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Una storia da fantascienza - "Oslobodenje"
- Subject: Una storia da fantascienza - "Oslobodenje"
- From: Paola Lucchesi <paola.lucchesi at mail.inet.it>
- Date: Tue, 5 Jun 2001 11:53:28 +0200
L'articolo che avevo mandato su "Oslobodenje" l'altro giorno era in inglese, so che molti di voi hanno problemi con l'inglese e mi hanno chiesto se posso tradurre qualcosa, ma purtroppo le traduzioni portano via un sacco di tempo. Qui pero' fa una montagna di ottimo lavoro Notize Est, ed ecco che e' arrivata anche la storia di "Oslobodenje", l'ex primo quotidiano della Bosnia (l'articolo e' del settimanale "Dani" di cui in Bosnia mi parlano molto bene, dicendo che fanno lotte all'amra bianca con le varie mafie locali, rischiandoci la pelle). Ai tempi della Jugoslavija, ogni repubblica aveva il suo quotidiano centrale, quindi la Slovenia aveva il "Delo", la Croazia il "Vjesnik", la Bosnia "Oslobodenje" e cosi' via, ovviamente tutti sorretti con denaro pubblico, che tendenza avessero segue logicamente, centinaia e centinaia di dipendenti con buone paghe e tutti i benefici... cosa che ovviamente ha molto a che vedere con il disastro economico e la confusione di oggi. Tenete presente che le singole repubbliche che componevano la Jugoslavija hanno mercati "micro" (vendite di qualche decina di migliaia di copie sono gia' un successo eccezionale), mercato pubblicitario potete immaginare, quindi da dove diavolo dovrebbero saltar fuori i soldi per pagare centinaia di stipendi? Mistero. Come per tutte le aziende statali, migliaia e migliaia di lavoratori nell'ex Jugoslavija non hanno in realta' capito cosa li ha colpiti. Stanno passando brutalmente da una situazione iperprotetta (la Jugoslavija aveva qualcosa come ventidue miliardi di dollari di debito estero, prima della guerra,visto che ovviamente foraggiare tutte queste strutture improduttive costava), che non capivano da dove venisse, ad una di giungla totale e brutale, che ancora meno capiscono da dove viene. Una situazione in cui i vari "potenti" stanno facendo man bassa di tutto quello che ha ancora un valore, spesso in combutta con interessi esteri fuori da qualsiasi controllo. La cosa piu' tragica pero' e che, in gran parte, manca una classe sindacale capace di tirar fuori le unghie. Fino a un decennio fa, in buona misura i sindacati ufficiali erano un'altra delle cinghie di trasmissioni del partito, ed un'ennesima struttura di potere. En passant, le notizie che arrivano su reazioni violente contro i sindacalisti dell'era Milosevic, non necessariamente sono un assalto dei fascisti in combutta con gli imperialisti, gente mia! I dirigenti sindacali sono visti come figure di potere che spesso si sono ingrassati, in cambio per il loro fedele supporto al regime, mentre la maggior parte della gente faceva la fame. Attenzione a chi andate a difendere. Quindi, leggetevi la storia qui sotto, probabilmente vi sara' noiosa per tutti i dettagli di nomi difficili di gente e situazioni a voi sconosciute, ma cercate di reggere fino in fondo. Perche' e' esemplare di centinaia di storie simili che stanno accadendo ovunque, e con gli scontri etnici non c'entrano un accidente (a parte nascondercisi dietro, quando queste cricche di ladri e truffatori invocano bandiere e patriottismi per giustificare il saccheggio del loro stesso popolo). Questo non e' un problema che abbia portato la Nato, per quanto le amministrazioni coloniali in Bosnia e Kosovo stanno peggiorando e non migliorando la situazione, e agli "investitori esteri" spesso faccia comodo pescare nel torbido (mica sempre pero', perfino loro ci si spaccano le gambe). Un aiuto serio alla gente di la' sarebbe un trasferimento di esperienze di organizzazione