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Riunione a Belgrado del Comitato Internazionale di Difesa di Slobodan Milosevic
- Subject: Riunione a Belgrado del Comitato Internazionale di Difesa di Slobodan Milosevic
- From: "Fulvio" <bassottovic at tiscalinet.it>
- Date: Thu, 21 Jun 2001 12:07:43 +0200
Dear John (and other foreign correspondents), due to an incredible amount of commitments, among other travels my evidence in Derry, Northern Ireland, to the Inquiry on Bloody Sunday, I don't have the time to translate this report on my visit to Belgrade in mid-June. I hope you can manage. The report provides an exhaustive report on the present situation, the works of the International Committe for the Defence of Slobodan Milosevic, the mass-rally on Saturday 16 June, the conditions of Slobodan Milosevic, the prospects for his extradition to the The Hague Tribunal. Cheers, Fulvio. DA FULVIO GRIMALDI Riunione a Belgrado del Comitato Internazionale di Difesa di Slobodan Milosevic. Nuove iniziative e mobilitazioni del Partito Socialista Serbo. Situazione politica, sociale, economica in Jugoslavia al 20 giugno 2001 Tasso di disoccupazione 60%. Tasso d'inflazione dall'ottobre scorso 85%, con un salto del 18% nell'ultimo mese. Lavorano a tempo pieno, perlopiù nell'edilizia, solo 850.000 operai. L'industria lavora al 10% della sua capacità. Quasi tutti i salari arrivano con due, tre mesi di ritardo. Lo stipendio medio è di 100DM, sufficienti per comprare mezzo paio di scarpe. Mancano spesso i generi di prima necessità. Tagli della corrente elettrica di sette ore ogni 24. La maggioranza dei raccolti sono falliti per mancanza di fertilizzanti e anticrittogamici e per la mancata bonifica dei campi costellato di bombe a grappolo.Fame diffusa. Negli ultimi due mesi le bollette di luce, gas, telefono sono aumentate del 16%. Ai disoccupati arriva un sussidio di 13 DM. Sono stati aboliti i buoni-cibo. Viene richiesto l'arretrato delle bollette che, durante il governo di Milosevic non era stato esatto. Il governo jugoslavo ha approvato un disegno di legge per la cooperazione con il Tribunale dell'Aja che stenta a passare in parlamento per l'opposizione del SNP (Partito Socialista Montenegro),membro della coalizione DOS. Djindjic, premier serbo, capo della DOS, rinnegato al servizio della Germania prima e degli USA oggi, "ordinando" al parlamento di approvare la legge, ha dichiarato che l'alternativa sarebbe "il disastro", cioè la negazione dei prestiti-capestro dei club di Londra e Parigi, del FMI e di altri creditori. Kostunica ha dato il suo assenso alla modifica della costituzione determinata da questa legge. Si cerca di evitare la necessità di modificare la Costituzione affermando che essa vieta l'estradizione di cittadini jugoslavi a stati stranieri, non a organizzazioni o organismi (che al tempo della redazione della costituzione ovviamente non esistevano). Nell'ipotesi peggiore, il permier serbo Djindjic ipotizza la dissoluzione del governo federale e, dunque della federazione. La costituzione verrebbe così abolita e l'ostacolo superato. La Serbia, separata dal Montenegro, come auspicano gli USA, potrebbe da sola decidere l'estradizione. In Bulgaria, ci ha detto il prof. Velko Valkanov, copresidente del Comitato, parlamentare bulgaro e presidente dell'Unione antifascista bulgara, si sta costruendo una prigione che dovrebbe ospitare coloro che, su ordine del Tribunale dell'Aja, si riuscirà ad arrestare e condannare. Per superare questo impasse e premere sugli oppositori e dubbiosi è in questi giorni a Belgrado la procuratrice dell'Aja, Carla del Ponte. Putin, durante una breve visita a Belgrado domenica scorsa, non si è pronunciato sull'estradizione di Milosevic e sul Tribunale dell'Aja (di cui, del resto Mosca ha già chiesto lo scioglimento per evidente illegalità e parzialità), ma ha nuovamente condannato i bombardamenti Nato e la protezione fornita dalla KFOR ai pulitori etnici albanesi in Kosovo, ora all'opera in Macedonia. A luglio si svolgerà la Conferenza dei "donatori" che dovrebbe prendere in esame una ricostruzione jugoslava oggi totalmente ferma dopo che durante il precedente governo, in un solo anno, la Jugoslavia aveva ricostruito oltre metà delle sue infrastrutture in pieno regime di sanzioni. Finora alla Jugoslavia il FMI ha concesso un prestito di 150 milioni di dollari. Questo è servito per ripagare un prestito ottenuto da banche svizzere e norvegesi, a sua volta erogato perché la Jugoslavia potesse ripagare un debito di tale ammontare allo stesso FMI. Continuano le partite di giro chiamate "aiuti". Implicitamente si preme per la totale subordinazione di Belgrado all'Aja, per la consegna di Milosevic e per il rapido avvio delle privatizzazioni di tutte le maggiori industrie dello Stato. Condizione per i prestiti: che i lavori di ricostruzione siano affidate a imprese straniere e che le aziende dismesse siano cedute a prezzi infimi alle