testa cosi’ il sasso ferisce il braccio. E. dice che a quel punto ha pensato di essere finito e che tutte le sue forze erano concentrate nella sopravvivenza. Ma poi ad un tratto arriva una colonna militare che e’ diretta proprio a Gorazdevac, ci sono anche due ambulanze. Vedono la folla e intuiscono che qualcosa sta succedendo. Alla vista dei soldati la folla si disperde, E grida: “Please Help me! Please Help me!” La folla si dirada ulteriormente i soldati si avvicinano, E. e gli altri della macchina si riparano sui mezzi militari. Lui si ritrova sull’ambulanza con il ragazzo ferito. Anche lui e’ lacero e ha un braccio sanguinante. All’ospedale per E. la situazione e’ umiliante. Alcune persone lo guardano storto quasi fosse un criminale, i suoi vestiti sono macchiati di sangue. I giorni seguenti sono i giorni della sofferenza, tutto il villaggio e’ in lutto. E. viene convocato dalla polizia per i fatti avvenuti sulla strada del mercato ma a quanto pare qualcuno lo ha denunciato e si trova dun tratto a passare da vittima ad accusato. Per la prima volta in vita sua E. viene interrogato, fotografato e schedato. Chiede un avvocato ma la procedura non lo consente. La sera stessa scappa in Serbia per paura di essere arrestato. In Serbia chiede aiuto al governo perche’ i suoi diritti vengano difesi presso le massime sfere dell’amministrazione UNMIK. Poco o nulla si muove e cosi i giorni diventano mesi. Arriva novembre e la cosa non si e’ ancora sbloccata. La sua famiglia e’ in Kossovo lui in Serbia, separati da un accusa che E. considera infamante. A novembre E. ha la festa della casa, il santo protettore della sua famiglia, qui questa ricorrenza e’ molto importante, mancano pochi giorni alla data e le cose non accennano a cambiare. Nel cuore della notte ! E. ha un attacco d’ansia, non riesce a respirare, ha la tacchicardia, ha paura di morire e corre al pronto soccorso. Bussa alla porta e con un filo di voce spiega la sua storia all’infermiere di turno. Un calmante sistema la situazione per il momento. Ancora un po’ di esitazione ma poi l’indomani mattina E. decide che deve tornare dalla sua famiglia costi quel che costi. Proprio quel giorno c’e’ il convoglio scortato, con la sua macchina si accoda e torna a Gorazdevac. Quest’anno il suo orto non e’ curato e E. non e’ piu’ ottimista come un anno fa. La polizia non lo ha piu’ cercato, lui continua a sognare la Slovenia e a vivere a Gorazdevac. Dopo il racconto e dopo il caffe’ E. mi guarda e dice che pero’ non ha perso del tutto la speranza nelle persone e quindi nemmeno negli albanesi, un pizzico di speranza c’e’ ancora. Questa cosa e’ strana e straordinaria ma forse per E. e’ normale. Qui a Gorazdevac domani si celebra l’anniversario religioso a un anno dall’uccisione di Ivan e Panto il 13 agosto 2003, sara’ un giorno strano ma a suo modo normale. www.operazionecolomba.org -- Mailing list News dell'associazione PeaceLink. Per ISCRIZIONI/CANCELLAZIONI: http://www.peacelink.it/mailing_admin.html Archivio messaggi: http://www.peacelink.it/webgate/news/maillist.html Si sottintende l'accettazione della Policy Generale: http://www.peacelink.it/associazione/html/policy_generale.html ------- End of forwarded message -------
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