(Fwd) N.E. Balcani #638 - Serbia-Montenegro



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N.E. BALCANI #638 - SERBIA/MONTENEGRO
13 marzo 2003


ALLA CACCIA DI LEGIJA
(da "Danas" [Belgrado], 13 marzo 2003)

Un profilo di Legija, che il governo serbo ritiene esser il mandante 
dell'attentato a Djindjic, e il comunicato con il quale le autorità 
di Belgrado spiegano le motivazioni dell'ordine di cattura nei suoi 
confronti

[Seguono due materiali da "Danas" di oggi: un profilo di Legija, per 
il governo serbo il principale sospettato dell'attentato a Djindjic, 
e il comunicato del governo stesso sull'ordine di cattura di Legija e 
di altri criminali. Riportiamo i documenti a fine documentativo e 
sottolineiamo non solo che altre ipotesi sui colpevoli sono allo 
stato attuale altrettanto verosimili, ma anche che la stessa vicenda 
di Legija e delle sue connessioni con il potere è molto più complessa 
di come la presentano gli uomini del governo di Belgrado. Segnaliamo 
a proposito due articoli pubblicati in passato da "Notizie Est - 
Balcani" in cui si parla di Legija e delle sue connessioni con 
Djindjic, Simatovic e Stanisic: "Una quieta rivolta armata", di 
Riccardo Chelleri e "Come la polizia ha rinnegato Slobodan Milosevic" 
di Dejan Anastasijevic e Jovan Dulovic - a.f.]

UN RITRATTO DI MILORAD LUKOVIC - LEGIJA

Il principale sospettato per l'omicidio del premier serbo Zoran 
Djindjic, l'ex comandante delle Unità per le Operazioni Speciali 
(JSO), colonnello Milorad Lukovic-Legija, ha ricevuto il suo 
soprannome per il fatto di avere servito nella Legione straniera 
francese, dove ha ricevuto anche la prima educazione militare. Si è 
diplomato al liceo musicale di Belgrado e non ha mai servito 
nell'Esercito jugoslavo (JNA). Milorad Lukovic è nato a Belgrado il 
15 marzo 1968 da Milan Lukovic e Natalina Ignjatovic e il suo 
indirizzo ufficiale è in via Ilija Stojadinovic 87/3 nella capitale 
serba. Durante il conflitto nella ex Jugoslavia ha fatto parte delle 
formazioni paramilitari di Zeljko Raznatovic - Arkan. Lukovic, ai 
tempi in cui Jovica Stanisic era ancora capo della Sicurezza di Stato 
(RDB), è stato nominato capo dei "berretti rossi" (le JSO), che ha 
guidato fino alla sua sostituzione nel 2001. E' stato rimosso 
dall'incarico dopo gli incidenti nella discoteca di Kula e nel Teatro 
Drammatico Jugoslavo, in occasione dei festeggiamenti per il 
compleanno di Svetlana Raznatovic. Dragan Vasiljkovic, detto Kapetan 
Dragan, fondatore dei "berretti rossi", ha descritto Legija ai 
giudici per le indagini del Tribunale dell'Aia come un "uomo duro", 
ma privo delle doti necessarie per comandare unità speciali. 
Vasiljkovic in quell'occasione ha affermato che i "berretti rossi", 
dopo che lui è stato sostituito, hanno preso tra le loro fila 
personaggi dal passato criminale. Gli avvocati dei dirigenti della 
SPO uccisi sulla strada di Ibar, nonché il leader di tale partito, 
Vuk Draskovic, durante il processo agli accusati di tali omicidio 
hanno continuato a sostenere che fosse stato Legija a organizzare 
l'attentato.


L'ORDINE DI CATTURA CONTRO LEGIJA E 22 MEMBRI DEL CLAN DI SURCIN

L'azione condotta per più mesi dal governo della Serbia nella lotta 
contro la criminalità organizzata, la nomina di un giudice speciale e 
la raccolta delle testimonianze dei testimoni protetti sono giunti al 
termine.

