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(Fwd) Chiusa RAI Balcani, Remondino a casa - (Fwd) [JUGOINFO]
- Subject: (Fwd) Chiusa RAI Balcani, Remondino a casa - (Fwd) [JUGOINFO]
- From: "Davide Bertok" <davide at bertok.it>
- Date: Wed, 27 Nov 2002 14:34:57 +0100
- Priority: normal
------- Forwarded message follows ------- From: "glr" <glr.y at iol.it> To: "Dist. List 1 n" <glr.y at iol.it> Date sent: Wed, 27 Nov 2002 13:28:12 +0100 Subject: Chiusa RAI Balcani, Remondino a casa - (Fwd) [JUGOINFO] Visnjica broj 228 Send reply to: "Dist. List 1 n" <glr.y at iol.it> Priority: normal ------- Forwarded message follows ------- From: "Coord. Naz. per la Jugoslavia" <jugocoord at libero.it> Date sent: Sun, 24 Nov 2002 13:46:26 +0100 Subject: [JUGOINFO] Visnjica broj 228 CENSURA SUI MEDIA A BELGRADO, MA NON SOLO I TAPINI DI "B-52", BENSI' ENNIO REMONDINO L'ultima impresa Rai: rimosso Ennio Remondino Ultima impresa Rai, «chiudere l'ufficio dei Balcani». Lo denuncia, in un'intervista al sito dell'associazione Articolo 21, il corrispondente Ennio Remondino: «Ho appreso la notizia con due righe burocratiche, come si comunica che viene cessato un contratto d'affitto». Eppure la sede dei Balcani, aperta 5 anni fa, nella guerra, riguarda un territorio che va dalla Turchia all'Ungheria dove «abbiamo più di 10mila uomini dei contingenti militari italiani, e grossi interessi economici, e crisi ancora aperte», sottolinea Remondino; nonché la partita dell'«allargamento dell'Europa». E motivo dell'improvvida iniziativa «non è certo il bilancio: 250 milioni di budget complessivo... con quella cifra ci paghi la portineria e l'ascensore della sede di New York». Reagisce il Ds Giulietti, portavoce di Articolo 21, «speriamo che non sia vero», e chiede alla Rai se si tratti di una decisione del cda, e se il provvedimento «sia stato preso ad personam per Ennio Remondino», giacché l'«orrenda lista di proscrizione» ai danni di giornalisti e dirigenti non graditi alla maggioranza di governo, induce il «legittimo sospetto» che si voglia colpire un altro giornalista «scomodo perché libero». Sullo stesso registro reagiscono i responsabili informazione dei Ds Morri, e del Prc Bellucci, il verde Boco, membro della Commissione di vigilanza Rai. La Rai `smentisce' non smentendo: «si deve precisare che non esiste alcuna decisione in merito a una possibile chiusura di quella sede», e però «è necessario sottolineare che i direttori di testata, ai quali spetta la valutazione professionale di queste questioni, in una riunione del 24 ottobre hanno manifestato uno scarso interesse per l'ufficio di Belgrado nel quadro delle priorità strategiche internazionali». (da "Il Manifesto", 23/11/2002) ---------- Initial Header ----------- From : bjones at interfree.it To : jugocoord at libero.it Date : 24 Nov 2002 04:05:34 -0000 Subject : Monoscopio da Belgrado (ergo: silurate Remondino) Tutti questi fonemi, krkrkr, tutti questi nomi propri ich- ich, dice chi presta orecchio al serbocroato senza conoscerlo. Lo presagiva anche Danilo Kis, scrittore jugoslavo di talento, che ad Ovest rimane indefinitamente misconosciuto: perché l'arto amputato dell'Europa, quello balcanico, interessa solamente quando occorre strillare di barbarie secolari e malefatte storiche: da Gavrilo Pricip alle farse dell'Aja. (Notizia fresca: Carla del Ponte sa che Mladic è a Belgrado. Complimenti per l'intuito). Di Jugo- storie e di Jugo-culture non sappiamo nulla. Passa, sdoganato con l'etichetta frettolosa del consumo, il folklore post-bellico di Kusturica e passano, sdaziate dalle feste di piazza estive, le sudate fanfare di Bregovic: nient'altro. Di jugo-letteratura in occidente qualcuno ha letto Andric, il Nobel, quello del ponte sopra quel certo fiume, cos'è, mica il Danubio? S'è detto e scritto tutto il possibile e spesso l’improbabile su Sarajevo, slavine di volumi in perfetto stile 'c'ero anch'io', come conviene al rampante giornalista occidentale, dall'Amanpour in poi: Sarajevo e il sangue, lo specchio e la memoria, il dolore e l’odio, Sarajevo oggi, Sarajevo muore, Sarajevo