multinazionali. Queste, se competitive nei confronti di aziende occidentali, verranno chiuse. E' successo, tra tanti altri esempi, alla Light Bulb, grande fabbrica elettrica di stato ungherese, acquistata per pochi soldi dalla General Electric americana. La stessa ricetta shock inflitta, con i noti risultati, a Polonia, Ucraina, Bulgaria, Romania, ecc. In tutto il paese si susseguono scioperi, perlopiù nel settore del pubblico impiego, mentre le maggiori fabbriche, a partire dalla Zastava, pur in buona parte ricostruite sotto il precedente governo, sono ferme e sono in corso trattative per la vendita. Gli operai ricevono 13 DM al mese e devono, per sopravvivere, arrangiarsi facendo i braccianti nelle aziende agricole dei dintorni. Tre milioni su dieci sono oggi sotto il livello della povertà e non riescono a sfamarsi. Ignote, perché celate dal governo, nonostante organismi indipendenti ed enti locali abbiano fatto ricerche che hanno prodotto risultati drammatici, le condizioni di una popolazione tutta contaminata dall'inquinamento chimico e radioattivo prodotto dai bombardamenti. L'istituto d'igiene del lavoro a Pancevo (120.000 abitanti) ha registrato 8000 nuovi casi di cancro dalla fine dei bombardamenti, solo tra la popolazione femminile. Dati analoghi sono diffusi, ma non pubblicizzati dai media e dalle istituzioni, da organismi sanitari e scientifici di varie città. Assolutamente nulla viene fatto perché la popolazione sia informata o curata. Dall'estero non sono arrivati neppure gli apparecchi di misurazione delle contaminazioni da tempo richieste dai laboratori jugoslavi. Dopo i primi due provvedimenti legislativi presi dal governo al suo insediamento - amnistia e restituzione dei beni all'ex-re di Jugoslavia e amnistia, su ordine Nato, dei terroristi albanesi processati e condannati, accompagnata dall'arresto di Milosevic e di 250 dirigenti e militanti del Partito Socialista - viene ora avviata la privatizzazione dei servizi pubblici, già prevista dal programma elettorale di Kostunica e a me da lui confermata in un'intervista, a partire da istruzione e sanità. Le rette universitarie sono state quadruplicate (per Giurisprudenza da 300 a 1200 DM, ed è la retta più bassa) e per le scuole superiori è stata introdotta una "partecipazione" finanziaria delle famiglie. La Jugoslavia, come Iraq, Cuba, Vietnam e altri stati vittime di aggressioni USA o Nato, garantiva l'assoluta gratuiticità di pubblica istruzione e sanità a ogni grado e livello. Nelle presenti condizioni del paese, questi costi significheranno l'espulsione dal sistema sanitario e scolastico superiore di almeno il 50% della popolazione. Dopo quasi tre mesi di detenzione, prolungata due volte oltre i tempi stabiliti, è terminata l'inchiesta che avrebbe dovuto appurare le responsabilità di Slobodan Milosevic per quanto attiene a "abusi di potere". Specificamente gli era stato imputato di aver ordinato a un ministro e al direttore delle dogane di stornare fondi verso destinazioni ignote. Dopo aver ascoltato centinaia di testimoni, gli inquirenti non sono riusciti a trovare una sola prova a carico di Milosevic. E' probabile che ora, su suggerimento di Carla del Ponte, verranno sollevate nuove accuse, anche se, per legge, l'ex-presidente dovrebbe essere scarcerato. Lo stesso giudice inquirente e il presidente del Tribunale hanno confessato all'avvocato Christopher Black (titolare del più grande studio legale canadese e membro del Comitato Internazionale di Difesa di Milosevic) che non vedono più motivi per tenere in prigione Milosevic e, in privato, hanno ammesso che lo scarcererebbero se non fossero a rischio le loro future carriere e, forse, qualcos'altro. Il Comitato Internazionale di Difesa di Slobodan Milosevic si è recato in carcere ed ha incontrato l'ex-presidente. Erano presenti due militari che hanno preteso la traduzione della conversazione svoltasi in inglese. Milosevic è apparso in buona forma, soprattutto psichica e, all'apparenza, anche fisica. Se ne poteva constatare un'irritazione cutanea tra fronte e naso, dovuta secondi i medici alla tensione psicologica. Soprattutto si è mostrato combattivo e estremamente determinato a proseguire la lotta contro la persecuzione giudiziaria di cui è vittima, al pari di tutto il paese. Milosevic si rende perfettamente conto che l'accanimento giudiziario contro di lui e l'eventuale estradizione all'Aja puntano alla distruzione definitiva di una sovranità anche solo formale dello stato jugoslavo e, nell'immediato, a responsabilizzare l'intero popolo serbo, che lo aveva eletto per ben tre volte, per i crimini commessi dalla Nato. E' probabile che si vorrà arrivare non solo alla rinuncia da parte jugoslava di ogni risarcimento di danni di guerra, ha detto Milosevic, ma addirittura alla richiesta a Belgrado di pagare ai paesi Nato i costi delle distruzioni e delle operazioni. Così fu fatto col Vietnam quando gli USA; con il ricatto di un embargo genocida, pretesero