sindacale seria, un sostegno a capire i meccanismi di quel che sta succedendo e idee su come battersi per i proprio diritti. A mettere i Macedoni contro gli Albanesi (e i Serbi contro i Croati, i Bosniaci contro entrambi e cosi' via e cosi' via), per derubarli meglio, ci pensano gia' i loro politici. Non e' proprio il caso che ci mettiamo anche noi... paola ============================= NOTIZIE EST #444 - BOSNIA 4 giugno 2001 ============================= LE ULTIME DIMISIONI DI SALKO (di Ermin Cengic - "Dani", 25 maggio 2001) Dopo sei giorni di sciopero e la prima interruzione della pubblicazione in 58 anni di esistenza, il piu' vecchio quotidiano bosniacoerzegovese dovra' di nuovo uscire in edicola. La rivolta contro la direzione del giornale, che e' stata innescata da un gruppo di giovani giornalisti, ha costretto il direttore e il redattore capo a dare le dimissioni e il proprietario maggioritario sloveno a promettere il pagamento degli stipendi e l'uscita dall'abisso finanziario dentro il quale questa casa dei media e' caduta da un po' di tempo. Dopo tutto, la sola cosa rimasta da fare e' che i giornalisti rendano "Oslobodjenje" migliore, di miglior qualita' e con una maggiore tiratura, o altrimenti questo giornale, semplicemente, fallira'. "Questo era inevitabile. Loro hanno vissuto continuamente nella falsa convinzione della tradizione di ""Oslobodjenje"", sulla sua grande influenza presso le istituzioni internazionali, sul fatto che noi siamo un giornale la cui posizione e' rispettata e stimata. Contemporaneamente pero', la tiratura diminuiva, gli stipendi ritardavano, la concorrenza era spietata. Doveva arrivare, finalmente, una generazione piu' giovane di giornalisti che avrebbe detto che non si vive di sola tradizione, ma piuttosto di stipendi". In queste poche parole di Sejad Luckin, vice del redattore capo di ""Oslobodjenje"" fino a poco tempo fa, si potrebbe riassumere tutto quello che e' successo in questi giorni mesi e anni nel piu' vecchio quotidiano bosniacoerzegovese. Quello che "era inevitabile" e' la vera rivolta dei giornalisti di questo giornale che da giovedi' 17 maggio hanno smesso di scrivere, annunciando che "Oslobodjenje", dopo 58 anni, avrebbe cessato di apparire in ogni edicola e nelle mani dei distributori di giornali. L'ELENCO DEI DEBITI (Loro), Salko Hasanefendic - il direttore, Emir Hrustanovic - vicedirettore e Mirko Sagolj - caporedattore e responsabile, probabilmente non hanno, al primo colpo, compreso le vere dimensioni dello sciopero a "Oslobodjenje", cosi' per altri due giorni hanno pubblicato il giornale senza la partecipazione del 99% dei giornalisti, per poi riconoscere infine che il giornale non puo' essere fatto soltanto dai "crumiri" Fahro Memic e Slobodan Stajic, redattori delle rubriche di politica interna e di politica estera. Cosi' il 20 maggio 2001 Dnevni avaz e' rimasto senza concorrenza (dal momento che Jutarnje Novine non lo e' affatto), e circa 6.500 lettori (tale, si dice, fosse la tiratura media di "Oslobodjenje" dell'ultimo periodo) senza il loro giornale. Allo stesso tempo, "i giornalisti piu' giovani", guidati da Antonio Prlenda, primo uomo dei Sindacati, hanno allargato le loro richieste iniziali circa il pagamento degli stipendi non diminuiti e la pubblicazione dell'elenco dei debiti del dopoguerra, con la richiesta di sostituire Hasanefendic e Sagolj. Gli scioperanti - provocati, come dicono, dall'atteggiamento irresponsabile e prepotente della dirigenza dell'azienda nei confronti dei dipendenti (di cio' fa parte anche il licenziamento dell'impiegato del Desk Mugdim Galijasevic, dopo che si e' rifiutato di continuare a lavorare) e dalle minacce di licenziamento per i giornalisti aderenti allo sciopero - hanno rifiutato qualsiasi