vive, Sarajevo Sarajevo: ma dove sarà l'accento, si dice Sàrajevo, Saràjevo, Sarajèvo? Forse Srebrenica, in sillabe, aveva una pronuncia troppo ostica per potersene occupare quanto ci s'è occupati di Sarajevo, e malamente. Ad ogni modo, a dieci anni dall’assedio ben in pochi ne conservano memoria: tutto quel krkrkkr, ich-ich, quelle mahale, kasabe, carsije, dzamije, dzezve, dimije: troppo macchinoso e levantino, troppo radioattivo l'uranio che avvelena la bella Bosnia (la bella Serbia non sta meglio, ma è un uranio impoverito umanitario, ed evapora con nonchalance). Interrotto il romanticismo dell'assedio da narrare, il brivido degli snajper da descrivere con aggettivi straripanti: i cecchini atroci, gelidi come la morte. Giusto un menestrello italico è riuscito di recente a piazzare sulle colline della Bosnia le balalajke, soggettino d'un ritornello sanremese. A Sarajevo non ci sono balalajke, provare per credere, ma l'occidente presagisce un oriente slavo mescolato proprio in questo modo: matrioske, rakija e polveriere, il minestrone dev'essere pronto in cinque minuti e possibilmente lacrimevole. Balcani solubili, fast-ex-jugo. Consumare in fretta e niente effetti collaterali. L'informazione dalla Jugo-Atlantide, ahinoi, non offre di meglio. Il corrispondente impavido che tenta l'approfondimento (cosa accade nella pace Nato prefabbricata del Kosovo, ad esempio? Qual è lo stato di salute della democrazia croata? E a Skopje, che succede?) incassa in genere un commento che è già uno sbuffo: ah, ancora la Jugoslavia? Non vende più, la Jugoslavia, annotava amaramente Jasmina Tesanovic nel suo diario da Belgrado. E' il solito occidente, bellezza: sappiamo tutto sul cardio-doppler di Milosevic (il garante- tiranno, selezionato dall’Alleanza Atlantica per siglare gli accordi di Dayton prima, e qualche anno più tardi scelto per liquidare le colpe collettive), ma delle recenti catastrofiche elezioni in Serbia e Bosnia s'è detto l'essenziale, e l’essenziale è nulla. Forse perché il disastro si rivolge ad occidente, e alle radici della catastrofe elettorale ci siamo noi. Pochi, i giornalisti che si occupano di Jugo-Balcani con la serietà dovuta. Uno di questi si chiama Remondino Ennio, dodici anni di jugo-anzianità, e nei negozi di Belgrado il suo cognome ha involontariamente battezzato quel certo giubbottino di renna spelacchiata ('il remondino', appunto) che il nostro indossava per raccontare dagli schermi Rai, spesso nelle ultime edizioni a margine (perché le lacrime di Kukes 'tiravano', come si dice in gergo, più di quelle di Pancevo) la guerra del '99. Bravo, Remondino, e competente: raccontare in diretta la prima guerra umanitaria della storia era fatica da Don Chisciotte. Eppure c'è riuscito. E c'è riuscito grazie alle qualità specifiche ed essenziali di ogni bravo giornalista: pazienza, competenza, molta ironia: per chi l'ha saputa cogliere fra un krkrkr e un ich-ich, senza orpelli, senza servilismo. Notizia del giorno, 23 novembre 2002 anno domini, Remondino il non-allineato rientra nelle spese che il CdA di mamma Rai decide di tagliare: chiude la redazione di Belgrado. Eppure quel che accade fra Praga e Istanbul è proprio Remondino a poterlo riferire, e dovrebbe riguardarci da vicino. Pare che per la Rai non sia così: il minestrone di polvere da sparo e domande restate prive di risposta non interessa più: alla voce ‘Balcani’, in Rai, solo uno spazio vuoto, un monoscopio ‘fine delle trasmissioni’ certo più rassicurante del narrante Remondino. Brutto momento per l’informazione, nella penisola italica separata da quella balcanica da un solo braccio di Adriatico: fischia un vento troppo destro per essere definito solamente sinistro. Aveva ragione proprio Remondino: "se le stronzate del giornalismo italiano fossero mine, saremmo una categoria di mutilati". Babsi Jones http://bjones.interfree.it -------------------------------------------------------- FOR FAIR USE ONLY --> La lista JUGOINFO e' curata da componenti del Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia (CNJ). 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