dal Vietnam di pagargli anche le spese incorse dal governo fantoccio di Saigon per armarsi contro il proprio paese. Quanto allo stato di salute di Milosevic e al trattamento riservatogli, l'ex-presidente ci ha detto di aver fermamente respinto una recente offerta dei suoi carcerieri di curarlo per via intravenosa. Ci si rende facilmente conto, nell'Italia dei caffè al cianuro, cosa questo potrebbe comportare. Le patologie di Milosevic mi sono state illustrate dalla squadra di legali (10 studi con 50 avvocati, tutti volontari) che assistono l'ex-presidente (e tuttora presidente del Partito Socialista Serbo), capeggiati dal principe del Foro Toma Fila. Secondo Fila, si cerca di uccidere il detenuto per superare lo scoglio dell'estradizione ostacolata. Milosevic ha subito un infarto (ischemia acuta) a metà maggio e soffre di forte ipertensione, probabilmente causata dallo stress, del quale danno indicazione anche da una forma di dermatite rilevate sul suo viso. Dopo una lunga discussione tra Milosevic e i suoi carcerieri, l'ex-presidente è stato portato all'Ospedale Militare, attrezzato con un reparto cardiaco altamente specializzato, da lui preferito all'infida clinica privata che gli volevano imporre. L'ECG è risultato fortemente alterato e, dopo una coronarografia, anziché essere ricoverato in animazione, come richiesto dai sanitari, è stato subito ricondotto in prigione. Nelle sue condizioni un nuovo, fatale infarto è altamente probabile. Questa diagnosi è stata firmata da 19 medici indipendenti, insieme a un appello all'OSCE per il ricovero immediato di Milosevic , in clinica o nella sua abitazione. Contro il presunto pericolo di fuga (quello di influenzare i testimoni è stato superato dalla deposizione di tutti i testimoni convocati), gli avvocati di Milosevic hanno offerto come cauzione la sua residenza. Al Tribunale non è bastato. Non sono bastate neppure le abitazioni e i patrimoni di tutti i dirigenti e di molti militanti del PSS offerti in cauzione. L'ICDSM (Comitato Internazionale di Difesa di Slobodan Milosevic) si è riunito nei giorni 16, 17 e 18 giugno e, al termine, ha denunciato in una conferenza stampa le violazioni giuridiche e il degrado politico e morale impliciti nelle manovre per l'estradizione di Milosevic e di molti altri dirigenti serbi, le violazioni delle norme sanitarie a sua protezione, la continua repressione e persecuzione esercitata dal governo e dalle sue bande di teppisti nei confronti di esponenti del precedente assetto istituzionale e di centinaia di semplici funzionari e dirigenti d'impresa senza qualifica politica, ma le cui posizioni sono ambite da esponenti DOS, nonché le procedure di strangolamento messe in atto dalle istituzioni finanziarie internazionali per distruggere del tutto l'economia jugoslava. L'ICDSM è stato fondato a Berlino, il 24 marzo scorso, durante il primo Forum Europeo della Pace. I suoi esponenti provengono da 20 paesi e sostegno alle sue attività è stato offerto da 600 personalità accademiche, politiche, culturali e giuridiche di oltre 30 paesi, tra i quali nomi prestigiosi come il commediografo britannico Harold Pinter, 98 deputati su 130 della Camera Alta russa, William Spring presidente di "Cristiani contro la Nato" (Londra), il poeta greco Georgios Kakudilis, i dirigenti del Partito Comunista e del Partito dei contadini ucraini, dirigenti dell'International Action Center (N.Y.) di Ramsey Clark. E'presieduto da Ramsey Clark e Velko Valkanov (parlamentare bulgaro, presidente dell'Unione Antifascista). Vicepresidenti sono Fulvio Grimaldi (Tribunale Ramsey Clark, Italia e PRC), Jared Israel (giornalista USA), Sergei Dovgan (Presidente del Partito dei Contadini di Ucraina), Liana Kaneli (deputato indipendente per il Partito Comunista Greco). Al termine dei lavori che, visto che tutte le sedi nazionali e molte locali sono state sottratte al PSS, si sono svolti nella sede cittadina del Partito Socialista Serbo (interamente rinnovato e ringiovanito nella direzione, presidente ad interim l'ex-ministro degli esteri Zivadin Jovanovic, con l'esclusione spontanea o forzata di tutti gli elementi opportunisti), un edificio parzialmente restaurato dopochè i teppisti del golpe lo avevano demolito, saccheggiato e incendiato, sono stati diffusi alcuni documenti. Uno di questi riassume le conclusioni di Christopher Black, responsabile del team di giuristi internazionali che controllano la procedura messa in atto a Belgrado (e nel quale sarebbe auspicabile ed urgente che entrassero altri avvocati stranieri con possibilità di recarsi per brevi periodi a Belgrado). Black, incontrati i magistrati inquirenti e i legali di Milosevic, ribadisce che non vi è più nessun elemento che possa giustificare la continuata detenzione del prigioniero. L'avvocato canadese ha sottolineato il carattere tutto politico di quanto viene inflitto a Milosevic, motivato: 1) dalla sua decennale resistenza alla Nato e ai diktat imperialistici; 