trattativa con Hasanefendic, chiedendo al consiglio di sorveglianza di adempiere alle loro richieste. Ma la malasorte ha donato ai giornalisti del giornale che ha ricevuto addirittura 18 diversi premi internazionalmente riconosciuti, un'amministrazione che ha agito in modo tale da portare l'azienda ai livelli piu' bassi dalla sua nascita, ma anche un'amministrazione che non potevano sostituire ne' il sindacato ne' gli scioperanti, ma soltanto ed unicamente i proprietari del giornale. Il secondo problema piu' grosso dei giornalisti e' che nemmeno loro stessi, quando e' iniziato lo sciopero, sapevano chi fossero i reali proprietari di Olsobodjenje, cosi' durante lo sciopero si e' chiarito che si tratta del "partner strategico sloveno". Quando quest'ultimo ha fatto finalmente la sua comparsa nelle figure di Matjaz Gantar e Matiaz Princic, rappresentanti di "Kmecka druzba", proprietari del 39% delle azioni del giornale, anche gli scioperanti hanno riformulato le richieste, chiedendo al consiglio di amministrazione di scegliere un caporedattore temporaneo, che l'assemblea degli azionisti durante la successiva seduta avrebbe scelto il nuovo consiglio amministrativo e che quest'ultimo scegliesse la nuova direzione, il direttore e il nuovo caporedattore. Gli sloveni, da buoni sloveni, hanno subito inteso che l'insistere sui rapporti di proprieta', sui diritti degli scioperanti e altre sciocchezze simili sulle quali si basa l'economia globale, non ha senso nella nebbia della privatizzazione che avvolge la Bosnia ed anche Olsobodjenje e in modo molto pragmatico hanno accettato le richieste degli scioperanti. Ma ce ne e' ancora di piu', perche' nel momento in cui e' scoppiato lo sciopero, la Kmecka drustba non era ancora iscritta ufficialmente nel Registro dei titoli, e gia' nella ricapitalizzazione ha dato quasi due milioni di marchi, che sono stati per la maggior parte anche spesi. Sia come sia, la giornalista Senka Kurtovic si e' seduta temporaneamente sulla poltrona di Mirko Sagolj e "Oslobodjenje" apparira' nelle edicole lo stesso giorno in cui uscira' anche questo numero di Dani. Ai giornalisti e' stato promesso che anche gli stipendi saranno pagati, ma in tutto questo raggiro riguardo la spiegazione giuridica e la soluzione dei rapporti fra i proprietari, l'amministrazione e gli operai, e' stato messo in secondo piano "il piccolo milione" di ragioni per le quali e' scoppiato lo sciopero. Esse risalgono al periodo della guerra, quando "Oslobodjenje" ha perso lo stabile perche' era troppo vicina ai cannoni dell'artiglieria di Mladic e ha subito danni che sono stati valutati in 37 milioni di marchi. L'immagine che allora questo giornale ha avuto in tutto il mondo valeva molto piu' di tale danno, ma al pubblico e' stato reso noto soltanto che la somma della donazione che Olsobodjenje ha ricevuto durante la guerra, secondo l'affermazione dell'allora direttore Hasanefendic - e' di 4,5 milioni di marchi. Dove sono finiti i milioni? In cosa sono stati spesi quei milioni di marchi, i lavoratori di Olsobodjenje non lo hanno mai saputo. Come non gli e' mai stato chiarito quali sono gli effetti finanziari della pubblicazione settimanale del giornale che pubblicava la redazione a Ljubljana, con il prezzo di copertina di 3,8 marchi. Naturalmente nessuno, ne' i giornalisti, ma neanche altri fuori dal giornale, eccetto i membri informati dell'amministrazione, ha mai saputo i risultati della trattativa d'affari con la Benetton italiana in cui era entrata "Oslobodjenje", o piu' precisamente: il suo direttore. L'unica cosa che i giornalisti hanno saputo fare e' stato contare gli stipendi non pagati, cosi' per cinque anni ne hanno contati in totale dodici. Tuttavia nemmeno contare era la cosa piu' forte, quando