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Peppe Sini, al quinto giorno di sciopero della fame nell'anniversario dell'inizio della guerra dei Balcani
- Subject: Peppe Sini, al quinto giorno di sciopero della fame nell'anniversario dell'inizio della guerra dei Balcani
- From: aercoli at mail.pelagus.it (sandro ercoli)
- Date: Thu, 30 Mar 2000 00:58:25 +0200
Dichiarazione del responsabile del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo, Peppe Sini, al quinto giorno di sciopero della fame ad un anno dall'inizio della guerra cui anche l'Italia sciaguratamente prese parte Cari amici ed egregi signori, un anno fa la guerra, oggi le conseguenze della guerra. Nessuno può più occultare o falsificare la drammatica realtà. Quali gli esiti della guerra "umanitaria" della Nato? Tutta la Serbia è devastata. Nel Kosovo proseguono gli omicidi e si va compiendo l'ennesima atroce "pulizia etnica" nell'indifferenza del mondo. La straordinaria esperienza di resistenza nonviolenta del popolo kosovaro guidata da Rugova è stata distrutta con la forza delle armi, con la ferocia dei belligeranti. Il criminale regime di Milosevic è consolidato dalla vicenda bellica, il nazionalismo più becero e fanatizzato ne esce potenziato; mentre le popolazioni della Jugoslavia subiscono le conseguenze delle devastazioni della guerra e di quella vera e propria infame guerra ulteriore costituita dalle sanzioni che non scalfiscono il regime ed affamano invece la gente, tre volte vittima. Nel cuore dell'Europa si replica l'orrore della guerra del Golfo e del suo interminato esito sterminista: i regimi autocratici restano intatti; le popolazioni subiscono la violenza del regime, la violenza della guerra e dei poteri imperiali stragisti, la violenza delle sanzioni che colpiscono, umiliano, affamano, uccidono le vittime innocenti. Nei Balcani ora le mafie sono quasi ovunque effettualmente al potere, ed all'assalto delle aree che ancora non dominano. Il diritto internazionale è stato infranto e non sarà facile ricostituirlo. Ogni autocrazia, ogni dittatore, ogni terrorista, ogni mafioso ora sa che al mondo non vige altra legge che quella della giungla; mors tua, vita mea. La Costituzione della Repubblica Italiana è stata fatta a pezzi; ed al governo, in Parlamento, alla Presidenza della Repubblica, siedono dei fuorilegge e complici di fuorilegge. Intere regioni nel cuore d'Europa devastate e contaminate. Bombe letali sparse in terra e per mare. Inquinati irreversibilmente i cieli, le terre, le acque. Città ed impianti produttivi distrutti. Tantissimi in miseria. E tante persone che sono morte, vittime innocenti delle folli cogitazioni dei potenti. Ad un anno dall'inizio di questa catastrofe, non ho voluto associarmi alle iniziative autocelebrative degli assassini "umanitari", né ai dibattiti garbati in cui gli assassini piangono lacrime di coccodrillo ed i pacifisti si mostrano comprensivi, né alle parate propagandistiche di coloro che gongolano di soddisfazione per aver proclamato il loro dissenso (e magari promosso qualche ininfluente spettacolo e pensato piuttosto ai mass-media ed alle elezioni che a far cessare l'orrore). Ed invece occorreva tentare di contrastare concretamente e coerentemente, operativamente e realmente, la guerra; ed era possibile farlo: ma occorrevano scelte chiare e chiara coscienza: occorreva l'azione diretta nonviolenta, sostenuta da una pratica democratica di massa della disobbedienza civile, e dallo sciopero generale per ripristinare la legalità costituzionale. Pochi tentarono di farlo, e tra questi mi è grato ricordare gli amici del movimento dei "Beati i costruttori di pace". Un anno dopo l'inizio di questa apocalisse, ho preferito digiunare, per significare dolore e vergogna: dolore per le vittime di allora e di oggi; vergogna per non esser riusciti, noi che potevamo senza rischiare granché, a impedire o almeno fermare la guerra. Noi che avevamo condizioni favorevoli e strumenti adeguati (la protezione giuridica accordata dallo stato di diritto ai cittadini in Italia, la legalità costituzionale e il diritto internazionale dalla nostra parte, e la possibilità di far uso efficace delle tecniche della nonviolenza), noi non siamo riusciti a impedire o almeno fermare la guerra. Ed oggi ci resta solo l'indignazione e il rammarico, il dolore e la vergogna. Ma insieme la coscienza che occorre continuare a impegnarsi: per lenire le sofferenze dei superstiti, per costruire la pace, per ripristinare il diritto e la civiltà, per preparare ogni persona di volontà buona alla resitenza nonviolenta: altri roghi si accendono ad ogni momento, ed occorre essere vigili, pronti, solleciti. Ha scritto una volta Primo Levi che il male si compie con grande facilità ("Il dolore è la sola forza che si crei dal nulla, senza spesa e senza fatica. Basta non vedere, non ascoltare, non fare"); il bene invece richiede impegno. Si possa noi essere oggi e domani più pronti e persuasi e adeguati all'impegno di quanto non fummo ieri. Cordialmente, Peppe Sini, responsabile del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo tel. e fax 0761/353532 Viterbo, 27 marzo 2000 -- Sandro e Roberta Ercoli Via C.P. La Fontaine 69 01100 Viterbo tel. 0761 290037
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