2) dalla sua posizione di presidente del PSS, unico partito di opposizione in Serbia e nella Federazione; 3) dal diktat USA la cui data ultimativa per l'arresto, 31 marzo, è stata disciplinatamente osservata dai quisling di Belgrado; 4) dalle costanti pressioni del Tribunale dell'Aja, un tribunale del tutto illegittimo perché nominato dal Consiglio di Sicurezza al quale la Carta del'ONU non conferisce tale diritto, e non in base a un trattato ratificato dai paesi interessati; 5) da USA, organismi finanziari internazionali e paesi creditori che rinnovano il ricatto della negazione di prestiti e intanto mantengono in vigore le sanzioni del 1993 e del 1999;6) dalla necessità di distruggere, eliminando il massimo punto di riferimento, tutte le forze jugoslave che difendono la sovranità nazionale. Black ha poi denunciato il carattere illegittimo poiché retroattivo di un eventuale provvedimento legislativo per l'estradizione e ha rivelato particolari relativi all'arresto di Milosevic (che non ha mai voluto sottrarsi fuggendo, pur consapevole di quanto si stava per verificare)il 31 marzo scorso, poche ore dopo il mio lungo colloquio con lui. Il primo tentativo di arresto è stato compiuto da una banda di uomini mascherati che sono stati respinti dalle guardie e dalla folla che circondava la residenza. Si voleva effettuare un rapimento, come già successo per dirigenti serbi nella Repubblica Serpska. Nelle vicinanze della residenza era pronto un elicottero che avrebbe dovuto trasportare l'ex-presidente all'appuntamento con gli scherani dell'Aja. Fallito questo tentativo, nelle trattative successive è entrato Kostunica (assente dal paese al momento del tentato sequestro), che ha accettato la consegna di Milosevic a reparti ufficiali di polizia, alla presenza dei suoi amici politici. Le armi trovate nella residenza di Milosevic appartenevano al reparto dell'Esercito ufficialmente incaricato della sua protezione. Infine, Black ha ribadito che, dopo centinaia di interrogatori, non una sola prova è emersa che giustificasse l'accusa di "abuso di potere". In compenso il viceministro della giustizia, Sarkic, non ha esitato a rivelarci le sue motivazioni personali:"Anni fa, ero magistrato, Milosevic mi sospese per 4 mesi dalla professione . Capirete che non ho gradito e che questo pesa. Eppoi non ho simpatie per socialisti e comunisti. Molti di noi vorrebbero vederli tutti appesi a un lampione. Ciò non toglie che, dal punto di vista giuridico, non vi è al momento alcun motivo per temere Milosevic in carcere." I magistrati inquirenti lavorano in questa atmosfera. Uno di loro ha candidamente ammesso: "Io voglio fare l'avvocato. Ma qui, per fare quel mestiere, devi prima fare cinque anni il magistrato. Se io non mi piego alle pressioni che mi vengono dall'alto, posso dare l'addio al mio futuro professionale". A ciò Toma Fida e gli altri legali del detenuto hanno aggiunto la denuncia della montatura circa gli 85 corpi ritrovati nel Danubio, chiusi in un camion che, su ordine di Milosevic non suffragato da alcun documento o testimonianza, sarebbe stato fatto sprofondare nel fiume nel 1999. La scoperta sarebbe stata fatta da un subacqueo dilettante che avrebbe scoperto il camion a una profondità di 30 metri, allorchè la visibilità in quelle acque non supera un metro. Quei corpi sarebbero stati poi seppelliti nella fossa comune scoperta nelle vicinanze dell'aeroporto militare di Belgrado, dove i media occidentali avrebbero denunciato la presenza di ben 800 corpi, per poi tacersi del tutto. Il ricordo va a Timisoara, dove al tempo della satanizzazione di Ceausescu, la stampa mondiale "trovò" 2000 "vittime del dittatore", che risultarono poi corpi giustapposti, sottratti dall'obitorio e da un vicino cimitero. Scopo evidente: riesumare la montatura delle famigerate fosse comuni, nessuna delle quali, dopo aver scavato in mezzo Kosovo, ha potuto essere trovata (tranne una, con 136 corpi serbi). Il PSS chiede ora che sui corpi ritrovati si effettui l'esame del DNA e lo si confronti con quello dei famigliari di 1300 serbi scomparsi, nonché dei famigliari di albanesi denunciati come scomparsi. Si ricorderà che la cifra ufficiale sulle vittime del Kosovo è di 3000, di cui 1300 serbi uccisi e altrettanti scomparsi. Questo, dopo una guerra tra esercito e separatisti e 78 giorni di bombardamenti Nato. L'ICDSM ha anche redatto un documento sugli avvenimenti in Macedonia, visti come la continuazione dell'aggressione Nato ai Balcani con l'utilizzo come fanteria delle bande terroristiche UCK, istigate ed armate dagli USA e dalle sue agenzie militari, come lo sono anche le forze armate macedoni. Lo scopo evidente è frammentare ulteriormente la regione per creare una serie di mininarcostati, affidati al controllo militare USA (in netta contraddizione con gli interessi europei) e alla criminalità organizzata albanese. Si ripete il modello Kosovo. Con l'obiettivo della Grande Albania, inizialmente