era gia' iniziata la famosa privatizzazione. Sebbene la privatizzazione fosse finita con il grande titolo sulla prima pagina del giornale "i proprietari di "Oslobodjenje" sono i suoi lavoratori", tra gli scioperanti che cercavano i loro diritti si e' diffusa la storia che possiedono soltanto il 3,5% delle azioni del giornale che hanno, per cosi' dire, comprato!? Per ricordarci, nell'aprile dello scorso anno, che come proprietari di "Oslobodjenje" sono stati veramente nominati 141 dei suoi lavoratori, ma anche Hasanefendic e Temin Dedic, "partner strategico" dalla Germania e presidente attuale del consiglio d'amministrazione. Invece che per la cifra iniziale di 2,8 milioni di marchi hanno comprato "Oslobodjenje" per 4,8 milioni, con l'obbligo di impegnarsi con le rate e di investire entro tre anni 1,295 milioni di marchi per la ricostruzione dello stabile e per far partire le nuove edizioni, ed inoltre l'assunzione di 40 nuovi dipendenti. Affinche' l'ironia sia maggiore, Adnan Mujagic, l'allora direttore dell'Agenzia federale per la privatizzazione, ha raccomandato in modo "visionario" questo modello di privatizzazione anche alle altre ditte perche' con esso "si sono conciliati gli interessi dei dipendenti, del management e dell'investitore strategico". Al fine di, probabilmente, giustificare il 40% della proprieta' del giornale che avevano allora, i lavoratori sono stati costretti a ottenere dei crediti, anche piu' di 5.000 marchi, benche', in modo parallelo, gli stipendi continuassero a ritardare. Che cos'e' la privatizzazione, l'hanno capito solamente quando dalla banca sono iniziati ad arrivare gli avvisi per la restituzione dei crediti. Naturalmente, quelli che in modo ordinario non hanno ricevuto gli stipendi non sapevano dove andare a prendere i soldi, cosi' gli avvisi hanno cessato di arrivare, probabilmente, dopo l'intervento della direzione alla Universal banca, il rappresentate della quale e' seduto nel consiglio di amministrazione del giornale. Oggi quando descrivono il periodo della privatizzazione, i giornalisti di "Oslobodjenje" dicono che tutto era, a quel tempo, segreto professionale. "Anche lo statuto che gli azionisti dovevano approvare mediante l'assemblea, due tre giorni prima dell'assemblea era ancora un segreto professionale. La gente non sapeva affatto che statuto avrebbe approvato. Ma tutto cio' lo abbiamo accettato con la speranza che qualcosa sarebbe cambiato. Alla fine era arrivato tale Temin Dedic, che aveva detto: 'gente, io ho portato cosi' tanti marchi e voglio che da ogni marco ci sia un guadagno'". Anche i giornalisti volevano il guadagno, ma al posto dello stipendio, hanno ricevuto " la nebbia" della privatizzazione che Edina Kamenica, una dei migliori giornalisti di questo giornale descrive "come qualcosa di intoccabile": "Durante la riunione dei dipendenti, organizzata a quei tempi, ho chiesto: dove vado prendere i soldi, con cosa partecipero' alla privatizzazione, e l'allora 'direttore per i soldi' mi ha risposto: 'eee, Edina, non si puo' dalla produzione corrente entrare nella privatizzazione. E dove sono i fondi neri?' Quando volevo chiedere di quali fondi neri stesse parlando, tutti hanno gridato la stessa cosa, la riunione e' stata interrotta e noi non abbiamo mai piu' avuto l'opportunita' di riunirci, e tutto il resto e' stato qualcosa di torbido". Quando e' iniziato il "torbido"? Nessuno dei giornalisti sapeva nemmeno se il vero torbido era finito o era appena iniziato quando nel febbraio di quest'anno la Kmecka druzba e' diventata proprietaria del 39% delle azioni di "Oslobodjenje" e il secondo "partner strategico". Naturalmente, lasciando il pacchetto azionario maggiore agli sloveni, i lavoratori hanno calcolato che due milioni di marchi