Intervento Deiana su Essential Harvest in Macedonia



COMMISSIONI RIUNITE
III (AFFARI ESTERI E COMUNITARI) E IV (DIFESA) DELLA CAMERA DEI DEPUTATI
E 3A (AFFARI ESTERI, EMIGRAZIONE) E 4A (DIFESA) DEL SENATO DELLA REPUBBLICA
AUDIZIONE
Seduta di martedì 21 agosto 2001
Comunicazioni del ministro della difesa e del ministro degli affari esteri
in ordine alla partecipazione di un contingente militare italiano alla
missione NATO Essential Harvest in Macedonia.
ELETTRA DEIANA. Rappresento una voce fuori dal coro. Esprimo un dissenso
molto meditato e responsabile rispetto a questo ulteriore impegno italiano
nella regione dei Balcani. Il dissenso è espresso a nome del gruppo di
Rifondazione comunista ed è legato sia allo specifico della missione sia al
problema che i ministri degli esteri e della difesa hanno ben espresso,
relativo alla continuità che questa missione presenta in relazione alle
nuove strategie di difesa del nostro paese. Si tratta di nuove strategie di
difesa che sono legate al nuovo concetto strategico della NATO, di cui
prima, con grande acutezza, il senatore Andreotti rilevava le incongruenze,
le contraddizioni e le non trasparenze sul piano della metodica dei trattati
di diritto internazionale: voglio infatti ricordare che la ridefinizione
dello statuto della NATO, avvenuta nel vertice svoltosi a Washington il 24 e
25 aprile del 1999 in piena guerra cosiddetta umanitaria, che sancisce un
nuovo concetto strategico, cioè un ruolo attivo di intromissione che va
oltre la definizione che la NATO dava di se stessa nell'articolo 6 del
precedente trattato istitutivo -, non è mai stata sottoposta a discussione e
ratifica da parte dei parlamenti interessati.
Tutto questo prefigura un nuovo concetto di difesa dei paesi dell'Alleanza
atlantica che ritengo, come tanti altri cittadini e cittadine di questo
paese, non legato assolutamente alla giusta esigenza di difesa dei confini,
ma ad una volontà di ingerenza e di gendarmeria planetaria.
Quindi, quegli aspetti di continuità della missione che i ministri -
giustamente - rivendicavano, rappresentano gli elementi strategici di fondo
in base ai quali noi già alla Camera abbiamo votato contro il provvedimento
che proroga le missioni italiane all'estero. Questo perché rileviamo che nel
provvedimento in questione è presente un affastellamento di iniziative e
missioni delle quali non sono assolutamente chiare la natura e le finalità.
Soprattutto non è decifrabile l'intenzione di pace; noi pensiamo che su
questo terreno l'iniziativa debba essere presa da un organismo
internazionale rilegittimato come l'ONU; il solo organismo che possa parlare
ed operare a nome della stragrande maggioranza dei paesi intenzionati a
collaborare e a far convivere pacificamente i popoli e le popolazioni.
Sulla base di questo ragionamento, a nome del mio gruppo avanzo al Governo
due richieste: innanzitutto di soprassedere all'invio del contingente
italiano. Infatti, non ci sono le condizioni che prima il ministro Martino
illustrava, le condizioni che sulla carta, sulle dichiarazioni dell'accordo
rendono legittimo e operativo l'accordo stesso e cioè la tregua firmata, il
processo di pacificazione ed il cessate il fuoco tra l'UCK e la Macedonia.
Mi pare una missione incongrua relativamente al suo profilo ed alla sua
stessa configurazione. Se c'è un accordo bilaterale così definito e
stringente, non si capisce perché bisogna inviare un ulteriore contingente
di militari a svolgere un'operazione di questo genere. Basterebbe istituire
centri di raccolta spontanei che le forze in campo potrebbero gestire.

VALDO SPINI. E' proprio questo il punto! Gli albanesi non vogliono consegnare
le armi.

ELETTRA DEIANA. Appunto, non le vogliono consegnare; quindi, di fatto, c'è
una non realizzazione delle condizioni di cui parla il trattato cartaceo. In
realtà l'operazione si configura come non contigua, non coerente con quello
che il trattato di pace asserisce.
Credo non esistano quelle condizioni di sicurezza, di assenza di rischi, di
basso profilo operativo di cui i ministri ci hanno parlato. In realtà sulla
missione si addensano tutte le incognite, tutti i rischi e le ambiguità di
cui queste missioni, cosiddette di pace, sono cariche.
Tra l'altro vorrei parlare anche del terribile incidente in cui sono morti i
due alpini. Certo, ne parleremo dopo, però gli argomenti in questione
presentano una logica d'intreccio con quella vicenda; siamo sempre
nell'ambito di quel teatro operativo riguardante operazioni che presentano
molti elementi di contiguità. Poi vedremo che cosa ci dirà il ministro
Martino riguardo all'insieme delle informazioni di cui possiamo disporre
relativamente alla missione in cui sono morti quei due ragazzi. Bisogna
stabilire se si trattava di una missione operativa o di addestramento;
comunque, se si è trattato di una missione di addestramento, bisognerà
chiarire a che cosa fosse rivolto l'addestramento. Il quadro in ogni caso è
fortemente a rischio; è un quadro, ripeto, in cui non è chiara la natura
delle missioni svolte dai militari italiani e da quelli dell'Alleanza
atlantica.
Invito il Governo ad un ripensamento complessivo e totale sulle missioni di
pace all'estero, missioni che sono la conseguenza del nuovo quadro di difesa
dell'Alleanza atlantica, per cui non si tratta quindi di missioni di pace.
Ripeto, ben altro dovrebbe essere l'impegno dell'Italia per riattivare
quegli istituti internazionali rappresentativi di tutti i paesi che,
effettivamente, operano in questo senso. È terribile la presunzione dei
paesi appartenenti all'Alleanza atlantica di essere tutor e detentori del
diritto di pace, come sono stati tutor e detentori della guerra umanitaria.
Queste conclusioni le traggo dall'analisi dei processi che sono avvenuti in
Macedonia. Prima è stato detto da alcuni
colleghi e dai ministri che le forze della NATO hanno svolto un ruolo di
pacificazione e di stabilizzazione. Io lo nego! Dico che il ruolo è stato di
destabilizzazione e di accensione di conflittualità. Prima dell'arrivo dei
contingenti NATO, la Macedonia era uno Stato relativamente pacifico, in
questi ultimi dieci anni si era mantenuta fuori da un processo di
etnicizzazione dei conflitti e di conflittualità interna.
Credo che la legittimazione che è stata concessa dalla NATO all'UCK e lo
scarso impegno a controllare il traffico delle armi in quei territori
abbiano contribuito fortemente ad un processo di destabilizzazione e
riaccensione del conflitto. Mi sembra che ci siano ragioni - finisco
veramente, signor Presidente - di fondo affinché si desista e si ripensi a
tutto.





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