portata avanti da Mussolini e Hitler con la cacciata di decine di migliaia di serbi dal Kosovo, si utilizzano le bande UCK per disintegrare la Macedonia con il pretesto dei diritti civili da riconoscere alla minoranza (20%) albanese e che, peraltro, in Macedonia sono largamente riconosciuti (come lo erano da parte di Belgrado in Kosovo). E' iniziata la costruzione del corridoio 8 in partenza dal Mar Nero in Bulgaria e che, attraversata Serbia meridionale e Macedonia settentrionale, deve arrivare sull'Adriatico in Albania. Un corridoio che taglia fuori dai rifornimenti energetici l'Europa e di cui gli USA vogliono garantirsi, attraverso lo smantellamento di autorità statali nazionali, l'assoluto controllo. L'attacco alla Macedonia, in partenza dal Kosovo controllato da 50.000 militari Nato e condotto con armi pesanti fornite dagli USA, dimostra che nessuna subordinazione alla Nato protegge un paese dal terrorismo grandalbanese organizzato dalla Nato. Il governo macedone ha eseguito tutti gli ordini della Nato. Ha accettato l'associazione alla Nato tramite la "Partnership for Peace" (fase che precede l' ingresso vero e proprio, cui anela anche Djindjic), ha accettato truppe Nato sul proprio territorio, ha chiesto di entrare a far parte dell'UE, ha consentito alla Nato di utilizzare il proprio territorio per condurre attacchi contro l'amica Jugoslavia. Tutto ciò dimostra che se uno stato cede anche una piccola parte della propria sovranità nazionale alla Nato, la Nato presto o tardi se la prende tutta. La Nato non ha amici, solo future vittime. Se ne accorgeranno anche le sue attuali quinte colonne in Jugoslavia, la DOS (Opposizione Democratica Serba, il caravanserraglio di 17 partitini perlopiù etnici o localistici, aggregati al Partito Democratico di Djindjic e Kostunica) e Otpor. Il responsabile del PSS per le relazioni internazionali, Vladimir Krlsjanin, un comunista, si chiede il perché di uno sforzo così immane della Nato e degli USA contro un piccolo paese, di appena dieci milioni di abitanti, totalmente inoffensivo. 100.000 truppe Nato concentrate in soli due anni nei Balcani. La più grande base militare USA dal tempo del Vietnam. Un impegno militare e finanziario quattro volte superiore a quello della guerra del Golfo, dove si trattava di eliminare una importante potenzia regionale che minacciava gli interessi USA e israeliani. Una pletora di finte ONG, in particolare italiane, che strombazzavano diritti femminili, solidarismi, pacifismi, ambasciate di pace, e, finanziate da George Soros, costituivano il bacino di raccolta per la banda CIA Otpor, con in prima fila i centri sociali del Nord Est. 10.000 giovani reclutati in questo sottobosco di infiltrati e sabotatori sono stati da Otpor avviati a corsi di formazione insurrezionale a Sofia, Skopje, Budapest, Timisoara. Lo ammettono - e se ne vantano - oggi gli stessi protagonisti di quell'operazione cilena pianificata dagli USA per la Jugoslavia. Vladimir si risponde: "L'episodio che ha visto l'aggressione alla Jugoslavia fa parte di una guerra complessiva, dai risvolti psicologici e sociali, oltrechè militari ed economici. Altrimenti non si spiegherebbe la messa in opera da parte dell'imperialismo di tutto il suo enorme armamentario: USA, ONU, UE, Nato, OCSE. La distruzione della Jugoslavia e del suo modello politico di convivenza e relativa protezione sociale doveva essere prima demonizzato e poi cannibalizzato. Noi eravamo un posto di blocco sulla strada della globalizzazione all'insegna del mercato e del profitto. Rappresentevamo un'alternativa, anche orgogliosa e ostinata. Di questa politica Milosevic era il simbolo, come la Nato è il simbolo e la soluzione finale per la globalizzazione capitalista. Bisognava dare un avvertimento a popoli, stati e classi i quali ritengono di opporsi a questo imperialismo genocida, che avanza sui corpi di miliardi di affamati e narcotizzati. Bisognava lanciare segnali anche a Russia e Cina, i temuti futuri rivali degli USA in un mondo che potrebbe tornare multipolare e perciò più equilibrato, sottratto all'arbitrio degli USA. Ricordi il bombardamento dell'ambasciata cinese, inizio di una sequela di provocazioni pesantissime contro quel grande paese? Gli USA già temevano un ingrfesso di Pechino nell'Organizzazione Mondiale del Commercio, con un netto cambio di equilibri in quell'organismo che oggi regola scambi ineguali e assassini, grazie alla funzione di guida che la Cina potrà assumere per i paesi del Terzo Mondo, o comunque contrari all'imperialismo USA. La pressione per la consegna - o la morte - di Milosevic si spiega così: Devono mostrare di sapere, oltrechè disintegrare con bombe, chimica, uranio, chiudere in fretta i dossier aperti, prima che le contraddizioni sociali suscitino ripensamenti e quindi conflitti. In questo caso il dossier Nato-Kosovo-Rambouillet-crimini di guerra. Tutto questo prima che la gente e gli storici confermino che a noi non facevano