che hanno ricevuto avrebbero cambiato in modo radicale la loro situazione. Secondo le parole degli scioperanti, l'unico cambiamento e' avvenuto dentro il parco macchine, che si e' arricchito di tre autovetture comprate per i membri della direzione e contemporaneamente e' stato comprato il giornale Zena 21 (Donna 21, N.d.T.) e quindi pagato, come si dice, "lo sfarzoso spettacolo con l'elezione della donna dell'anno". Tuttavia, il direttore Hasanefendic, per Dani, ha detto che i due milioni che ha dato la Kmecka druzba sono stati utilizzati per il "risanamento degli obblighi delle rate". "Ci stiamo ancora oggi chiedendo chi e' questo nostro partner sloveno. Non ho idea di chi sia il proprietario di "Oslobodjenje". La cosa peggiore che c'e' e' che io sento le argomentazioni della direzione, con le quali si dice che questa non e' autogestione e che e' arrivato il tempo della privatizzazione. Cosi', il tempo della privatizzazione diventa il tempo della ladreria e da noi dipendenti ci si aspetta che diventiamo gli schiavi", afferma rassegnata Kamenica. E' venuto fuori che gli operai in questo modo hanno perso l'influenza sulle decisioni strategiche all'interno dell'azienda e poiche' non hanno mai avuto i soldi l'unica cosa che gli rimane e' lottare per essi, richiamando pubblicamente la direzione del giornale. Edina Kamenica ancora tre anni fa era una dei pochi coraggiosi: il modo aperto di criticare il giornale per cui lavora, reso noto a "Dani", ha avuto come risultato che alcuni dei suoi colleghi non la salutassero e non le rivolgessero piu' la parola, e le e' capitato che alcuni le dicessero che esporre le debolezze interne al pubblico e' un tradimento!? Proprio per tale modo di pensare, al pubblico in generale sono rimasti sconosciuti la forza della agitazione e i "mini scioperi" che hanno scosso "Oslobodjenje" negli anni passati. Secondo le affermazioni di Kamenica, il principale comitato di sciopero e il sindacato, gia' da mesi, nel periodo in cui i giornalisti dovevano prendere lo stipendio, facevano il tira e molla con l'amministrazione. "Questo e' il tempo dei traumi e delle lotte". La stessa cosa vale anche per i contributi che non vengono versati, tanto che per i giornalisti non e' possibile nemmeno stare in malattia. Pertanto non sorprende neanche la disperazione della gente che non ha l'assicurazione sulla salute, tutto questo mentre la Direzione, per il loro bene, compra tre nuove automobili lussuose. "Noi abbiamo avuto una situazione simile circa due anni e mezzo fa. Abbiamo visto che il carro andava in discesa, che la tiratura stava diminuendo e che l'unica cosa era che forse si beveva qualche bicchiere di whisky in piu'. Allora abbiamo cercato di operare una svolta, al fine di restituire la vecchia gloria di "Oslobodjenje". Abbiamo scelto Mirko Sagolj come presidente del Sindacato. Invece lui e' stato scelto per il posto di caporedattore e responsabile e ne ha ricevuto alcuni benefici. E' stato un peccato che allora non sia accaduto quello che sta accadendo adesso. Si e' creata una palude dentro la quale non succede niente, tranne la diminuzione della tiratura e per questo sono necessari dei cambiamenti radicali di concezione ", dice il reporter di questo giornale Sefko Hodzic uno di quelli che piu' di tutti "saltava" sulle linee del fronte durante la guerra. COME E' ARRIVATO MIRKO Riguardo alla scelta di Sagolj come caporedattore, un'altra delle situazioni sospette che sono state sottaciute per la "pace in casa", ha parlato anche Sejad Luckin, che nel marzo del 1999, dopo le dimissioni di Mehmed Halilovic, sarebbe dovuto diventare il primo nome di "Oslobodjenje". "Quando l'ex caporedattore Halilovic e il direttore Hasanefendic hanno dato le dimissioni, e' stato fatto un