Peppe Sini, al quinto giorno di sciopero della fame nell'anniversario dell'inizio della guerra dei Balcani



Dichiarazione del responsabile del "Centro di ricerca per la pace" di
Viterbo, Peppe Sini, al quinto giorno di sciopero della fame ad un anno
dall'inizio della guerra cui anche l'Italia sciaguratamente prese parte

Cari amici ed egregi signori,
un anno fa la guerra, oggi le conseguenze della guerra. Nessuno può più
occultare o falsificare la drammatica realtà.

Quali gli esiti della guerra "umanitaria" della Nato?
Tutta la Serbia è devastata.
Nel Kosovo proseguono gli omicidi e si va compiendo l'ennesima atroce
"pulizia etnica" nell'indifferenza del mondo.
La straordinaria esperienza di resistenza nonviolenta del popolo kosovaro
guidata da Rugova è stata distrutta con la forza delle armi, con la ferocia
dei belligeranti.
Il criminale regime di Milosevic è consolidato dalla vicenda bellica, il
nazionalismo più becero e fanatizzato ne esce potenziato; mentre le
popolazioni della Jugoslavia subiscono le conseguenze delle devastazioni
della guerra e di quella vera e propria infame guerra ulteriore costituita
dalle sanzioni che non scalfiscono il regime ed affamano invece la gente,
tre volte vittima.
Nel cuore dell'Europa si replica l'orrore della guerra del Golfo e del suo
interminato esito sterminista: i regimi autocratici restano intatti; le
popolazioni subiscono la violenza del regime, la violenza della guerra e
dei poteri imperiali stragisti, la violenza delle sanzioni che colpiscono,
umiliano, affamano, uccidono le vittime innocenti.

Nei Balcani ora le mafie sono quasi ovunque effettualmente al potere, ed
all'assalto delle aree che ancora non dominano.
Il diritto internazionale è stato infranto e non sarà facile ricostituirlo.
Ogni autocrazia, ogni dittatore, ogni terrorista, ogni mafioso ora sa che
al mondo non vige altra legge che quella della giungla; mors tua, vita mea.
La Costituzione della Repubblica Italiana è stata fatta a pezzi; ed al
governo, in Parlamento, alla Presidenza della Repubblica, siedono dei
fuorilegge e complici di fuorilegge.
Intere regioni nel cuore d'Europa devastate e contaminate. Bombe letali
sparse in terra e per mare. Inquinati irreversibilmente i cieli, le terre,
le acque. Città ed impianti produttivi distrutti. Tantissimi in miseria. E
tante persone che sono morte, vittime innocenti delle folli cogitazioni dei
potenti.

Ad un anno dall'inizio di questa catastrofe, non ho voluto associarmi alle
iniziative autocelebrative degli assassini "umanitari", né ai dibattiti
garbati in cui gli assassini piangono lacrime di coccodrillo ed i pacifisti
si mostrano comprensivi, né alle parate propagandistiche di coloro che
gongolano di soddisfazione per aver proclamato il loro dissenso (e magari
promosso qualche ininfluente spettacolo e pensato piuttosto ai mass-media
ed alle elezioni che a far cessare l'orrore).
Ed invece occorreva tentare di contrastare concretamente e coerentemente,
operativamente e realmente, la guerra; ed era possibile farlo: ma
occorrevano scelte chiare e chiara coscienza: occorreva l'azione diretta
nonviolenta, sostenuta da una pratica democratica di massa della
disobbedienza civile, e dallo sciopero generale per ripristinare la
legalità costituzionale.
Pochi tentarono di farlo, e tra questi mi è grato ricordare gli amici del
movimento dei "Beati i costruttori di pace".

Un anno dopo l'inizio di questa apocalisse, ho preferito digiunare, per
significare dolore e vergogna: dolore per le vittime di allora e di oggi;
vergogna per non esser riusciti, noi che potevamo senza rischiare granché,
a impedire o almeno fermare la guerra.
Noi che avevamo condizioni favorevoli e strumenti adeguati (la protezione
giuridica accordata dallo stato di diritto ai cittadini in Italia, la
legalità costituzionale e il diritto internazionale dalla nostra parte, e
la possibilità di far uso efficace delle tecniche della nonviolenza), noi
non siamo riusciti a impedire o almeno fermare la guerra. Ed oggi ci resta
solo l'indignazione e il rammarico, il dolore e la vergogna. Ma insieme la
coscienza che occorre continuare a impegnarsi: per lenire le sofferenze dei
superstiti, per costruire la pace, per ripristinare il diritto e la
civiltà, per preparare ogni persona di volontà buona alla resitenza
nonviolenta: altri roghi si accendono ad ogni momento, ed occorre essere
vigili, pronti, solleciti.
Ha scritto una volta Primo Levi che il male si compie con grande facilità
("Il dolore è la sola forza che si crei dal nulla, senza spesa e senza
fatica. Basta non vedere, non ascoltare, non fare"); il bene invece
richiede impegno. Si possa noi essere oggi e domani più pronti e persuasi e
adeguati all'impegno di quanto non fummo ieri.
Cordialmente,

Peppe Sini, responsabile del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo
tel. e fax 0761/353532

Viterbo, 27 marzo 2000

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Sandro e Roberta Ercoli
Via C.P. La Fontaine 69
01100 Viterbo
tel. 0761 290037