difetto i diritti umani e la democrazia e che i responsabili della catastrofe balcanica ed europea innescata da tedeschi e americani daql 1991 ad oggi". Girando per la Jugoslavia ho potuto raccogliere altri dati. Sono 40.000 i manager, imprenditori, funzionari, professionisti cacciati dai propri posti di lavoro con la feroce epurazione condotta da Otpor e dalla DOS. Come il PSS ha denunciato all'OSCE, senza esito alcuno, la DOS ha estromesso con la violenza la maggior parte degli eletti del PSS nelle amministrative del settembre scorso, quando il PSS aveva conquistato il 34,9% dei comuni. O attraverso la rimozione forzata delle giunte, o attraverso commissariamenti arbitrari, la DOS ha insediato proprie giunte in 29 comuni amministrati dal PSS e dai suoi alleati di sinistra. Questi comuni erano stati conquistati dalle sinistre nonostante l'allarme lanciato dalla solita Otpor, che "i villaggi e le città che avessero votato socialista sarebbero stati di nuovo bombardati dalla Nato". Minaccia nient'affatto incredibile, se si ricorda con quale cinico razzismo l'Unione Europea decise, all'indomani dell'aggressione, di rifornire di quantità di combustibili, peraltro misere, soltanto i centri amministrati dalle destre. Una pratica cui si è piegata anche la CGIL nei suoi aiuti al Kosovo. Mira Markovic, moglie di Milosevic, ha rilevato che nonostante a loro carico siano state elevate accuse - dimostrate fondate - ben più gravi di abuso di potere, corruzione e quant'altro, nessuno si è mai sognato di incarcerare per un solo giorno, in attesa di processo, uomini di stato come Helmut Kohl, Giulio Andreotti, Bettino Craxi e molti dirigenti dei paesi est-europei. E ha detto:"Se si tiene conto che questo tribunale (inventato dagli USA e commissionato all'ONU illegittimamente, pagato dagli USA, diretto dagli USA, con PM Carla del Ponte e portavoce la sua nuora croata Florence Hartmann, con pratiche accusatorie che fanno rizzare i capelli all'ultimo pretore di una dittatura del Terzo Mondo) e questa carcerazione sono stati destinati ai serbi, è davvero strabiliante che serbi spediscano i loro connazionali al Tribunale e in prigione, alla mercè degli stragisti che hanno distrutto la Jugoslavia e che ne vogliono il genocidio economico, sociale e biologico. Sarebbe stato altrettanto illogico che gli ebrei spedissero i loro fratelli di fede ad Auschwitz o Mathausen, nei campi di concentramento e nelle camere a gas. L'Aja è l'equivalente per i serbi di quei campi di concentramento". Sono stato invitato dal PSS, insieme all'avv. Black, come rappresentante del Comitato di Difesa di Milosevic, alla grande manifestazione di sabato 16 giugno, in piazza della Repubblica a Belgrado. Si sono riunite, in una piazza stracolma di bandiere jugoslave moderne dell'epoca di Tito, di bandiere rosse con la falce e il martello della coalizione comunista e di ritratti di Che Guevara, oltre 25.000 persone (effettive, nonostante i giornali se la siano poi cavata con la cifra di "più di 5000"), in leggero aumento, cioè, rispetto alla manifestazione di 20.000 del 24 marzo scorso, anniversario dell'attacco Nato. La manifestazione era stata preceduta da mobilitazioni in molti centri jugoslavi. Impresa tanto più riuscita quanto meno l'opposizione ha oggi accesso ai mezzi d'informazione, tutti indistintamente in mano alla DOS, o facenti parte, come Radio B-92, del circuito mediatico europeo allestito dalla CIA L'unico giornale rimasto al PSS, "24 ore", ha dovuto chiudere per mancanza di fondi, imposta anche dal totale boicotaggio degli inserzionisti pubblicitari. Il PSS tenta ora, con poverissimi mezzi, di allestire una propria stazione televisiva regionale. La composizione dei manifestanti era ad altissimo tasso proletario. Quasi solo facce operaie e contadine, con un grande numero di donne, studenti e militari. E' poi partito un corteo che, per sette chilometri, ha attraversato la città per arrivare alla prigione centrale, in cui è rinchiuso Milosevic. I manifestanti, trattenuti a fatica da un servizio d'ordine efficace ma discreto, hanno anche effettuato alcuni tentativi di superare le cancellate che circondano il carcere. Tra le parole d'ordine della manifestazione: il rifiuto della consegna di cittadini serbi o jugoslavi a autorità o enti stranieri. La liberazione immediata di Milosevic. La fine delle violenze politiche e delle montature processuali. La fine di misure legislative che accentuino la dipendenza dell'economia nazionale dall'estero e stanno riducendo alla fame milioni di jugoslavi. Il ritorno in assoluta sicurezza dei 400.000 profughi dal Kosovo prima che vi si tengano elezioni e l'attuazione della risoluzione 1244 dell'ONU che sancisce la sovranità di Belgrado su Kosovo e Methoja. La verità sulle oltre 1300 persone di origine serba scomparse in Kosovo. Zivadin Jovanovic, intimo collaboratore di Milosevic, a suo tempo universalmente rispettato come ministro degli esterei jugoslavo, ha