Ieri doveva essere firmato l'ordine di cattura dei maggiori gruppi 
della criminalità organizzata sul territorio della ex Jugoslavia. Tra 
le decine di atti criminali di cui vengono accusati vi sono:

1. Il rapimento e l'uccisione dell'ex presidente della Serbia, Ivan 
Stambolic
2. L'attentato sull'autostrada di Ibar
3. Il tentativo di omicidio di Vuk Draskovic a Budva, in Montenegro
4. Alcune decine di rapimenti effettuati negli ultimi anni
5. Più di cinquanta omicidi commessi sul territorio di Belgrado e di 
altre città
6. Il traffico organizzato di narcotici e la creazione di una rete 
per la loro vendita sul territorio della ex Jugoslavia e dell'Europa
7. L'utilizzo di metodi e mezzi terroristici nei reciproci 
regolamenti dei conti, a danno della sicurezza di tutti i cittadini 
(l'attacco con bombe contro la società Difens road di Zemun Polje
8. Il tentato omicidio del presidente del governo serbo, dr. Zoran 
Djindjic, effettuato il 21 febbraio di quest'anno sul tratto di 
autostrada nei pressi della sala Limes.
9. L'uccisione del presidente del governo della Serbia, dr. Zoran 
Djindjic, avvenuta il 12 marzo nel cortile del palazzo del governo.

Questo gruppo criminale organizzato, noto come "clan di Zemun", è 
composto da circa 200 criminali contro i quali finora sono state 
emesse più di 300 incriminazione.

I leader di questo clan sono:

1. Milorad Lukovic, noto come Legija
2. Dusan Spasojevic, noto come Siptar
3. Mile Lukovic, noto come Kum
4. Vladimir Milisavljevic, noto come Budala
5. Milos Simovic
6. Aleksandar Simovic
7. Miladini Suvajdzic
8. Dusan Krsmanovic
9. Milan Jurisic, noto come Jure
10. Sasa Petrovic
11. Zoran Vukojevic, noto come Vuk
12. Dejan Milenkovic, noto come Bagzi
13. Nikola Bajic
14. Draga Vujicic, noto come Bego
15. Mladjan Micic, noto come Pacov
16. Srdjan Mijailovic
17. Djordje Krsmanovic
18. Loran Milic
19. Dragan Ninkovic, noto come Prevara
20. "Leo" o "Leka"
21. Darko Djordjevic
22. Vladan Mladenovic
23. Sretko Kalinic

L'attentato al presidente del governo, dr. Zoran Djindjic, 
rappresenta il tentativo di questo gruppo di arrestare la lotta 
avviata contro la criminalità organizzata e di sfuggire singolarmente 
all'arresto.

Il nascondersi dietro il patriottismo, il tentativo di immischiarsi 
nella politica, i collegamenti con strutture dello stato, la 
corruzione di giornalisti e di analisti, così come gli attacchi 
contro il governo della Repubblica di Serbia, e in particolare il suo 
presidente, sono tutti mezzi che questo gruppo ha utilizzato fin dal 
momento in cui sono stati scoperti e arrestati i responsabili delle 
uccisioni sull'autostrada di Ibar [l'attentato a Draskovic - il 
processo si è chiuso a fine gennaio con la condanna di due esecutori 
materiali e dell'ex capo dei servizi segreti Rade Markovic (7 anni di 
prigione) per avere coperto i fatti. Il partito di Draskovic si è 
detto insoddisfatto della condanna e ha chiesto di individuare i veri 
mandanti, con prove concrete - N.d.T.].

L'uccisione del presidente del governo della Serbia rappresenta il 
tentativo di questo clan criminale di creare il caos nel paese, 
diffondendo l'anarchia e la paura, cioè l'ambiente naturale in cui 
agiscono questi gruppi. Con la loro cerchia, appellandosi e 
nascondendosi dietro il patriottismo, hanno cercato di ottenere il 
sostegno di alcune strutture politiche, il tutto al fine di sfuggire 
alle responsabilità per i crimini commessi.

Indipendentemente dall'enorme danno che il governo e i cittadini 
della Serbia hanno subito ieri, il governo della Repubblica di Serbia 
non ha diminuito la risoluzione con cui porterà a termine il lavoro 
avviato. La risposta dello stato sarà chiara e univoca.

L'introduzione dello stato di emergenza è una misura necessaria con 
la quale i criminali verranno portati davanti alla giustizia, e 
difenderà lo stato da questi e altri gruppi simili che intendono 
aggredire le istituzioni democratiche della Serbia.

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