concorso. Nessuno della casa si e' presentato per il posto di caporedattore, e Hasanefedic si e' presentato ed e' stato scelto di nuovo come direttore. Allora dal Sindacato, a capo del quale era Sagolj, e' giunta l'iniziativa di decidere con una votazione l'elezione di colui a cui si sarebbe offerto di diventare caporedattore. La votazione e' iniziata, poi e' stata interrotta, poi si e' discusso per l'intera notte; io allora non ero presente alle riunioni, e quando alla mattina sono arrivato al lavoro qualcuno mi e' venuto in contro e mi ha fatto le congratulazioni dicendo che sono diventato il vice del caporedattore responsabile, e che Mirko Sagolj e' stato eletto come caporedattore. Dopo mi hanno detto di non arrabbiarmi, perche' in tale riunione e' stato detto che ero un po' vicino allo SDA, poi che sono un po' troppo giovane, e quando ho chiesto che cosa c'entro io con cio' mi hanno risposto: 'perche' tu hai preso piu' voti per il posto di caporedattore...' Allora gli ho chiesto, quando avevano gia' scelto chi era il caporedattore, chi mi ha chiesto di essere il vice. Ho detto che non se ne parla neammeno, ma mi hanno detto di non prendermela, che non si fa la differenza, e allora grazie all'opera di convinzione da parte di alcune persone e alcuni amici ho accettato, poiche' Mirko Sagolj mi ha detto che era pronto a fare dei cambiamenti radicali, che in tale situazione significava anche un conflitto con l'amministrazione". "Allora e' iniziato, abbiamo addirittura iniziato ad aumentare la tiratura e abbiamo raggiunto il massimo di 9.500 copie vendute nella BiH [Bosnia-Erzegovina]. E' arrivata la privatizzazione e sono iniziati alcuni giochi che io non capivo, ma ho pensato che probabilmente sarebbe arrivato qualche padrone piu' intelligente, che avrebbe portato i soldi e che ci avrebbe detto che sono finiti i tempi delle mascalzonate e degli imbrogli. Quindi e' passato anche questo, poi sono arrivati gli sloveni e allora ci hanno promesso alcuni nuovi progetti. Tuttavia, da gennaio quando sono arrivati quei soldi, nulla e' cambiato e il giornale ha cominciato a cadere sempre piu' e successivamente ho dato le dimissioni...". Ne' questa come anche le prime dimissioni delle persone di "Oslobodjenje" non hanno risolto ne' risolveranno qualcosa se non si cambiera' in modo radicale il modo di pensare sia della direzione, che ha vissuto sui terreni coltivati e sui principi del comunismo fraterno, che di una parte dei giornalisti e degli operai che fino a qualche giorno fa forse erano veramente convinti che la tradizione, l'immagine, i premi e i meriti di guerra gli avrebbero pagato gli stipendi. Pertanto la fortuna di questo giornale e dei suoi lettori e' che in "Oslobodjenje" lavorano anche persone che la pensano in questo modo: "ci possiamo illudere che sia un giornale splendido, un giornale magnifico, ma come giornale e' uno zero. Quando lo apri alla mattina, qualcosa si ribalta dentro di te, perche' con le persone che ci sono qua potrebbe essere cento volte migliore. Secondo quelli contro i quali siamo adesso, questo giornale potrebbe esistere ancora mille anni e loro si sentirebbero a posto. A noi non serve un tale giornale...poiche' anche il giornale che in questi giorni tace, forse dice di piu' di quello che ha detto in alcuni degli anni passati". (traduzione di Ivana Telebak e Luka Zanoni) __________________________________________________________ "Notizie Est" e' una mailing list di notizie sui Balcani, pubblicata dal sito web "I Balcani" e archiviata su web all'indirizzo: http://www.ecn.org/est/balcani Se desiderate abbonarvi (gratuitamente) o essere rimossi da questa lista e' sufficiente che lo comunichiate a: est at ecn.org
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