attirato l' attenzione sull'imminente impiego di militari italiani anche in Macedonia e sul presunto disarmo "volontario" che si chiede all'UCK . "Si ripete la farsa del Kosovo dove il disarmo dell'UCK si è trasformato nella creazione di una polizia armata onnipotente, chiamata Corpo di Protezione del Kosovo, che ha attuato in prima persona l'unica, vera pulizia etnica condotta in Kosovo, quella che ha portato alla cacciata di quasi tutta la popolazione serba e all'assassinio di migliaia di inermi cittadini di ogni etenia. L'ingresso Nato in Macedonia equivale a quello in Kosovo ed è destinato a dare copertura alle attività disgregatrici dei terroristi albanesi, al fine di smembrare anche la Macedonia e porre l'intera regione sotto il controllo USA, presente con la più grande base statunitense d'Europa, costruita e manutenuta dalla compagnia USA Halliburton, di cui è capo il vicepresidente Dick Cheney. La Halliburton controlla anche il consorzio AMBO che ha iniziato a costruire, in coincidenza con la sovversione in Macedonia, il famigerato corridoio 8 dal Caucaso alla Macedonia e all'Albania". Quanto all'esito della contesa sulla consegna di Milosevic, Jovanovic prevede la possibilità, in caso di impasse parlamentare, di una dichiarazione unilaterla di indipendenza della Serbia dalla Federazione Jugoslava, in combutta con il governo montenegrino del narcotrafficante Milo Djukanovic, che da tempo briga per la separazione. Jovanovic ha anche fatto riferimento alle manovre destabilizzanti dell'Ungheria in Vojvodina, dove si sta effettuando una pulizia etnica amministrativa e politica nei confronti dei serbi nelle zone a maggioranza ungherese. Il parlamento ungherese ha approvato una legge finalizzata a stimolare le ambizioni separatiste in Jugoslavia (350.000 ungheresi), ma anche in Romania, Slovacchia e Ucraina) attraverso la concessione di privilegi residenziali, sociali, scolastici e lavorativi ai cittadini dei paesi vicini che dimostrino un'ascendenza magiara. Non si vedono più in giro ne i teppisti di Otpor, la cui ultima impresa era stata la campagna di cartelloni con il patriottico slogan "CONSEGNATELO" (Milosevic) e che dagli USA vengono tenuti in serbo nell'eventualità che si debba esercitare pressioni sull'attuale regime o destabilizzarlo, né le inquietanti "camicie nere" a testa rasata che costituivano la guardia pretoriana di Djindjic. Un amico accademico, da sempre apartitico, mi racconta che, da criminali che erano, sono stati tutti assunti in polizia. Venti sono diventati guardie del corpo del primo ministro serbo, con una paga di 2.500 DM al mese. Tutti i maggiorenti della DOS sono circondati da nugoli di gorilla, quando Milosevic, al tempo della sua presidenza, si avvaleva di un'unica guardia del corpo. Il ministro degli interni, Mihailovic, e quello della giustizia, Batic, sono tra i più accaniti sostenitori della consegna di Milosevic e dell'attuazione dei programmi di svendita del patrimonio produttivo jugoslavo alle transnazionali. Continua è la loro campagna contro "l'infido" generale Pavkovic, comandante di Kosovo, dove straordinariamente è riuscito ad evitare bagni di sangue etnici, e ancora oggi capo di stato maggiore delle FA. E' stato Pavkovic a sventare il tentativo di rapimento di Milosevic e pare che per ora goda ancora del sostegno di Kostunica. Quest'ultimo, secondo sondaggi recenti, avrebbe il 60% dei consensi della popolazione, contro il 9% di Djindjic e il 27% del Partito Socialista (17% alle elezioni). Sulla storia del camion con 85 corpi fatto precipitare nel Danubio, Mihailovic ha mostrato alla stampa un video di 90 secondi in cui si vedevano un corpo e resti di un altro cadavere, estratti dalla presunta "fossa comune". Ha poi accennato ad altri corpi probabilmente seppelliti sotto l'autostrada Belgrado-Pristina. La cosa curiosa è che sul luogo dove si sarebbe scoperta la fossa comune svettavano grossi cespugli ed arbusti, vecchi di alcuni anni. Ricordate Rade Markovic, l'ex-capo dei servizi segreti? Era stato accusato da mezzo mondo dell'attentato a Vuk Drasakovic, allora leader dell'opposizione al governo, nonché dell'assassinio di altri oppositori. Ora che le sue presunte vittime sono al potere, l'accusa si è ridotta alla sola "rivelazione di segreti di stato". Quale rivelazione? Quelle delle accuse mosse a Milosevic, "rivelate" allo stesso Milosevic. Secondo molti oppositori della DOS, Kostunica non sarebbe quell'onest'uomo, difensore della nazione, cui i serbi hanno dato fiducia perché difendesse il paese e al tempo stesso lo facesse uscire dalla morsa degli aggressori. Secondo verbali del Congresso, sarebbero stati gli stessi USA a indicare in Kostunica, liberista integralista e filomonarchico, il successore di Milosevic. I 75 milioni di dollari dati alla DOS e ad Otpor nel 1998, i 30 milioni del 1999, i 200 e passa del 2000, sarebbero stati stanziati dal governo USA e da George Soros a condizione che si scegliesse Kostunica, visto come vetrina serbista in grado di meglio ingannare gli elettori. Parte attiva nella mobilitazione popolare avrebbe avuto la mafia, pesantemente controllata e limitata sotto Milosevic e oggi allo scoperto, ricompensata dal potere. Mentre ero a Belgrado, il ministro degli esteri federale Svilanovic ha detto, riferendosi alle richieste di danni di guerra da parte della Bosnia (40.000 miliardi di lire), che Belgrado non è in grado di pagare, ma che può offrire immobili, centrali elettriche, stabilimenti, aziende. Contemporaneamente ha ritirato la precedente richiesta jugoslava di danni di guerra a Croazia e Bosnia, per la cacciata e uccisione dei serbi e la distruzione o requisizione dei loro beni. Svilanovic ha anche ritirato la denuncia di 60.000 pagine contro la Nato mossa dal precedente governo, con la documentazione dei danni subiti nell'aggressione. Una storia uscita sul giornale croato "Feral Tribune", ma non ripresa dai media serbi, racconta dello zar del contrabbando balcanico di sigarette e stupefacenti, Stanco Subotic Zane, che avrebbe regalato al presidente montenegrino Milo Djukanovic e al premier serbo Djndjic un aereo privato ciascuno, in cambio di assoluta libertà d'azione. Ci troviamo dunque con la Jugoslavia afflitta da un racket mafioso interno, e da uno altrettanto criminale esterno, nel quale gli USA intimano:"O mi dai una fetta del tuo business, o ti faccio saltare per aria l'azienda". Il viceministro federale Miroljub Labus ha detto in una conferenza stampa:"Abbiamo 38 miliardi di dollari di debito. Se non consegniamo Milosevic, non ci saranno salari, pensioni, lavoro". E' una cifra curiosa. Quando la Jugoslavia, nel 1992, fu espulsa dal FMI, il debito estero ammontava a 5 miliardi di dollari. Da allora più nessun prestito, ma gli interessi sul debito hanno portato la cifra a 12 miliardi. A che cosa siano da attribuire gli altri 26 non è dato sapere. Forse sono i danni di guerra che Belgrado intende risarcire alla NatoŠ Alla manifestazione del PSS circolava un volantino intitolato "Chi ci processa?" con sopra tre citazioni significative: " La Nato è amica del Tribunale dell'Aja. I paesi Nato lo hanno istituito e lo finanziano", Jamie Shea, portavoce Nato, 16/5/99. "La Nato è un criminale di guerra. In Kosovo i comandanti Nato hanno violato le leggi di guerra. Non hanno impedito gli attacchi a tre ponti quando era evidente che vi sarebbero state vittime civili". Amnesty International, Rapporto del giugno 2000. "Non c'è base per aprire indagini sulla Nato, o in rapporto con qualsiasi altro incidente provocato dai bombardamenti sulla Jugoslavia". Carla del Ponte, procuratrice del Tribunale dell'Aja per i crimini di guerra in Jugoslavia. Sono indimenticabili le mani di operai e operaie che ci hanno salutato e stretto nel corso della manifestazione per la liberazione di Milosevic. Tante storie. Un giovane:"Ho lavorato ai ponti distrutti. Ne avevamo ricostruiti 24 in pochi mesi. Ora tutto è finito e fermo". Una donna sui 40:"Prima del 5 ottobre eravamo liberi. Ora siamo comprati e venduti". Un giovane veterano della Krajna e della Bosnia mostra cinque profonde e vaste cicatrici, dalle spalle alle gambe:"Neanche una lira di pensione". Davanti ai cancelli della prigione sale su uno sgabello e parla un giovane dirigente del PSS. Mi dicono che è stato arrestato per il solito "abuso di potere", ma che hanno dovuto rilasciarlo dopo 30 giorni di sciopero della fame. Ha i capelli lunghi e la faccia bianchissima. Manco a farlo apposta assomiglia al martire nordirlandese Bobby Sands. Mi si avvicina, davanti alla prigione, una donna fasciata in un tricolore jugoslavo. Ha una rosa in mano. Apre la borsetta e mi mostra la foto di un ragazzo in divisa. Ucciso in Kosovo. "Non me l'ha ucciso Slobo. Era un uomo di pace lui. Anche troppo. Perché non sono morta io? Ora quei ragazazi che difendevano la patria e sono stati massacrati dai terroristi albanesi, i nostri dirigenti li chiamano "cani da guerra"". E' incontenibile il suo pianto sulla mia spalla. Sempre alla prigione una compagna comunista mi abbraccia:"Sappiamo che i comunisti italiani si battono per noi. Qui siamo tutti compagni. Grazie di essere con noi e buona fortuna a noi e ai comunisti italiani. Dillo quando torni a casa". Sento di arrossire fino alla punta dei capelli. Davanti al carcere, come durante tutto il corteo e in piazza della Repubblica, tuona l'urlo "Slobo - Slobo". Questa è la Jugoslavia che ho visto a giugno. Questo è il destino di uno dei popoli più coraggiosi e più provati del mondo. Questa è la cricca di traditori e speculatori che lo sta portando alla svendita, all'umiliazione e alla rovina. Questa era la culla di un'Europa unita, democratica, rispettosa e amica di tutti i popoli dentro e fuori le sue frontiere. Questo è il paese su cui la viltà e l'opportunismo hanno fatto calare un sipario. Che non sia un sudario.
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